A. E. D. no alla iniezione anticoncezionale mensile

 

L’A.E.D., Associazione Educazione Demografica, denuncia che ancora una volta nel settore degli anticoncezionali il criterio della speculazione economica calpesta la dignità e l’integrità fisica della donna. Titoli di chiaro sapore trionfalistico a favore dell’Unimens sono recentemente comparsi su rotocalchi, settimanali, quotidiani. In realtà con la somministrazione unica mensile si iniettano 150 mg. di progestinico ad azione deposito e 10 mg. di estrogeno, pure ad azione deposito. Nel corso dei 21 giorni, con la pillola di più largo impiego, si assumono, complessivamente, 5,25 mg. di progestinico e 1,05 mg. di estrogeno. Questo divario quantitativo già così evidente, tende col tempo ad accentuarsi in quanto, come è ben noto, mentre i prodotti orali vengono eliminati nelle 24 ore, i prodotti delle iniezioni a deposito non si esauriscono completamente nell’arco dei 28 giorni che intercorrono fra una iniezione e la successiva. Ne consegue che, ad ogni somministrazione mensile, va aggiunto il quantitativo di sostanze residuate in circolo dall’intervento precedente; quantitativo, questo, che varia da soggetto a soggetto per caratteristiche individuali e che porta, specialmente dopo alcuni mesi, ad un accumulo di ormoni attivi veramente altissimo. Prescindendo dalla opportunità di prediligere un metodo che ottiene gli stessi risultati con una quantità notevolmente minore di farmaco e, perciò, con minore incidenza di effetti secondari, a sfavore della somministrazione di prodotti deposito sta soprattutto il fatto che, alla sospensione di questo trattamento, si instaura un blocco della ovulazione, variabile dai 4 ai 14 mesi, e la frequente comparsa di amenorrea prolungata per più mesi (mancanza del flusso mestruale) per turbe dirette sulla funzionalità della mucosa uterina e sui regolatori ipotalamo-ipofisari della steroidogenesi ormonale. Questa ultima evenienza rende particolarmente sconsigliabile questa metodica nelle giovani. Un altro importante elemento che induce a diffidare, quale contraccettivo d’elezione, dell’iniezione mensile di prodotti deposito, è la notevole quantità di estrogeni che viene somministrata ogni volta.

L’OMS (Organizzazione Mondiale della Sanità) e la Drdg and Food Administration (Organismo americano di controllo dei farmaci) hanno vivamente raccomandato che, nella contraccezione prolungata, non venga mai superata la soglia giornaliera di 0,05 mg. di estrogeno per la possibile azione stimolante di forme tumorali dell’apparato genitale o della mammelle con dosi maggiori. Orbene, ogni mese con l’iniezione vengono introdotti ben 10 mg. di estrogeno in una sola dose la quale viene eliminata lentamente e incompletamente durante i successivi 28 giorni. Le sopra esposte considerazioni devono giustamente mettere in allarme chi, sconsideratamente, ricorre alla fiala mensile per il blocco della ovulazione e mettere in guardia da certa propaganda fatta con evidenti scopi lucrativi. Occorre infatti segnalare che anche la cosiddetta «comodità di somministrazione» ha, come contropartita durante il trattamento, le frequenti irregolarità mestruali, le perdite ematiche dell’intermestruo, cefalee, nausea e aumento ponderale in percentuale significativamente superiore ai casi nei quali la terapia estroprogestinica di blocco della ovulazione è praticata con la pillola quotidiana.

Invocare come generica motivazione a questa alternativa anticoncezionale la presunta «smemoratezza» di talune

donne equivale, prima di tutto, a incentivare l’atteggiamento maschilista ideologico che fa di ogni donna una sciocca e provvede dispoticamente a risolvere la sbadataggine congenita con un provvedimento che è allo stesso tempo offensivo e dannoso. Le indagini di mercato o i sondaggi esperiti che avrebbero documentato come proprio le donne preferiscano una iniezione al mese anziché 21 pillole giornaliere avevano evidentemente taciuto alle intervistate gli aspetti negativi dell’iniezione.

C’è di più: i giornalisti che vanno riportando frasette virgolettate dei baroni si guardano bene dal riportare le stesse dichiarazioni espresse dalla Casa Farmaceutica «Orma» produttrice dell’Unimens nei propri depliants. In uno di essi si legge: «I Paesi in cui Unimens viene usato da circa 2 anni sono: il Kenia, lo Zaire, la Zambia, l’India, il Vietnam, la Corea del Sud ecc.». Oggi anche l’Italia. In calce al depliant compare invece l’elenco dei Paesi in cui l’Unimens viene solo «preparato»: e qui figurano i Paesi, cosiddetti avanzati, che difendono chiaramente i diritti civili dei propri cittadini, anche se a spese dei diritti civili e dell’integrità fisica dei cittadini dei Paesi «sottosviluppati». E’ così che Inghilterra, Israele, Germania Occidentale e Svizzera si limitano a «preparare» quel prodotto che l’Italia, insieme al Kenia, allo Zaire e alla Zambia è tenuta a consumare. Intanto che questo processo di sperimentazione sulle cavie del sottosviluppo viene attuato su scala mondiale, i Paesi cosiddetti avanzati rimangono in dignitosa attesa dei «risultati»… Perché tutto ciò avviene in Italia? Perché a lato della classe dirigente reazionaria di ieri che vedeva e vede la donna in funzione della procreazione, sta sorgendo e sviluppandosi un’altra classe dirigente altrettanto reazionaria, preoccupata solo del contenimento delle nascite. Questo nuovo indirizzo, abilmente camuffato nel messaggio per la liberazione e emancipazione della donna attraverso gli anticoncezionali e la educazione sessuale, in effetti è ispirato ideologicamente ad una politica demografica che segue i criteri del «population planning» (pianificazione della popolazione) che è espressione degli interessi USA in campo demografico. L’A.E.D. rinnova il suo impegno a favore dell’«individuai planning» (scelta individuale) in relazione all’autonomia della donna, e al rispetto dell’individuo.