fermate questo frenetico mondo maschile, voglio scendere

«Il capitalismo è figlio del patriarcato e di madre sconosciuta»

giugno 1976

qualche mese fa ho fatto un sogno o meglio un incubo così forte, così netto da lasciarmi al risveglio la sensazione di aver in bocca il sapore del disagio e dell’angoscia. Stavo ad una manifestazione enorme; sindacalisti e uomini politici di sinistra intervenivano sul palco con discorsi assolutamente femministi. Molti autocriticavano il loro maschilismo, raccontavano la loro vita coi figli, con le mogli e le madri. Io stavo con le compagne dei diversi collettivi ed eravamo tutte commosse, con le lacrime agli occhi, ci abbracciavamo. Era il trionfo del femminismo. Applaudivamo, lanciavamo fiori rosa, saltavamo dalla gioia, quando dal palco hanno cominciato a chiamarci provocatrici, puttane, fasciste, isteriche, e invitavano i partecipanti alla manifestazione ad allontanarci dalla piazza. Noi eravamo talmente sorprese, confuse, umiliate che non eravamo neppure capaci di reagire. Il sapore di questo sogno l’ho riprovato altre volte in questi ultimi mesi e praticamente è diventato costante ora sotto elezioni. Che vogliono le femministe? Chi sono? Come si vestono? Sei femminista? Piace Sandokan alle femministe? Ci sono uomini che dichiarano di non poter avere un rapporto serio con una donna se non femminista. Ci sono le femministe, arroganti, belle, intelligenti, spregiudicate e una sottospecie, le donne. A volte ho anche avuto la sensazione di essere un nuovo simbolo erotico e che si fossero sviluppate nuove deviazioni sessuali; guardoni e feticisti che si eccitano solo davanti ad una femminista, a un fiore rosa, ad un girotondo.

La stampa, i partiti, i compagni, i registi, gli attori, i sindacalisti sono «ingarellati» in una competizione frenetica. «Il mio partito, messo in crisi dal femminismo, è risorto su nuove basi femministe». «Il mio film nasce dalla crisi profonda che mi ha sconvolto quando ho realizzato di possedere il pene». «La parola donna alle donne, lasciamole esprimere, parlare perché abbiamo sempre parlato noi e quindi nella misura in cui le elezioni sono sempre passate sulla testa, sulla pelle, sull’utero delle donne, la parola d’ordine ” decido io ” sviluppatasi all’interno del movimento autonomo delle masse femminili diventate ora soggetto politico, significa che queste elezioni sono loro! Lo sviluppo del movimento di massa lo impone e ciò ai sinceri rivoluzionari é chiaro. E’ chiaro che nei modi e nei tempi deve svilupparsi il salto di qualità che è necessario in quanto tale. Le posizioni opportuniste da battere, nella misura in cui lo smascheramento dei revisionisti è impellente e la lotta di classe rivendica la possibilità parallela e opposta di sviluppare in termini di lotta anticapitalistica e antiperialistica l’aggregazione delle masse popolari, democratiche, antifasciste che va letta in modo rivoluzionario. Solo ciò può rappresentare un progetto politico di massa che comprende le spinte di base autonome emergenti in questi ultimi anni. Le donne in quanto tali cazzo lo esigono!!!».

«Interventi» di questo genere hanno il potere di scatenare polemiche tra le più struggenti e dilanianti degli ultimi anni. Ricevo telefonate concitate di giornalisti che chiedono se il CRAC ha preso posizione sulle accuse di omosessualità rivolte al Papa, sociologi che chiedono di procurare la documentazione dettagliata sugli slogan femministi per la pubblicazione del libro «Evoluzione e sviluppo delle espressioni femministe attraverso gli slogan». A proposito della fantasia, della originalità delle femministe vengono suggeriti slogan unitari ed internazionali del tipo «Donne di tutto il mondo unitevi».

Bianca mi ha detto di aver sempre fatto il pugno chiuso alle nostre manifestazioni, ma che a quella del 3 aprile aveva sempre e solo unito le mani nel simbolo femminista. Anche per me è stato così e quello strano sapore in bocca che mi ricorda il sogno l’ho avuto per diversi giorni successivi alla manifestazione. Tutti parlano di noi, a proposito di noi, per noi. Una compagna di un’organizzazione mi ha detto che lei non rinuncia alla doppia militanza perché pensa sia importante avere una visione complessiva della politica e non solo settoriale, quindi noi donne siamo un settore, «un settore d’intervento, intervento fra le donne al consultorio di quartiere».

Essere tante, unite, combattive, essere un «movimento di massa» era quello che ho sempre voluto; far capire alla sinistra le nostre esigenze, mettere in crisi i partiti e le organizzazioni che non ci avevano mai considerate pure, ma… adesso che tutto questo è avvenuto vorrei sposarmi. Vorrei sposarmi una moglie che mi curi, che mi faccia trovare tutto pronto a casa, che sia l’oasi della mia vita Irenetica, che si occupi dei bambini, così da permettermi di avere il tempo per dedicarmi completamente alla battaglia politica per la liberazione della donna. In questo periodo elettorale poi avrei anche bisogno di una segretaria che fissi appuntamenti, tavole rotonde, denunce, dibattiti, conferenze stampa del movimento femminista.

Per chi votano le femministe? Votano le donne? E tutti i partiti si danno un gran da fare a cercare donne da presentare nelle loro liste. Più ce ne metti e meglio è, l’uguaglianza fra i sessi è giusta creiamo tante segretarie di cellula, tante responsabili, tante dirigenti. Chi sono le leader del movimento femminista a cui proporre la candidatura? Non ce ne sono??? Figuriamoci! C’è sempre un leader, una avanguardia, non nascondetecelo! Anche noi ai nostri tempi volevamo abbattere la figura del capo, della mente, ma poi maturando abbiamo capito che i leader esistono, nascono così baciati dalla grazia di Dio.

Fuori i nomi!

Un compagno un tantino ottuso e un po’ troppo sincero, al quale avevo tentato di spiegare che noi non vogliamo entrare nel mondo degli uomini, ma che anzi lo rifiutiamo, non vogliamo far politica come la fanno loro e che quindi ha un valore assai marginale la presenza di donne nelle liste elettorali, mi ha risposto dopo un attimo di silenzio, carico, pesante di meditazione «… comunque son voti!».

Voterò infatti anch’io, a sinistra s’intende, ma ancora una volta mi sento dominata, sopraffatta da altre esigenze importanti ed; urgenti e costretta a mettere in secondo piano la mia lotta di donna.

Le donne, all’interno di qualunque classe sociale, appartengono ad un ghetto, emarginate, dominate dagli uomini e dalla società maschile. (Ma come, oltre alla masturbazione, al lesbismo, al self-help adesso ti metti pure a combattere per la liberazione di Marella Agnelli? è stata la brillante e disarmante risposta). Il capitalismo è figlio del patriarcato e di madre sconosciuta. La nostra sarà la rivoluzione nella rivoluzione e siamo «soggetti politici» perché disubbidienti, scontrose, chiacchierone, sovversive.