san lorenzo, come funziona un consultorio delle donne

giugno 1976

per arrivarci percorriamo strade fiancheggiate da case popolari che portano ancora i segni dei bombardamenti, siamo nel quartiere S. Lorenzo. Attraversiamo giardinetti polverosi, passiamo accanto a due scuole e arriviamo al n. 100 di via dei Sabelli. Il consultorio è al pianterreno, la porta è accostata, entriamo in una stanza molto semplice dove c’è una riunione in corso. Conosciamo già Anna e Cecilia che lavorano al consultorio e che sono di «turno» quel giorno. Stanno discutendo il caso di Loredana che vorrebbe abortire: pensa di essere alle prime settimane di gravidanza, però proprio in questo periodo ha effettuato una serie di esami radiografici per dei disturbi renali e teme di avere così danneggiato l’embrione. Loredana è una delle tante donne che arrivano al consultorio angosciate, piene di dubbi, e incertezze anche in cerca di comprensione umana.

Le chiediamo come è arrivata al consultorio: «Mi ci hanno mandata le colleghe di lavoro, io non sapevo che c’era. Sono venuta prima di mattina e ho trovato chiuso, sul portone ho incontrato una signora del palazzo che appena mi ha vista mi ha chiesto se ero in qualche «guaio» (certo che devo avere un’aria ben disperata se mi si legge in faccia), poi mi ha detto di non preoccuparmi e mi ha spiegato come eravate organizzate per aiutare in certi problemi e di tornare nel pomeriggio. E’ stata molto gentile»,

A questo punto Loredana comincia a parlare della sua situazione personale: «per me avere un altro figlio sarebbe davvero una disgrazia, ho già una bambina di tre anni, e viviamo in una stanza con bagno e cucina. Poi con mio marito è tutto- così difficile; mi controlla ogni uscita, tutto quello che faccio. Però dei miei problemi, di casa o di lavoro, non se ne occupa e anche quando gli ho detto che forse ero incinta e che avevo fatto le lastre mi ha solo risposto: ‘ mangia, e non ci pensare ‘, né ha mai voluto riparlarne in seguito».

Loredana ha capito “di essere completamente sola di fronte a questo problema, ma durante questo racconto sono intervenute le altre compagne presenti riferendo esperienze molto simili alla sua, in cui l’uomo ha dimostrato o disinteresse o rifiuto di affrontare la situazione; perciò era molto importante aiutarsi fra donne decidendo in autonomia. Dopo questo primo confronto Loredana è apparsa molto più sollevata, si è sentita capita in quanto donna da altre donne solidali con lei, perchè finalmente ascoltava ed era ascoltata. Tornerà venerdì al gruppo coordinamento.

come vorremmo la visita

A questo punto abbiamo chiesto ad Anna com’era nato il consultorio e come funzionava: «Due anni fa iniziammo un lavoro di porta a porta, cercando di contattare le donne sui temi della contraccezione e dell’aborto stabilendo alcuni validi contatti con donne del quartiere che poi ci hanno aiutato a trovare una sede. Questo è un seminterrato rimesso a posto in un primo tempo dalle compagne, il contratto è intestato ad una di noi e l’affitto è pagato da tutte con l’autotas-sazione. Quando abbiamo deciso di farne un consultorio vero e proprio, le spese per attrezzarlo sono molto aumentate, e ci siamo autofinanziate con una vendita di vestiti usati che si è rivelata un’ottima idea tanto che alla fine di maggio la ripeteremo. L’istituzione del consultorio ha richiesto un grosso lavoro di organizzazione: certificato di abitabilità da parte dell’ufficio Igiene, l’autorizzazione firmata da tutti i condomini all’apertura di un ambulatorio, contatto con i medici disponibili, e infine organizzarci tra noi per i turni di presenza nel consultorio.

Per ora siamo un consultorio autogestito e autofinanziato. Autogestito significa gestione collettiva, non gestione sociale che è quella degli asili nido o dei consigli di fabbrica ecc.; significa invece gestione assembleare e controllo sul personale tecnico che però farà parte di questa gestione. Autogestione per noi è anche conoscenza del proprio corpo: anche attraverso una visita gestita in maniera differente.

Per ora vi posso raccontare come vorremmo la visita. La donna arriva alla visita già preparata da un dialogo sugli anticoncezionali, sui rapporti con il proprio corpo, sulla maternità e infine sugli aspetti tecnici della visita ginecologica. Durante la visita la donna non è mai sola col medico, c’è sempre una di noi, preferibilmente quella con la quale ha avuto il contatto precedente. La visita si divide in tre momenti: osservazione dei genitali esterni che la donna segue, se vuole, mediante uno specchio mentre vengono illuminati con una lampadina; introduzione dello speculum, preferibilmente di plastica che permette di vedere in trasparenza le pareti vaginali e in fondo il collo dell’utero. Anche questa fase con lo speculum viene seguita dalla donna con lo specchio, mentre le si spiega in che consistono le eventuali affezioni (es. vaginite, erosione cervicale ecc.).

La seconda parte riguarda l’ispezione dell’utero e delle ovaie con la palpazione che consiste nell’introdurre due dita in vagina per sentire forma, posizione e consistenza dell’utero e delle ovaie. La donna dall’esterno può sentire l’utero palpando nel momento in cui il ginecologo tiene le sue dita in vagina e spinge l’utero in avanti. L’ultima parte consiste nella visita al seno, e nell’insegnare alla donna a controllarselo da sola per la ricerca di eventuali noduli, mastopatie fibrocistiche ecc..

Questo è quanto dovrebbe avvenire in teoria perchè le più grosse difficoltà ci vengono proprio dai ginecologi (e anche ginecologhe) che hanno dei blocchi notevoli. Non tanto per la gestione della visita, quanto per la loro grossa incapacità di comunicazione, cioè di avere un rapporto sereno con la donna visitata.

Per loro questo lavoro consiste nell’esame di una sequenza di vagine che si susseguono durante la loro frenetica giornata: dalla mutua all’ospedale, dalla clinica di lusso allo studio privato, e solo vagine rimangono e le trattano come tanti tubi che, alienati come sono, non vedono più collegati ad una persona con tutte le problematiche della vita sessuale ed anche di gestione della propria salute. Le domande e i problemi che gli vengono posti sono per loro lamentele tutte uguali che sentono tutti i giorni e che secondo loro, solamente la pigrizia o la cattiva volontà delle donne non riescono a far superare. Emergono anche delle punte di moralismo di fronte a ragazze giovani che chiedono la contraccezione.

Dato che al consultorio non vogliamo ridurli a livello di strumenti tecnici, cerchiamo dopo le visite di instaurare un dialogo con loro. Infatti noi li consideriamo persone e cerchiamo di capire i problemi che hanno dietro e i loro condizionamenti, dal momento che il discorso teorico sul nuovo rapporto medico-paziente lo capiscono, ma hanno dei blocchi emotivi per metterlo in pratica. A maggior ragione se sono ginecologhe.

Chiedo a Cecilia come continua il rapporto con la donna dopo la visita: «Spesso è la donna a fare i suoi commenti sulla visita, sui dubbi rimasti, sulle sensazioni avute, sulle cose da modificare, superando il blocco della visita ginecologica. Per avere però una risposta di tipo diverso non basta una visita medica, ma è necessario una continuità di rapporti e di colloqui in cui si procede nella scoperta e nella riappropriazione del nostro corpo».

Questo però potrà avvenire soltanto quando, con la mobilitazione di tutte, il consultorio diventerà una vera realtà di quartiere cioè un consultorio comunale gestito dalla base. A questo proposito i contatti con le forze presenti nel quartiere, primo fra tutti il P.C.I., sono difficoltose, perchè una organizzazione politica si rapporta a te solo nel momento in cui sei una forza e allora ha interesse a stabilire un dialogo in quanto rappresenti le istanze di una base. I nostri sforzi pertanto sono indirizzati al contatto e alla mobilitazione delle donne di S. Lorenzo attraverso strumenti vecchi e da inventare.

le riunioni

L’attività del consultorio si svolge nell’arco della settimana con due riunioni serali del gruppo delle militanti di cui una per la contraccezione, sia come controinformazione che come autocoscienza cioè: analisi dei problemi che l’uso della contraccezione ci ha posto e come li abbiamo affrontati, inoltre l’aggiornamento sui nuovi preparati in commercio e in sperimentazione. Il momento dell’autocoscienza lo giudichiamo fondamentale per conoscerci meglio in quanto proveniamo da situazioni eterogenee e per avere perciò un rapporto migliore con le altre donne che vengono al consultorio.

Il venerdì pomeriggio è interamente dedicato all’incontro con le donne per l’organizzazione dei viaggi a Londra o i contatti con i nuclei del CRAC che praticano l’aborto per aspirazione. Negli altri pomeriggi il consultorio è aperto per gli incontri con le donne e le visite ginecologiche.