un modo nuovo di fare lo sport

aprile 1975

 

Lo sport, così come è oggi — con strutture fortemente gerarchiche e competitive — è un riflesso dei valori della società capitalista, un piccolo recinto chiuso, vivaio di pochi eletti, dove vige la legge darwiniana della vittoria del più forte. In una società come la vorremmo noi, anche lo sport dovrebbe essere un modo di esprimere se stessa (e se stesso) accessibile a tutti, un momento d’incontro e partecipazione popolare. Quest’esigenza di fare sport in modo nuovo sta facendosi sentire anche in Italia: ne è una prova la presenza di associazioni come l’UlSP (Unione Italiana Sport Popolare), legata ali’ARCI., che propone appunto uno sport non competitivo, a cui tutti partecipino, collegato alle lotte per il verde, per gli spazi liberi, visto come «medicina necessaria alla democrazia». Invece delle gare per i campioni con il record nei piedi, invece di allevare futuri isterici «re del nuoto» o «re del tennis», l’UlSP organizza i «corri per il verde» nelle zone di Roma più devastate dalla speculazione, per attirare l’attenzione sull’esigenza di un concreto recupero della città e per lottare nello stesso tempo contro le speculazioni che la società capitalista imbastisce sul desiderio di fare sport (i club privati, esclusivi e costosissimi, le piscine deluxe etc). Qui si corre tutti insieme, si nuota insieme, si gioca a calcio insieme superando l’ansia di competere, vivendo la gioia di «giocare» liberamente con gli altri. Il fatto che dai 65.000 tesserati del 68 si sia passati ai 270.000 di oggi (ci sono centri UISP in tutta Italia) indica che questo modo di fare sport corrisponde a esigenze effettive di strati sociali che sono esclusi dalla pratica sportiva «di lusso». Altro particolare importante: nei centri di formazione fisico-sportiva le bambine al di sotto dei 14 anni stanno diventando la maggioranza. Lo sport come roccaforte maschile non esiste più quando lo sport stesso diventa come dovrebbe essere un servizio sociale, un’attività del quotidiano.