Una analisi sulla applicazione della legge

novembre 1980

Povera Legge 194/78, …dopo due anni e mezzo che bene o male aveva cominciato a funzionare, speravamo che fosse venuto il momento di potenziarla, di migliorarne l’applicazione dal punto dì vista quantitativo, certo, ma soprattutto dal punto di vista qualitativo, e invece rischiamo di dover concentrare tutti gli sforzi per impedire che ce la tolgano.

Quanti ostacoli ha incontrato nel suo iter e quanti ancora in vista. Vediamo ì più imminenti: verdetto della Corte Costituzionale sulle diciassette o più eccezioni di incostituzionalità piovute dai più svariati tribunali d’Italia; non si sa quando uscirà la sentenza e come sarà, ma se dovessero essere accolte, della Legga resterebbe ben poco. Tre referendum… che confusione! Due della destra cattolica, praticamente la farebbero saltare completamente o quasi; quello radicale tende ad una liberalizzazione completa, ma non tiene conto della realtà sanitaria italiana e ci ricondurrebbe ad un « libero mercato » dell’aborto, che seppur legale non perderebbe un’oncia del suo aspetto speculativo… anche se la concorrenza, si dice, fa calare i prezzi!
Nel frattempo diamo un’occhiata ai dati ed all’analisi sommaria che ne è stata fatta.
In Italia nel 1979 sono stati compiuti 187.600 aborti legali: in pratica 13,7 donne in età fertile (cioè fra i 15 e i 49 anni di età) su mille hanno ricorso all’interruzione della maternità. Ecco la situazione regione per regione, fra parentesi il numero delle donne in età fertile che hanno abortito ogni mille: Piemonte 20.000 (18,6); Valle d’Aosta 500 (16,6); Lombardia 31.200 (14,1); Trentino Alto Adige 1.739 (8); Veneto 11.000 (10,3); Friuli 3.900 (14), Liguria 8.440 (20,1); Emilia 20.900 (22,5); Toscana 14.700 (17,7); Umbria 3.400 (18,0); Marche 4.300 (13); Lazio 18.900 (14,9); Abruzzo 4.400 (15,4); Molise 600 (7,8); Campania 10.300 (7,8); Puglie 15.700 (16,5); Basilicata 1.200 (8,5); Calabria 2.900 (5,8); Sicilia 10.100 (8,5);” Sardegna 5.300 (8,3).

 

Aborti per età

Le donne che hanno abortito nella struttura pubblica sono state divise in tre classi fino ai 18 anni, dai 19 anni ai 35, oltre 35 anni. Ecco le tre cifre rap-portate a 100 delle singole regioni. Si nota che il numero più alto riguarda il f gruppo delle dorme comprese tra i 19- e i 35 anni. Piemonte: 2,5-19,5-18; Valle d’ Aosta 4,5-76,4-19,1; Lombardia: 3,8-75- I 2,2; Trentino: non si conoscono i dati; Veneto: 3,4-75,5-21; Friuli: 5,5-73,8-20,7;

Liguria 5,7-66.8-26,5;  Emilia:  4,2-75,2-23;  Toscana  4,8-72,2-23;  Umbria  1,5-74,2-24,3; Marche: non si conoscono i dati ufficiali, quelli ufficiosi sono:  1,5-75-22; Lazio: 2,7-73,1-24; Abruzzo: 1,2-5,2-23,6; Molise: 2-71,2-26,2; Campania: 0,6-71,4-28;  Puglia:  2,6-73-24,5;  Basilicata: 2-64-43; Calabria: non si conosco-no i dati; Sicilia: 2-75,6-22,4; Sardegna:1,6-72,7-25,4.

 

Luogo dell’aborto

Gli ultimi dati rimangono a metà dell’ altro anno. Si ricava che nel Nord il I 94,7 per cento delle donne è ricorso all’ ospedale, il resto alla clinica convenzionata con una degenza media di 2,7 giorni. Non si conoscono i dati in dettaglio j dell’Italia Centrale; quelli dell’Italia Meridionale dicono che 85 donne su 100 | sono andate in ospedale, 15 in clinica con una degenza media di tre giorni.

 

Anestesia

Nel Nord 94,3 donne su 100 sono state sottoposte ad anestesia generale, 5,1 locale, 0,6 senza anestesia. Nel Centro-Italia 96,5 delle donne sono state sottoposte ad anestesia generale, 12,8 alla locale, 0,7 senza anestesia. Nel Sud risulta che tutte le donne sono state sottoposte ad anestesia generale.

 

Confronto

A mano a mano che passano ì mesi si vede che la legge trova migliore applicazione. Meno però per quanto riguarda le minorenni. Eppure un confronto con Paesi stranieri mette in risalto che ad un aumento degli aborti sotto i 19 anni col passare della successiva applicazione della legge non ha poi fatto riscontro un proporzionale aumento del numero degli aborti complessivi. In Cecoslovacchia, l’entrata in vigore della legge nel 1973 l’8,9 per cento degli abortì erano di minorenni; nel ’76 il numero delle minorenni quintuplicò; però il totale degli aborti risultò addirittura diminuito. La stessa situazione in Danimarca, in Inghilterra, in Svezia.

 

A chi si rivolgono

Le donne dell’Italia Settentrionale chiedono consiglio nel 37,2 per cento al consultorio, nel 17,5 alla struttura sociosanitaria, cioè all’ospedale, nel 45,3 al medico di fiducia; nel Centro: le cifre sono nell’ordine 24,6-25,7-49,7. Nell’Italia Meridionale 4,6-5,2-90,2. Nell’Italia Insulare solo una donna va al consultorio (peraltro i consultori qui non ci sono, altra grande piaga italiana), una donna va all’ospedale e il resto, cioè il 98 per cento chiede consiglio al medico di fiducia.

 

Clandestini

Sono sconosciute, ovviamente, le cifre degli aborti clandestini. Si ritiene, però, che siano in diminuzione. Un dato: in Emilia Romagna gli aborti spontanei che prima della legge erano 20 mila l’anno, ora sono ridotti a tremila, una cifra che si commenta da sola.

Che conclusioni se ne possono trarre? Innanzitutto bisogna dire che le donne che in questi due anni e mezzo hanno usufruito della struttura pubblica hanno dato una prova di grande civiltà e coraggio smentendo, clamorosamente quanti ancora vogliono relegare l’aborto nella clandestinità e nella segretezza della colpa. Accanto a queste donne si sono schierati gli operatori sanitari non obiettori (pochi in verità), e questa non-obiezione ha rappresentato una presa di posizione civica e politica, di grande impegno e accompagnata da difficoltà di ogni sorta. La massa di obiezioni di coscienza ha paralizzato in alcune regioni la realizzazione del servizio di interruzione della gravidanza; in altre la situazione di partenza più favorevole ha consentito una organizzazione rapida.

Analizzando la situazione emergono alcuni punti fondamentali: grande ineguaglianza nella realizzazione del servizio e quindi nel numero degli aborti, a seconda delle regioni; lunghe liste di attesa un po’ ovunque, che spesso hanno scoraggiato le donne o peggio ancora fatto loro superare il termine dei 90 giorni, rendendo così impossibile l’aborto nella struttura pubblica; in molti ospedali sono state chieste degenze troppo lunghe sia relativamente alla reale necessità sia relativamente ai bisogni delle donne, per le quali un’assenza da casa di tre o quattro giorni è spesso impossibile vuoi per ragioni pratiche, vuoi perché spesso esse decidono di abortire nella massima segretezza possibile, incompatibile con un lungo ricovero; sono arrivate da molte parti d’Italia denunce sull’atteggiamento tenuto nei reparti dagli obiettori medici e paramedici nei confronti delle donne…

alle minorenni è stato estremamente difficile, salvo eccezioni, ottenere le autorizzazioni dei giudici tutelari; non parliamo poi dell’autorizzazione dei genitori, quasi sempre impossibili da interpellare. Alle ragazze minorenni è rimasta quindi Tunica scelta possibile: la clandestinità, a caro prezzo (i cucchiai d’oro aumentano i prezzi per una minore! L’onere è proporzionale al rischio-corso dal medico) e con grossi rischi e traumi.

Ma oltre a questi fatti, apparenti e vistosi, vi sono sotto al fenomeno e alla pratica dell’aborto legale una serie di implicazioni su cui il dibattito, tante volte iniziato, non è mai stato portato a termine. Che risposte dare e come darle ai bisogni delle donne? Contraccezione, parto, tutela della maternità… una lunga strada da percorrere; ma obbligatoriamente, questa lunga strada è fiancheggiata dalla realtà quotidiana, inesorabile e spesso tormentosa dell’aborto volontario. Di questa realtà la stragrande maggioranza delle donne sono coscienti e partecipi; il tentativo dei cattolici oltranzisti sfiora appena la massa delle donne. Abbiamo detto negli anni, ed è la verità dimostrata, che anche le donne cattoliche e credenti hanno sempre abortito quando è stato necessario e continuano a farlo. D’altra parte, il 5Q per cento dei cattolici è per conservare questa’:legge.’ “Noti si tratta di « conservare l’aborto », perché Io scopo di tutti noi è eliminarlo; ma arrivare ad una maternità liberamente scelta: e questo significa sì, contraccezione, ma significa anche condizioni di vita migliori, ambiente non inquinato, occupazione, servizi sociali, significa scegliere di avere figli in un mondo meno ostile. E’ per questo che non serve a nulla cancellare l’aborto legale con un tratto di penna. L’aborto è nel costume e nella vita delle donne da sempre, contro leggi e religioni. E sono le donne e le donne sole a poter e dover decidere. Fortunate quando possono condividere la decisione con il loro compagno, sono però quasi sempre costrette a decidere da sole. E per questa grande massa di donne occorre prima conservare questa legge, e poi appena se ne avrà la forza cambiarla, nei punti in cui ha mostrato le sue insufficienze e le sue tortuosità.

Il coordinamento nazionale ha presentato delle proposte di modifica i cui punti principali sono: abbassamento a 14 anni dell’età legale per abortire, intervento ottenuto entro il termine massimo di 10 giorni, modifiche sull’obiezione di coscienza (gli obiettori non possono accedere ai posti di ginecologo nel servizio sanitario nazionale) e snellimento delle pratiche preliminari ecc. Questo sarà forse possibile in un terzo tempo! Come primo tempo occorre mobilitarsi perché vengano ovunque adempiuti gli obblighi di Legge che finora sono rimasti inevasi. Intanto attivare tutti gli ospedali, anche mediante le convenzioni esterne previste dalla legge (si convenzionano con contratti a tempo medici non obiettori esterni all’ospedale), poi al, più presto ottenere che gli aborti nelle prime settimane vengano fatti nei poliambulatori delle unità sanitarie locali (anche questo è previsto, e nel poliambulatorio cade il vincolo dell’aborto fatto dal medico del servizio di ginecologia. La tecnica di aspirazione, possibile nelle prime 10 settimane, agevolmente può essere, praticata senza ricovero e senza anestesia generale; l’anestesia locale basta a renderla indolore). Deospedalizzare per demedicalizzare: può diventare una parola d’ ordine!!!