violenza carnale

ho lavorato in un rape-center

giugno 1975

 

Fatti di cronaca che assurgono alla ribalta e di cui non si conoscono gli sviluppi, donne che subiscono una violenza, forse la peggiore, e delle quali ricorre in cronaca nome e cognome quasi fossero imputate. Una violenza, quella dello stupro, che nessuno considera politica: politica è la violenza davanti alle scuole, sono gli attentati fascisti, gli agguati, i corpo a corpo, ma lo stupro no. Confinandolo nella sfera”privata” del rapporto uomo – donna, se ne assolve il colpevole, sempre preda di un ‘raptus’ e mai pedina di un sistema che tacitamente concede ad ogni uomo il possesso di una donna e il potere su tutte le altre donne. Quanto alla donna, è difficile per lei proclamarsi vittima di questa violenza; poiché lo stupro non viene giudicato alla stregua di qualunque altra azione delittuosa: dando piacere all’uomo esso infatti si colloca nella sfera della sessualità, seppur deviata, del maschio dominatore. In America, da un paio d’anni le compagne femministe hanno individuato in questo problema un’altra piaga della nostra oppressione, simile a quella dell’aborto clandestino, e hanno iniziato l’organizzazione dei ‘rape centers’, cioè i centri anti-stupro a disposizione delle donne che subiscono violenza. In Italia non esistono né dati, né studi sociologici sulla realtà dello stupro. I pochi cenni sono quelli riportati dai giornali e suscitano sdegno, purtroppo, solo nei casi più clamorosi, cioè quando le vittime sono ragazze o ragazzi sotto i quattordici anni. Per avviare un dibattito su questo problema abbiamo intervistato una psichiatra inglese che ha lavorato in un ‘rape center’ americano, e abbiamo analizzato il linguaggio con il quale i giornalisti, maschi, Italiani riportano i casi di stupro in cronaca.

 

D. Come hai iniziato a interessarti di questo argomento? Ci deve essere stato qualcosa che ti ha spinto a occuparti di qualcosa così tabù.

R. Sono andata ad ‘abitare per un anno, per ragioni di lavoro, a Fort Wayne. Fort Wayne è una città degli USA, con una popolazione di circa 200 mila abitanti. L’incidenza di violenze carnali è normale (tenendo presente cosa vuol dire normale negli USA) cioè vengono denunciate una media di 6-8 violenze carnali a settimana. Lo stupro è stato definito come «il crimine americana»; questa definizione è esagerata: lo stupro non è H più importante né i’I più praticato crimine oggi in USA, ma non c’è dubbio che il numero di violenze carnali perpetrate In America oggi sita crescendo a velocità preoccupante nelle città.

lo mi domando quante donne americane siano interamente libere da questo incubo. Nella prima settimana che ho passato negli USA, una donna di 65 anni fu violentata e uccisa a pochi isolati di distanza da dove io vivevo, mentre poco tempo prima della mia partenza fu violentata una ragazzina di undici anni. Ma neppure questi rappresentano gli estremi, in termini di età. Sono stati registrati casi di violenze contro donne più anziane della prima e più giovani della seconda. In -un certo senso devo dire che fu proprio quella singola violenza, quella riguardante la donna di 65 anni, a darmi la spinta a occuparmi di stupri. Era accaduto a pochi passi da casa mia, era troppo attuale e vivo per poter essere immediatamente seppellito.

D. Cosa hai fatto allora?

R. Ho lavorato con altre donne alla formazione di un «rape cent re» in Fort Wayne. Prima la mia esperienza nel campo era ridotta a quel poco che avevo letto sui libri di testo di medicina ‘legale: definizioni tecniche di penetrazione e cose del genere, lo ero, ovviamente, esperta della «mitologia dello stupro», conoscevo tutto il materiale aneddotico sull’argomento. La mia esperienza pratica invece era limitata a un incontro con una sola vittima di violenza carnale, in veste professionale. Parecchi aspetti della sua storia mi incuriosirono: l’attacco sembrava premeditato; venne usata un’arma per minacciarla; l’attacco venne perpetrato d’a tre uomini; lei era una donna «normale», ordinaria, quieta; suo marito non poteva, in un certo senso, «perdonarla» per quel che era accaduto, lo, a mia volta, non potevo capire la sua estrema riluttanza a recarsi alla polizia, in tribunale, alla clinica per le malattie veneree, o semplicemente dal medico per farsi rifare le ricette dei tranquillanti che io le avevo prescritto e di cui aveva indubbiamente bisogno.

La mia pratica con un «rape centre» ha risposto ad alcune di queste perplessità; ma le ha sostituite con una serie di domande e problemi molto più difficili e più disturbanti, riguardanti il significato In generale d’ella violazione carnale e ciò che viene prima di essa.

D. Quanto pensi che sia esteso effettivamente, realmente, il fenomeno?

R. Una delle difficoltà che si riscontrano nel valutare l’autentico numero di stupri che ‘avvengono in America (e probabilmente in ogni altro paese del mondo) è il fatto che solo un’esigua minoranza di stupri vengono riportati alle autorità (le stime variano: c’è chi dice che i casi riportati sono il 27% chi parla del 5%. Un’oscillazione del 10% può essere abbastanza accurata).

D. Perché solo un’esigua minoranza di stupri vengono riportati alle autorità?

R. Le ragioni che Impediscono alle donne di rivolgersi alle autorità sono ovvie: dalla paura della ripercussione sociale, alla «semplice» paura della pubblicità, alla paura di essere etichettate come provocanti (con tutta la notorietà che ne deriva). Talvolta può esserci addirittura la paura di un secondo attacco da parte dello stesso uomo, per vendetta, se lo si denuncia. Un altro motivo che può trattenere dal denunciare l’uomo è il fatto di conoscerlo personalmente (come nel caso in cui tra la vittima e l’aggressore esista un rapporto di parentela).

Quello che è importante sottolineare, è ciò che succede se una donna decide veramente di portare il fatto in tribunale, di andare fino in fondo, lo naturalmente ti posso parlare solo degli USA, e un po’ dell’Inghilterra. Ma ho fondati dubbi che sia lo stesso dappertutto. Se vuoi sporgere denunzia contro un uomo perché ti ha violentata, devi andare alla polizia entro un brevissimo tempo dall’accaduto (il limite di tempo varia da paese a paese) dimostrare che sei stata violentata (e questo significa: uno, dimostrare che hai avuto un contatto sessuale, il che implica una visita da parte di un medico che è generalmente uomo e insensibile a quello che può essere stato lo choc subito dalla donna; due, dimostrare che questo contatto sessuale è avvenuto contro la tua volontà. Questo è più difficile lo stupro avviene senza testimoni, e cioè è la parola di una persona contro la parola di un’altra persona. Né valgono molto percosse o segni di botte lasciate sui corpo della donna. Perché esiste sempre il dubbio che i segni la donna se li sia impressi da sola). Dopo la visita medica, la donna viene interrogata da uno o più poliziotti, che sono sempre maschi, e che fanno domande del dopo: hai avuto un orgasmo? Che tipo di contatto sessuale avete avuto, orale, anale o vaginale? E poi lui esattamente cosa ha fatto? Ma tu hai resistito abbastanza? Sei sicura che non ti piaceva? Che non hai fatto niente per provocarlo?

E questa è ancora la parte migliore dell’avventura. Quello che è peggio è ciò che avviene in tribunale, dove, essendo, come ho detto, il caso imperniato sulla parola di una persona contro un’altra persona, la difesa imposta tutta la sua strategia sulla diffamazione sistematica della donna-vittima.

E allora diventa importante il fatto se la donna era vergine o no, se viveva una vita sessuale libera e promiscua, se usava anticoncezionali, il tipo di vestito che portava e i pettegolezzi dei vicini sui suo conto. Queste cose non vengono chieste all’uomo, che ovviamente non ha problemi di anticoncezionali e di verginità e nemmeno di vicini pettegoli. Quindi molto spesso il processo si trasforma da processo all’aggressore a processo alla vittima.

Anche la paura delle conseguenze (gravidanza, malattie veneree) possono trattenere la donna dalla denuncia, o addirittura spingerla a negare che una violenza ci sia mai stata. Infine, ma non certo ultima, c’è la paura dell’atteggiamento della polizia.

D. Pensi che il fenomeno sia effettivamente molto più esteso negli USA che nel resto del mondo?

R. I dati ufficiali americani mostrano un aumento del 65% nel numero degli stupri denunciati tra il 1966 e il 1971. Nel 1972 vi furono 46.431 casi denunciati. Se noi accettiamo il compromesso accennato prima, di considerare questo numero come il 10% dei casi realmente avvenuti, ciò significa che negli USA vengono perpetrati circa 464.310 stupri all’anno. Ciò significa che circa mezzo milione di donne americane vengono violentate ogni anno.

Possiamo paragonare a questa cifra il fatto che in Inghilterra e Galles ci furono solo 893 stupri denunciati nel 1972.

Però io non credo molto a questo tipo di statistiche. Ho pubblicato un solo articolo sull’argomento in Inghilterra, su una rivista specializzata letta quasi esclusivamente da medici e assistenti sociali. Tra le altre cose dicevo appunto che la situazione in Inghilterra, non era così tremenda. Quello che è successo invece è che dopo la pubblicazione di quell’articolo ho cominciato a ricevere centinaia di lettere di donne da tutta l’Inghilterra donne di tutte le età e di tutti i ceti sociali che mi raccontavano di essere state stuprate, e molte di loro era la prima volta che si confidavano dopo vent’anni di silenzio. E’ stato anche per questo che ho cominciato a cercare di interessare altre donne all’apertura di un centro in Inghilterra.

D. Quali sono i provvedimenti legali che potrebbe prendere un «centro stupro» qui in Europa?

R. Se teniamo conto della percentuale di denunce per stupro negli Stati Uniti, un fatto emerge chiaramente: lo stupro è un delitto che rende. Solo il 56% delle denunce per violenza carnale portano a un arresto, solo il 62% degli arresti punta a un processo e solo il 36% dei processi porta a una condanna. Quindi la percentuale di condanne rispetto agli stupri denunciati è dello 0,9% !

La definizione legale della violenza carnale varia da stato a stato, ma quella dell’Indiana è rappresentativa: «Chiunque abbia conoscenza carnale di una donna contro la sua volontà tramite Violenza, o con una donna sotto i 16 anni; o chiunque essendo sopra i 18 anni ‘abbia conoscenza carnale con una donna che non sia sua moglie e che sia pazza o epilettica o debole di mente… è colpevole di violenza carnale e in seguito a condanna sarà imprigionato per non meno di due anni e non più di 21».

Naturalmente l’interpretazione di questa legge dipende da parecchie altre definizioni. In breve, «conoscenza carnale» viene interpretata come «penetrazione»; «tramite violenza» vuol dire che ci devono essere prove che la donna ha resistito all’attacco; «contro la sua volontà» implica la mancanza di consenso da parte della donna. E questo è un punto aperto a vaste interpretazioni — per esempio una donna che abbia ingerito dell’alcool, una donna che volontariamente apre la porta al suo stupratore (anche se al momento non sa ancora che lui è lì per violentarla), una donna che veste «in modo provocante» può essere giudicata una donna «che ha dato il suo consenso».

L’interpretazione di come realmente si sono svolti i fatti non può non essere influenzata dai moti innumerevoli che fioriscono intorno allo stupro. Solo le ragazze «poco per bene» vengono violentate. Le donne che vengono violentate in fondo se lo cercano. Alle donne piace. Non ci vuol niente a evitare di essere stuprate, basta chiudere le gambe. Le donne vendicative dicono di essere state violentate dopo aver ceduto spontaneamente. L’Incidenza degli stupri è direttamente proporzionale alla lunghezza delle gonne — chiaro indice di provocazione. E così via. Alcuni di

questi miti spuntano fuori nei questionari della polizia. Una delle domande di routine in America è: «Hai avuto un orgasmo?» E in effetti si suppone che alle donne piaccia essere violentate.

D. Esistono delle ricerche serie e non preconcette su quest’argomento?

R. Uno scienziato israeliano, Menachem Amir, fece uno studio a Filadelfia nel 1971. Questo è a mio parere il più serio studio scientifico sull’argomento oggi esistente. Il dottor Amir studiò i dati contenuti negli archivi della polizia di Filadelfia riguardanti gli anni 1958 e 1960. Dalla massa di dati raccolti emerge un quadro che è assolutamente diverso da quello che si crede comunemente.

Il 43% delle donne citate nel suo studio erano state vittime di ‘stupri multipli (cioè erano state violentata più d’una volta dalla stessa persona) il 55% di stupri di gruppo. La violenza fisica era stata usata nel 14% dei casi. La violenza era arrivata a un livello di notevole brutalità, (tanto da giustificare l’intervento di un medico) nel 10%, dei casi prima dello stupro e nell’I 1 % durante e dopo lo stupro.

Non a caso gli episodi di violenza più brutali si riscontrano negli stupri di gruppo.

Poiché la legge pone l’accento sullo sforzo fatto dalla donna per difendersi, vediamo cosa dicono le statistiche del dott. Amir a questo proposito. Il 55%delle donne non reagiscono per niente, agendo in modo del tutto sottomesso; il 27% resistettero e il 18% lottarono.

D. Non trovi che il fatto di lottare o no dipende molto di più da un condizionamento imposto alla donna fin dalla nascita, che non dalla effettiva volontà di partecipare a un’unione sessuale?

R. Certo. Infatti è assurdo pretendere che la donna media reagisca violentemente. Le donne sono addestrate fin dalla nascita a essere comandate, e a obbedire ai comandi, a essere dolci, dispensatrici di affetto, di gioie, di gratificazioni. La bambina viene spinta fin da piccola a reprimere tutta la sua aggressività, lo ho fatto molta attenzione a ciò da quando ho cominciato a lavorare nei rape centers.

Ho visto donne paralizzarsi, solo perché un uomo le toccava a un braccio.

Figurarsi se il contatto è più intimo; scatta uri meccanismo di terrore, che impedisce anche a donne sane e robuste di difendersi. L’impossibilità di difendersi è psicologica, non è fisica. Non si può biasimare una persona alla quale si è sempre insegnato a non essere violenta, perché in una data occasione non lo è stata. Quello che bisogna fare è cambiare l’educazione femminile, fin dalla nascita.

D. Finora abbiamo parlato del condizionamento femminile. Ma cosa si può dire degli uomini coinvolti negli stupri?

R. Per quello che riguarda gli uomini, la maggioranza erano giovani, fra i 15 e i 24 anni. Tra i bianchi il 26% erano disoccupati. Tra i negri il 16%. Gli altri erano in maggior parte operai specializzati e non, un piccolo gruppo comprendeva studenti bianchi (13%). Il 42% del bianchi e il 24% dei negri erano già stati arrestati precedentemente (l’8,8% per precedente violenza carnale). Le rispettive percentuali per i bianchi erano 46% e 5,7%.

C’è un altro detto popolare, un altro mito che dice che «lo stupro è un atto impulsivo perpetrato da un uomo il cui forte e incontenibile desiderio sessuale è stato eccitato da una donna provocante». In realtà il 58% degli stupri è premeditato, secondo Amir, quando l’uomo agisce da solo; quando lo stupro è perpetrato da due uomini insieme, nell’83% dei casi, e nel 90% dei casi quando è un intero gruppo di uomini a compiere l’atto.

Pochissimi stupratori vengono mandati da uno psichiatra per essere curati e questo perché le cure sono quasi totalmente senza successo. Molti stupratori, se sottoposti a tests psicologici, rivelano un’alta percentuale di aggressività e attitudini verso le donne assolutamente normali. Pare ohe gli stupratori formino la parte più normale, più «sana» tra gli ospiti di una prigione. Forse lo stupratore riflette la «normalità» di una società maschile aggressiva, la cui attitudine verso le donne lascia qualcosa a desiderare. Non si può far altro che domandarsi perché le condanne per stupro siano così poche (specialmente quando si paragonano alle condanne per crimini contro la proprietà) e perché è la donna stessa che spesso finisce sul banco degli imputati.

Lo stupro non è semplicemente un attacco contro una vittima allo scopo di ottenere un contatto sessuale; molto spesso appare chiaro che si tratta di un tentativo di umiliare totalmente la vittima, tramite azioni quale l’urinare sopra di lei, forzarla a un rapporto sessuale orale, o picchiarla.

Quello che è enormemente importante dire, secondo me, è che lo stupro è qualcosa che va totalmente al di là di quello che appare (cioè un contatto sessuale tra un essere umano consenziente e uno che invece viene forzato). Lo stupro è molto di più, una espressione di disprezzo, un discorso che un essere umano appartenente a un gruppo privilegiato e in posizione superiore fa a un essere umano appartenente al gruppo in posizione inferiore. E il discorso è: io posso fare di te ciò che voglio e tu non puoi farci niente. Tu non puoi uscire da sola la sera, se lo fai è a tuo rischio

e pericolo. Tu non puoi, al limite, stare in nessun posto, nemmeno in casa tua, da sola, senza un uomo a farti da guardiano, perché sei colpevole, in ogni istante, di appartenere a gruppo inferiore, e io posso farti pesare questa colpa ogni volta che voglio, e tu non ti puoi difendere.

Per questo secondo me il primo scopo dei rape centers deve essere la pubblicità. La pubblicità nel senso di educazione, di educare uomini e donne a quello che è il vero significato dello stupro, alle donne perché si difendano senza sensi di colpa, agli uomini, perché si rendano conto di quello che stanno facendo.