DOSSIER PARTO

parto: quali metodi

giugno 1982

I metodi per affrontare la gravidanza e il parto descritti nella seconda parte di questo dossier (per la prima v. n. 5 di Èffe)sono legati da un filo comune: raggiungere l’attenuazione del dolore durante il parto con mezzi psicologici.

Ma sono proprio questi ultimi, che sotto la spinta della progressiva presa di coscienza delle donne, si sono sviluppati in una dimensione che ha un fine più ampio della semplice diminuzioneattenuazione del dolore, come la partecipazione soggettiva al parto, il coinvolgimento del partner, la rimessa in discussione del ruolo degli operatori tecnici.

metodi qui descritti sono: il parto in ipnosi; la metodica inglese al parto secondo Read; il metodo psicoprofilattico russo-francese; il training autogeno respiratorio; la vegetazione; lo yoga; Teutonia; il melodoparto.

parto in ipnosi

L’ipnostetricia nacque e si sviluppò nei primi decenni dell’Ottocento ma solo dopo un secolo di studi essa entrò ufficialmente nella storia della medicina, nel 1922, al congresso ostetrico di Innsbruck. In seguito il metodo è stato corretto da parto in ipnosi in parto attraverso ipnosi, che implica oltre alla modificazione dello stato di coscienza, l’utilizzazione di esso ai fini di un trattamento psicoterapeutico durante la gestazione sulla base del rilassamento e della respirazione fisiologica. Il parto tramite ipnosi utilizza l’ipnosi come tecnica condizionante e decondizionante, associando le contrazioni al segnale-stimolo di una risposta di calma.

Al condizionamento si giunge associando le parole dell’ipnotista, che determinano l’induzione, a segnali. In conseguenza delTinstaurarsi del riflesso condizionato, il solo segnale suscita stato ipnotico e questo permette all’ipnotista di mantenere e approfondire il condizionamento. La modalità del momento suggestivo ed induttivo è la caratteristica principale del parto attraverso ipnosi ed è diretta all’inconscio, che può accogliere liberamente i suggerimenti ed è più facilmente manipolabile per ottenere la realizzazione di questi ultimi.

metodo si fonda su un rapporto a due tra ipnosiologo e paziente che inizia durante la gravidanza e continua fino a parto avvenuto. Si attua in dieci sedute a frequenza settimanale, divise in due momenti: teorico e pratico. Le prime sedute sono illustrative del metodo, ma mirano anche a stabilire un rapporto pedagogico e persuasivo. Solo alla quarta seduta inizia la vera e propria induzione ipnotica, che tende a personalizzare ed individualizzare la tecnica, fino ad arrivare al controllo di piccole regioni muscolari. Nelle quattro sedute successive si procede con r>-» suggestioni di rilassamento ed analgesia attraverso esercizi e solo nelle ultime sedute, acquisito uno stato di automatismo volontario è possibile intervenire sulla muscolatura perineale e vaginale, faccendo simulare le varie fasi dell’evento ’’parto”.

Questo metodo incontra difficoltà tecniche e organizzative per essere applicato: attualmente è sostenuto ed applicato nelle scuole ostetriche di Padova e di Verona, a Pavia e nella divisione ostetrica di Lugo di Romagna, oltre che isolatamente in molti casi privati.

Ma la più importante critica che si può muovere a questo metodo è la totale mancanza di coscienza e di apprendi- mento legata all’assopimento della coscienza ed all’amnesia post-ipnotica.

Inoltre bisogna considerare che esistono condizioni di trance che facilitano tendenze deliranti ed allucinanti e che pongono la gestante nell’incapacità di controllare realisticamente gli eventi.

Certe trance indotte arrivano a gradi tab di destrutturazione tempero- spaziale da alimentare situazioni regressive molto gravi.

metodica inglese al parto

secondo g.d. read

Read, ignorando Tanalisi pavloviana dei riflessi condizionati, partì nel 1933 (data della pubblicazione di Childbirth without fear) dal presupposto che il dolore è l’effetto della paura e della tensione. La sua metodica si basò perciò sulla suggestione come elemento per innalzare la soglia del dolore, intendendo combattere la paura e l’ansia con l’insegnamento e la convinzio- +■ ne per mettere in grado le donne di dominare la paura dell’evento parto.

La concezione del dolore, nella teoria readiana, è quella di una sindrome di natura vegetativa legata agli altri due termini del trinomio paura-tensione- dolore.

L’anello intermedio di questa catena, che lega la paura al dolore, è lo stato di tensione, atteggiamento di all’erta di tipo simpatico-tecnico, capace di bloccare in uno stato di contrazione la muscolatura uterina. L’attuazione del metodo si basa su tre momenti: l’educazione didattica della gestante; la fi- sioterapia; la psicoterapia, pilastro del sistema.

La preparazione è prevalentemente individuale, inizia generalmente al 7° mese di gravidanza ed ha frequenza settimanale. Si dà molta importanza alla ginnastica generale; la respirazione utilizzata è di tipo profondo e distensivo. Gli esercizi fisici sono basati sul raggiungimento del rilassamento passando attraverso una fase di tensione di un determinato gruppo muscolare in modo che la mente, in questo gioco di contrazione- decontrazione, apprenda il grado di rilassamento utile. Si danno anche informazioni di anatomia e fisiologia e delle dinamiche del parto per rassicurare la gestante.

Il metodo ha scarsa diffusione pratica.

metodo psicoprofilattico russo-francese

Inventato ai primi del Novecento in Russia, sulla base degli studi di Pavlov, da una donna, la dott. Erofeeva, fu poi modificato da Velvosky secondo criteri di educazione preventiva miranti all’apprendimento del ritmo respiratorio collegabile alle contrazioni uterine. La semplicità del metodo rese questo accessibile alle donne di ogni ceto sociale e lo diffuse rapidamente in Russia e in Cina.

Proprio in U.R.S.S., durante un congresso internazionale sul parto, nel 1951, ne venne a conoscenza un ostetrico parigino, Lamaze, che lo riportò in Francia. Il metodo corretto da Lamaze si diffuse rapidamente in tutta l’Europa e l’America grazie alla facile presa dello slogan usato per divulgarlo ’’parto senza dolore”.

Questo metodo mira ad abolire il condizionamento ’ ’contrazione-dolore ’ ’ per associare il primo elemento del binomio ad una risposta riflessa di calma, ottenuta attraverso la respirazione su direttive del partner-allenatore. Obiettivi del metodo sono di bilanciare al momento del parto il massiccio fabbisogno energetico richiesto dalla muscolatura uterina e il riuscire a non ostacolare, con contrazioni muscolari non controllate, la discesa della testa del bambino nel canale del parto.

In Italia il metodo è applicato relativamente poco in centri pubblici ed è affidato generalmente alle ostetriche degli ospedali dei piccoli centri per quanto riguarda la parte fisica. La parte teorica è generalmente curata da medici che impartiscono informazioni dettagliate sui processi fisici della gravidanza e del parto per dissipare timori e dissolvere le ansie.

Gli esercizi fisici si fondano sul controllo progressivo della muscolatura attraverso tre tipi di respiro: piano e profondo da utilizzare ai fini di ogni contrazione dilatante ed espulsiva; accelerato e rapido da utilizzarsi nella contrazione (4-6 respirazioni rapidissime seguite da una grande respirazione a soffio); dopo l’espulsione dell’aria e un intervallo di 15 secondi, inspirazione e spinta espulsiva, tenendo rilassato il perineo.

Questo parto, come è evidente, non ha niente di ’’naturale”, al contrario si basa su una specifica tecnica acquisita con un duro allenamento. La donna finisce con il separarsi da se stessa e dall’intensità delle proprie sensazioni anziché vivere quest’esperienza con sensualità.

training autogeno respiratorio o rat

L’aspetto tecnico del RAT consiste nella capacità di raggiungere per mezzo di una serie di esercizi progressivi, la capacità di rilassarsi non attraverso un atto di volontà ma in maniera autonoma che non subisce l’influenza della corteccia cerebrale. Ma il suo aspetto più interessante riguarda l’analisi emozionale, ricca di implicazioni terapeutiche. Infatti il rilassamento in un gruppo con il RAT permette alla gestante di conoscere la presenza, la forma ed il significato delle fantasie che si sviluppano in gravidanza e delle emozioni connesse al parto e di poterle elaborare individualmente nella particolare situazione di abbandono.

I corsi di preparazione hanno una durata media di otto-dieci lezioni, a frequenza settimanale, iniziano al 7° mese e sono formati da 10-15 donne per ogni corso. Questi vengono tenuti da psicologi, medici e ostetrici ed hanno avuto in Italia una rapida ed imponente diffusione, oltre che per la loro validità oggettiva, perchè sin dall’inizio sono stati approvati e monopolizzati da forze cattoliche che sono riusciti ad imporli.

Il RAT è il metodo più utilizzato da centri privati e pubblici forse anche per il rapido addestramento occorrente per il personale e per i bassi costi anche a livello privato.

Ogni esercitazione pratica viene preceduta da una lezione teorica che spiega ciò che accadrà per diminuire l’ansia. Le prime due lezioni teoriche sono affidate allo psicologo; dalla terza seduta in poi ci si dedica ai problemi di anatomia, alla profilassi igienica, alimentazione ecc., fino ai problemi di pediatria.

Gli esercizi fisici procedono parallela- mente alla fase didattico-pedagogica. Il metodo comprende sette esercizi che generalmente si imparano nelle prime sette lezioni e che saranno utilizzati nel periodo dilatante; una volta imparati devono essere perfezionati e praticati nelle settimane che precedono il parto.

Ogni esercizio deve durare fino a quando perdura un naturale senso di piacere organico e di calma; infatti la riuscita è più legata alla frequenza che non alla durata degli esercizi che è quindi consigliabile ripetere più volte al giorno durante le ore più calme della giornata.

I primi tre esercizi fisici sono finalizzati all’acquisizione di una tecnica autogena di rilassamento, il quarto e il quinto al riconoscimento di alcuni aspetti organici specifici (calore, sudore, torpore, respiro), il sesto utilizza le risposte respiratore autogene ai fini di tamponare le contrazioni uterine dilatanti; il settimo infine utilizza il respiro di spinta e le risposte respiratorie autogene ai fini di tamponare le contrazioni espulsive.

Tutti gli esercizi si concludono con un esercizio di recupero per favorire la reintegrazione psicosomatica tra stato di rilassamento e stato di attività. Questo metodo proprio per la sua essenza e strutturazione deve essere considerato ’’attivo” perchè consente di avviare un processo di conoscenza ed appropriazione del proprio cofpo e delle proprie emozioni.

Il RAT indubbiamente offre una serie di strumenti di conoscenza da utilizzare attivamente; questi non impongono alla donna di fuggire da se stessa per sfuggire il dolore ma propongono di abbandonarsi, di andare incontro al dolore per riuscire attraverso le proprie risorse e i propri ritmi interni a superarlo.

Per quanto riguarda i risultati di questo metodo vi è un indubbio accorciamento della durata del travaglio, una riduzione degli interventi ostetrici, una migliore ossigenazione fetale ed una minore incidenza di sofferenza feto-neonatale, una diminuzione dei parti pretermine e del numero dei neonati di peso inferiore ai 2.500 grammi, Degne di nota sono le implicazioni che il RAT ha sulle dinamiche emozionali e di comportamento. Infatti con la preparazione al parto mediante metodo RAT si osserva una decisa riduzione globale dei livelli dell’ansia e un comportamento di maggior controllo delle gestanti durante il parto.

vegetoterapia yoga eufonia

Si tratta di metodi di preparazione al parto che si fondano su un presupposto: che le donne accettino il loro corpo, lo trovino bello, da amare, che ne abbiano insomma una conoscenza mediata attraverso un processo di tipo psicoanalitico, o una sensorietà di tipo orientale.

La vegetoterapia si fonda sul presupposto teorico reichiano che essendo ogni individuo espressione dell’unità non può essere diviso in soma e psiche. In conseguenza di questo l’impossibilità di soddisfare i bisogni primari e la repressione di sentimenti negativi (paura, dolore, rabbia) porta oltre che alla struttura di un determinato carattere anche alla tensione costante della muscolatura impiegata per trattenere le emozioni pericolose. Secondo questa teoria il dolore da parto è dovuto alla contrazione muscolare cronica dell’addome, della zona pelvica e perineale che ostacolano il normale espletamento del travaglio.

Con alcuni degli esercizi vegetoterapi- ci si impara ad allentare la tensione nella zona pelvica e facilitare la dilatazione. In genere si riduce il tempo del travaglio e si diminuisce in modo naturale il dolore. La diffusione di questo metodo inaugurato in Italia nel ’70 a Napoli da un vegetoterapeuta reichiano è tuttora limitata.

Anche la pratica yoga da applicare alla preparazione al parto incontra le stesse difficoltà del metodo precedente, proprio perchè rappresenta un momento di rapporto con il proprio corpo, inscindibile da una precedente scelta di vita. Viene praticata poco e naturalmente da yogi.

Particolarmente suggestivo è all’interno di questa logica di controllo-piacere delle sensazioni l’esperimento di eutonia proposta da Gerda Alexander a Copenaghen.

L’eutonia, letteralmente ’’buon tono” è lo stato in cui ogni movimento viene attuato con un minimo di energia e una massimo di efficacia, lasciando che le funzioni vitali proseguano in modo normale.

La filosofia del dolore su cui si basa questa teoria mutuata dall’Oriente è di non sfuggire il dolore ma di accettarlo, di concentrarsi in esso per capirlo e superarlo. Per ottenere questo bisogna distendere i muscoli imparando la passività ossia non abbandonando la volontà ma scegliendo il mantenimento volontario dello stato d’inazione (controllo attivo della passività).

Attraverso un’alternanza di attività e passività parziale si può arrivare ad una conoscenza e ad una capacità di gestione del proprio corpo estrema- mente utile al momento del parto e perfettamente acquisibile in pochi mesi.

Proprio perchè l’eutonia è un’esperienza che investe globalmente la vita del

la donna ha l’enorme vantaggio di non esasperare l’attesa del parto contemporaneamente rappresentare un momento di crescita e di coscienza- conoscenza non totalizzante.

il melodoparto

Il melodoparto o parto non violento non è un metodo nel senso che abbiamo fin qui descritto. Esso si fonda piuttosto su una profonda ristrutturazione delle unità ospedaliere, unità più piccole e più controllabili, e su criteri psicomedici diversi nel valutare l’evento-parto, Intanto che questo non venga considerato una malattia come accade nelle strutture ospedaliere dove esiste un rituale che medicalizza la gestante dandole una fisionomia di ’’diversità”. E poi che tutti affrontino la preparazione e il momento del parto con il massimo di disponibilità psicologica oltre che tecnica, dagli infermieri alle ostetriche ai medici. Del melodoparto si ha un’immagine che circola anche fotograficamente e che da un’idea della non violenza dell’intero processo: un bambino ancora legato al cordone ombelicale che giace sul ventre della madre che lo accarezza. Il trauma della rescissione, dell’ingresso nella vita viene allontanato e mediato e, quando giunge, il bambino ne è in qualche modo difeso. Non richiede per essere praticato alcuna attrezzatura speciale, ma un modus complessivo, un abito mentale, una nuova dimensione culturale, a cura di Mimma De Leo (ha collaborato Paola Mamone)