8 marzo

Femminismo e sinistra rivoluzionaria

marzo 1974

Roma. La sinistra rivoluzionaria ha per la prima volta aperto in pubblico il dibattito sulla questione femminile in una riunione organizzata il 7 marzo scorso presso la sezione Controinformazione della mostra Contemporanea. Al dibattito hanno partecipato compagne di Avanguardia comunista, Avanguardia operaia; Lotta Continua, il Manifesto. Le ipotesi di lavoro enunciate sono state le seguenti, molto brevemente, perché ci ripromettiamo di tornare sull’argomento con un più approfondito dibattito. Avanguardia operaia si è soffermata sulla diversa oppressione delle donne borghesi e proletarie, sostenendo che l’unità da raggiungere non è tanto quella delle donne ma del proletariato: la oppressione non è di sesso, ma di classe e il salto di classe si fa lasciandosi guidare (la donna) nella liberazione dal proletariato. Sono anche stati toccati i temi della scuola, casa, occupazione, divorzio e aborto, e la campagna restauratrice reazionaria della DC verso i temi della famiglia. Lotta Continua ha preso le mosse dalle lotte della donna proletaria fuori casa, in fabbrica (dalla Lord Brummel all’autogestione Feda), per la casa, contro il carovita, per fare un discorso di classe sulla famiglia come istituzione non neutra, ma legata al capitale e ai rapporti uomo-donna. Bisogna partire, ha detto la compagna, dai bisogni del proletariato femminile per un programma di lotta: sul referendum, ad esempio, per il sì al divorzio contro la immoralità borghese. Ha inoltre accennato alla possibilità di una campagna pro aborto in un prossimo futuro.

La relazione del Manifesto ha accennato alla necessità dell’autonomia del movimento femminista e di autogestione di queste lotte all’interno dell’organizzazione, ha parlato del ritardo del movimento operaio in questo campo, di forme di lotta non tradizionali a esso, della necessità di una presa di coscienza del proprio privato perché il privato è politico.

Avanguardia comunista ha ribadito il ruolo egemone del proletariato nella liberazione della donna, respingendo l’idea di donna come casta o classe. Ha affermato di essere favorevole al divorzio che permette il distacco da una famiglia che opprime, ma il primo passo sono i problemi dell’occupazione femminile.

 

Teatro femminista in piazza

I gruppi femministi romani per la giornata internazionale della donna, ripartendo dallo slogan dell’8 marzo ’73 «Così ci vogliono (con la mimosa in mano) così noi rispondiamo (con la lotta)», hanno scelto quest’anno una giornata di lotta e di intervento nei quartieri, motivata dalla prassi femminista che esige la lotta in prima persona in un confronto diretto con tutte le donne, e la necessità di un costante lavoro di crescita del movimento delle donne. Proprio per questo dal movimento femminista romano sono stati scelti due quartieri: San Lorenzo e Testacelo nei quali già è avviato un lavoro politico con le donne. In questi quartieri vi è stato un incontro con le donne e i bambini animato da canzoni femministe, da uno spettacolo di burattini (Cenerentola forma un «piccolo gruppo» con le sorellastre e la matrigna, si ribellano e si liberano) e da una pantomima (messa in scena da Maddalena Teatro) sull’eccidio delle 129 operaie morte nell’incendio dell’8 marzo 1908 in una filanda di Chicago.

Una serie di volantinaggi e di interventi sono stati fatti in tutta la città e nelle scuole anche dalle compagne del Collettivo femminista comunista con particolare riferimento al discorso sulla famiglia e al prossimo referendum sul divorzio. Si leggeva quei volantini: «ho capito che questo tipo di famiglia mi isola dalla società, mi esclude dalle scelte politiche che riguardano proprio la mia vita e che invece sono prese sempre da altri, che mi isola dalle altre donne che vivono la mia stessa condizione. Dico no a chi vuole strumentalizzare il mio isolamento (…). Per questo tutte insieme votiamo no alla proposta fascista di abrogazione del divorzio». Anche nel volantino distribuito dal Movimento femminista romano era inserito il no all’abrogazione del divorzio, ma anche il no a questo tipo di famiglia, all’oppressione dei bambini al razzismo sessuale.

 

8 marzo al Palasport

Il discorso di Berlinguer al Palasport è stato più che altro l’occasione per riaffermare un reciso NO al referendum e rilanciare la proposta di una ‘svolta democratica’ nella direzione politica del paese, respingendo le manovre reazionarie di marca fascista e DC. La questione femminile è stata affrontata a grandi linee: il succo della posizione di Berlinguer sull’argomento appare chiaro dal passaggio che riportiamo qui di seguito integralmente: «…il movimento operaio e il PCI mentre non possono certo condividere le posizioni di alcuni movimenti femministi che predicano molto semplicisticamente la lotta di tutte le donne contro tutti gli uomini, riconoscono però che oltre al generale problema dello sfruttamento in cui nelle società capitalistiche sono vittime tanto gli uomini quanto le donne, esiste anche una particolare condizione di discriminazione e di inferiorità che colpisce la donna in quanto tale e contro la quale è necessario quindi condurre una specifica lotta con particolari obiettivi e rivendicazioni per i quali devono impegnarsi obiettivamente non solo le donne ma tutte le organizzazioni dei lavoratori».

In attesa che a questo riconoscimento della vitale importanza della questione femminile faccia seguito una’ sempre più coerente strategia d’azione, vorremmo far rilevare al compagno Berlinguer che in realtà non esiste nessun movimento femminista che ‘semplicisticamente’ riduca il problema della liberazione della donna alla ‘ lotta di tutte le donne contro tutti gli uomini ‘. Pur con tutti i suoi limiti, l’analisi femminista è molto più complessa e costituisce un netto rifiuto del ‘biologismo’ nel tentativo di individuare storicamente, all’interno della società, le condizioni di oppressione della donna e le concrete strategie per la sua liberazione (che significa, come abbiamo sempre detto, anche liberazione dell’intera società).