solidarietà vuol dire…

ottobre 1979

ebbene, cari becchini del femminismo, il nostro funerale per ora non si farà, nonostante i vostri malauguri, nonostante il plauso che l’Avvenire dedicava alla chiusura di Effe, giornale che “corrompe le donne”, eccoci di nuovo in vita, cioè in edicola, un po’ ammaccate, ma vive e intenzionate a continuare. Le donne, autentiche streghe, hanno detto no alla chiusura di Effe. E’ per ringraziarle che torniamo a uscire, In questi due mesi sono arrivati quasi 10 milioni, tra abbonamenti, sottoscrizioni e vendite militanti. Ci bastano appena per far uscire un altro numero di Effe, certo non bastano a pagare il nostro lavoro, non retribuito ormai da luglio, ma confidiamo nelle donne, confidiamo che al nostro atto di fiducia corrisponda il vostro sforzo nel sostenerci in modo ancora più consistente. Generalmente, quando si parla di cifre e di soldi, certa stampa, anche femminista, tende a falsare la realtà, Noi preferiamo attenerci al “vero”, senza trionfalismi. Avevamo chiesto 2.000 abbonamenti; ne sono arrivati 500, di cui 400 nuovi e di cui più della metà sostenitori (dalle 20.000 alle 100.000 lire): ecco perché i soldi che sono arrivati ci bastano solo per un numero.

Questi due mesi di crisi ci hanno insegnato molte cose. Ci hanno confermato che per la stampa borghese fa più “notizia” un Effe che muore piuttosto che il suo rinnovamento. Frequenti sono stati i titoli “Effe come funerale”, che per fortuna contraddicevano spesso il senso “positivo” delle autrici degli articoli. Ci hanno illuminato sulla difficoltà per certi settori del movimento di praticare la solidarietà, Anche Quotidiano Donna ci ha dato per morte e sepolte per ben due numeri; il.rifiuto di pubblicare il nostro editoriale di settembre e più ancora la motivazione del rifiuto («ormai l’ha pubblicato L,C„ Noi Donne, DWF, non l più giornalistico pubblicarlo anche noi») ci ha molto addolorato (oltreché averci portato un danno “politico” da non trascurare).

Ringraziamo le compagne di Noi Donne, di DWF, di Lotta Continua, le giornaliste democratiche, e in particolare Paola Berti, Laura Lilli e Maria Rita Parsi, che hanno parlato di noi, e lavorato per noi e con noi. Ringraziamo le compagne del Gruppo Comunicazioni Visive di Genova che hanno organizzato riunioni e incontri in nostro aiuto; la libreria delle donne di Firenze e di Roma; tutte le compagne che, isolate o in gruppo, ci hanno testimoniato il loro amore, In questi due mesi abbiamo verificato che i collettivi ricominciano a formarsi e a lavorare, mobilitati dalla raccolta di firme per la legge sulla violenza sessuale o, più semplicemente, dalla volontà di reagire al “riflusso”.

Da parte nostra abbiamo lavorato duramente per cercare pubblicità che sostenesse il giornale. E qui abbiamo imparato altre cose, Non è solo difficile trovare una pubblicità che non offenda le donne. La difficoltà vera sta nel fatto che un giornale “piccolo” come il nostro non è considerato un buon investimento. Il che impone di rivedere tutta l’impostazione del discorso pubblicità, e battersi con sempre maggior forza per una pubblicità al servizio del consumatore. Abbiamo quindi avviato trattative con Concessionarie di pubblicità che ci offrono quanto di più “dignitoso” si trovi sul mercato. La buona conclusione di queste trattative ci potrà garantire il ritorno in edicola al più presto.

D’ altro canto gli ultimi avvenimenti confermano l’assoluta necessità che la stampa del movimento non taccia. L’incredibile e scandalosa montatura poliziesca contro lo Zanzibar è un autentico attentato all’intero movimento femminista. Fallito il tentativo di criminalizzarci attraverso le donne terroriste, ne parte un altro su un problema così doloroso e problematico come quello dell’eroina. Il movimento, pur con tutte le sue frammentazioni e pluralità, affronta i problemi, non li nasconde, e con questo le provocazioni del potere e il tentativo di metterci a tacere non avranno facile gioco.

Né ci turbano molto i volantini di Contropotere femminista che rivendicano l’incendio a Roma dei cinema dalla luce rossa, perché qualunque sia la firma degli attentati, si sa che i metodi usati sono quelli della mafia cinematografica che impone tangenti e punisce i disobbedienti. La risposta del movimento alla pornografia si pone su un altro piano, che pretende la modificazione del ruolo femminile non solo nella società, ma soprattutto nella sessualità. E’ da una sessualità guardona e fallocratica che nasce certa pornografia e non il contrario.

È comunque un fatto che il clima politico generale impone la massima vigilanza e una mobilitazione continua. Nello sfascio generalizzato il movimento delle donne rimane nonostante tutto un punto fermo e serio di dibattito. Nel corso degli anni crediamo di aver svolto un compito importante nell’approfondimento e nella divulgazione delle nostre tematiche e delle nostre lotte. Vogliamo continuare a svolgerlo e, ci sembra, lo vogliono anche le donne. Perciò compagne, di nuovo vi lanciamo l’appello: dipende dalla vostra mobilitazione far uscire ancora Effe, Il numero di dicembre è la vostra vittoria sulla crisi, ma non basta ancora. Per continuare a incontrarci in edicola occorre ancora di più: occorrono i duemila abbonamenti, la diffusione militante, la conoscenza di Effe da parte di donne nuove. Di nuovo, come nel numero scorso, vi chiediamo aiuto, per farcela, spalla a spalla.