un archivio storico delle donne
Nato nel 1935 ad Amsterdam dalla biblioteca
della prima donna medico olandese, l’Archivio è oggi ricco di più di 35.000 volumi e 287 periodici che riguardano la storia delle donne.
Ad Amsterdam abbiamo partecipato alla Conferenza internazionale di Storia orale, ma siamo anche andate più di ima volta all’Archivio storico internazionale del Movimento delle donne (IAV: International Archiefvoor de Vrouivenbeweging), che non è soltanto una miniera inesauribile di volumi e documenti sulle donne, ma è anche un grande esempio di lavoro costruttivo e costante, condotto avanti per lunghi anni da alcune donne con una tenacia che esprime la fiducia nell’importanza, per il movimento del lavoro di raccolta e di archiviazione di tutto ciò che concerne la loro storia.
Rispondere all’esigenza- di ricerche storiche e di studi contemporanei è stato il movente iniziale che ha dato vita a questo archivio, nato nel 1935 con la donazione di 500 volumi di Rosa Manus, una grande organizzatrice di convegni internazionali, che aveva raccolto i volumi giovandosi anche della biblioteca di Aletta H. Jacobs, la prima donna medico olandese, che aveva fatto ricerche sulla contraccezione sino dall’inizio del 1900.
Nacque dunque come donazione privata, ma dopo cinque anni, nel 1940 fu chiuso dai Nazisti, che espropriarono anche la maggior parte della collezione. “Il movimento delle donne li spaventava come ogni altra forma di libertà, di democrazia e di socialismo” così commentarono Sacha e Claire, le due bibliotecarie che con tanta paziente solidarietà dedicarono diverse ore a noi, che volevamo sapere tante cose del loro lavoro.
L’archivio storico delle donne fu riaperto subito dopo la guerra. Bisognava rifare quasi tutto, ma le donne con coraggio ripresero il loro lavoro volontario, poiché di lavoro volontario si è trattato per molti anni, in quanto lo Stato olandese, pur così sensibile al lavoro di archiviazione, tanfo che il grande archivio presso l’Università di Amsterdam è considerato il maggiore archivio d’Europa (ma forse anche del mondo) sulla storia del movimento operaio, non fu altrettanto sensibile su quanto concerneva la storia delle donne. Ma le donne dell’IAV, che intanto si erano costituite in un collettivo, attesero pazientemente, continuando a lavorare, finché nel 1968 lo Stato finalmente riconobbe a loro il diritto di un finanziamento, che si dimostrò però inadeguato all’enorme mole di lavoro, che intanto si era accumulato. Solo nel 1975 (Anno internazionale della donna) i finanziamenti statali migliorarono, pur rimanendo ancora inadeguati, ragione per cui è tuttora necessario, anzi indispensabile il lavoro volontario. Intanto il patrimonio dell’Archivio ha raggiunto più di 35.000 volumi e 287 periodici. Anche il numero delle donne che visitano o frequentano l’Archivio è andato via via aumentando vertiginosamente negli ultimi dieci anni: si è passati da 200 visite all’anno a 2.650 nel 1977 e a 4.500 nel 1979!
L’Archivio pubblica un bollettino di resoconto annuale dell’attività e un altro bollettino trimestrale bibliografico; inoltre anche un bollettino di aggiornamento sulle ricerche. Le donne dell’Archivio sono molto interessate a mantenere o a creare nuovi rapporti con analoghi centri, o anche con singole donne, al fine di stimolare la collaborazione anche a livello internazionale. Le lingue più usate: inglese e francese. Indirizzo: Herengracht 262/266 – Amsterdam.
Ma vale la pena di fare un cenno anche sulla organizzazione interna del loro collettivo. Tutte sperano di riuscire a sistemarsi in un prossimo futuro in locali migliori per avere lo spazio necessario, ma anche per creare, insieme ad altri tre centri, un grande Centro nazionale delle donne. Ma non hanno fretta, perché soprattutto vogliono difendere i rapporti che sono riuscite a stabilire nel loro collettivo, dove ognuna di loro ha le sue responsabilità, ma dove non si fanno differenze tra lavoro “sporco” (come loro hanno definito il lavoro manuale) e lavoro “intellettuale”. Questo significa che ognuna di loro, per esempio, fa anche le pulizie. “Noi crediamo”, ci spiegano, “che se nel mondo ognuno facesse anche un po’ di lavoro “sporco”, vi sarebbero meno divisioni tra noi”.
In tal modo questo piccolo gruppo di donne è riuscito a formare una struttura organizzativa senza gerarchie, favorendo lo sviluppo di un archivio, che consente un servizio di grande efficienza per le donne, in un’atmosfera, dove è bello lavorare e studiare, e potere anche dimostrare la capacità rivoluzionaria delle donne di un’azione collettiva, al di fuori di ogni sorta di competitività e di sopraffazione.