sebastiano o sandokan

«Che vergogna! un maschietto che gioca con le bambole Solo le femminucce giocano con le bambole!

dicembre 1976

Sebastiano, mio figlio, ha quasi sette anni. I suoi primi giochi sono stati l’acqua e la terra, la ghiaia dei giardini e i cubi di legno, gli oggetti di casa da smontare e tutto ciò che riusciva ad attrarlo. Verso i tre anni cominciarono i primi giochi organizzati, nello stesso periodo si interessò alle differenze tra maschio e femmina. Per me iniziò il periodo dei conflitti ma anche di quella lunga riflessione che mi accompagnerà fino alla fine dei miei giorni; ci fu una prima volta anche per noi due, quando lui si mise una delle mie collane colorate per uscire a fare la spesa e nell’arco di cento metri, senza indulgenza per i suoi tre anni, i commenti della gente ci fecero sentire in fallo: lui come maschio, io come madre di maschio. — «Che vergogna un maschietto con la collana! Le femminucce portano le Collane!» — Tornammo a casa un po’ confusi e imbarazzati poi lui prese la decisione e mi restituì la collana dicendo con un bel disprezzo infantile senza veli: «Via! È roba da femmine!». Chi glielo aveva insegnato quel gesto di distacco e di svalutazione verso la parola «femmina»? Invano replicai che proprio la più bella di quelle collane che gli erano piaciute fino a quel momento, l’aveva portata suo padre prima di prendere l’impiego e indossare la cravatta; lui fu capace di guardare con sospetto anche suo padre. Io pensavo che lui avesse da giocare ancora per molto tempo con la creta e con i colori, con le forme naturali della sua fantasia, e nel piacere di inventare almeno un poco i suoi incontri e i rapporti con gli altri bambini. Invece era già tutto pronto; ci fu solo un ultimo errore per cui mi chiese una bambola e si ripeterono le medesime scene di biasimo per tutti e due che eravamo ancora restii ad integrare il tabù dello scambio dei sessi. Sebastiano adesso ha capito meglio di me e di suo padre cosa significa «maschile» quando a sei anni gli ha detto con ironia: «papà tu non sei uno uomo maschile, l’uomo maschile deve trattare male le donne, tu sei un uomo femminile» I maschietti quando sono in gruppo semplicemente assumono la aggressività come valore senza trasformarla, il loro unico gioco collettivo è la guerra e i loro eroi sono Sandokan e Zorro e collettivamente se li crescono dentro questi eroi fino a divenire adulti, dei piccoli. Sandokan in cravatta, estremamente comici ai loro posti di combattimento in un ministero, in banca o in uno studio professionale di lusso. E le femmine? Le femmine «sono stupide perché non fanno la guerra e giocano con la bambola»; a questo punto sarebbe maligno far notare al mio maschietto che lui non usa la bambola solo per censura e ha trasferito il suo desiderio di paternità sui suoi orsetti che regolarmente nutre, assiste e si porta a letto sognando che siano i nostri figli?
 Il sentimento, nelle sue forme diffuse e preverbali, non riesce a penetrare nei loro rapporti tra maschi eppure so, dal
 suo rapporto con me, che ne ha molto.Con me Sebastiano esprime una natura tenera e sensibile, curiosa e creativa come quando mi dice: «mamma, tu sei un gioco vivente», e con la sua amichetta preferita gioca con la bambola senza vergogna e tutto ciò che di «femminile» rifiuta con gli altri maschi, torna ad essere naturale tra loro; ma può succedere che all’improv viso, come è accaduto pochi giorni fa, suoni alla porta un suo amichetto, mentre lui sta giocando con la sua amica e Ciccio Bello, e l’amico, gridi alla vista della bambina: «Viva Sandokan! Abbasso le femmine!» Sebastiano impugna le armi, butta in faccia alla sua amica Ciccio Bello perché «è roba da femmine» e in innocente contraddizione con il se stesso di un momento prima esclude dal gioco la sua migliore amica. L’esclusione è il tradimento, tradimento che permette di vanificare in modo indolore il rapporto di realtà con ciò che è diverso e problematico. Zorro, Tarzan, Sandokan e i vari Kun Fu amano mostrarsi invincibili e perfetti e quando io ero bambina credevo veramente che per Pecos Bill nessun rischio fosse troppo grande ma ora capisco, e spero che lo capisca presto anche mio figlio, che questi eroi monolitici nascondono con le loro imprese una grande sconfitta: gli è mancato il coraggio di tollerare la contraddizione primaria maschio- femmina, diversità e uguaglianza ed hanno avuto paura di chiedere, come ha chiesto Sebastiano: «Ma insomma è meglio essere maschi o è meglio essere femmine?», non hanno saputo correre questo rischio, hanno scavalcato il dubbio e le loro donne sono diventate le loro ombre. Chissà se il mio maschietto, con me che sono un po’ più fortunata di Lady- Marianna e non rinuncio a vivere e non mi lascio abolire, riuscirà a farsi carico di questo fecondo contrasto e a conciliare dentro di sé le due facce della realtà che, mi piaccia o no, gli sono già state presentate come due opposizioni irriducibili.