la presenza assente

gennaio 1981

 

Alcuni dei contenuti femministi sono stati utilizzati dai mezzi di informazione di massa in questi ultimi anni. Quando Mike Bongiorno fa lezione di femminismo.

 

Siamo immerse in un flusso continuo di comunicazioni, ogni momento della nostra giornata riceviamo, più o meno coscientemente, informazioni e messaggi tendenti a formare le nostre opinioni, rivelare i nostri bisogni, indirizzare i nostri acquisti, modificare i nostri comportamenti.

Siamo i nuovi indigeni di una collettività tribale dominata dall’elettricità nel mondo-villaggio di Mac Luahan.

Quello che va di moda a New York si vende contemporaneamente anche a Parigi, Roma, Londra, Hong Kong. Viaggiare non è più sinonimo di conoscenza e scoperta.

La civiltà delle telecomunicazioni ha invaso il mondo, ha imposto i suoi modelli, ha tessuto la sua tela di ragno ovunque producendo profondi cambiamenti e modifiche.

La contemporaneità delle trasmissioni degli stessi messaggi ha annullato le distanze producendo un livellamento culturale, comportamentale e di consumo.

Il flusso delle comunicazioni è solo apparentemente a senso unico, in realtà esiste una profonda interazione tra la massa e i mass-media, tra il mezzo e il messaggio, il tramite e l’oggetto della comunicazione.

Questo rapporto dinamico fa sì che non solo i mass-media formino gli orientamenti, ma che a loro volta vengano influenzati dagli orientamenti prevalenti della società.

In questo senso è interessante vedere come molti dei contenuti femministi siano trapelati attraverso i mezzi di informazione in questi ultimi anni.

Prima con tentativi di esorcizzare attraverso il consumo gli, aspetti maggiormente caricaturali e folkloristici, poi manipolando con più attenzione gli aspetti che realmente incidevano provocando profondi cambiamenti di costume.

Le rubriche di corrispondenza dei femminili sono indice piuttosto interessante. Dalle domande sul galateo e dai consigli su come trattare ’’l’altra”, si è passati ad argomenti come l’aborto, la contraccezione, il lavoro. Le nuove richieste delle lettrici hanno indubbiamente costretto i femminili ad una politica di cambiamento. Oggi sfogliando ’’Amica” o ’’Grazia” si sente un po’ meno la truffa di questi mezzi creati dal business editoriale pubblicitario ad uso e consumo del grande mercato delle donne. Ma questa nuova immagine della donna non è solo limitata ai femminili, ma incomincia ad apparire anche nella stampa rivolta ad un pubblico prevalen- temetne maschile come i quotidiani, e periodici come ’’l’Espresso” o ’’Panorama”, dove per anni la donna è stata relegata solo a livello di cronaca ’’nera” o ’’rosa”.

Dal folklore alla rubrica ’’Femminismo” e, finalmente, dallo spazio-ghetto ha fatto il gran salto nella cultura con ben due servizi (’’L’Espresso” 14 dicembre) sulla professionalità femminile: nella musica, con il titolo ”La flauta magica” e nella fotografia ’’L’altra metà del clic”.

E che dire di Mike Bongiorno che redarguisce una sua concorrente davanti a milioni di telespettatori: « Ahi, Ahi cara signora, le femministe si arrabbieranno, perché sa, essere femministe non vuol certo dire non amare il proprio marito! ». Tutta la nostra solidarietà alla signora che, arrossendo, ha tentato di farfugliare: « No, no certamente non intendevo dire questo ».

Oh Mike, ’’paladino” del femminismo! Finalmente grazie a te potremo riavere la nostra giusta immagine presso il pubblico televisivo italiano…

Dice Umberto Eco nel suo breve e acutissimo scritto ’’Fenomenologia di Mike Bongiorno”:

« In fondo la gaffe nasce sempre da un atto di sincerità non mascherata; quando la sincerità è voluta non si ha gaffe ma sfida e provocazione; la gaffe (in cui Bongiorno eccelle, a detta dei critici e del pubblico) nasce proprio quando si è sinceri per sbaglio e per sconsideratezza. Quanto più è mediocre, l’uomo mediocre è maldestro. Mike Bongiorno lo conforta portando la gaffe a dignità di figura retorica, nell’ambito di una etichetta omologata dall’ente trasmittente e dalla nazione in ascolto ».

Media o estensione del potere

I mass-media sono l’estensione delle ideologie dominanti, ma abbiamo visto come nello stesso tempo ripropongono tutti i contenuti emergenti in un consumo manipolato e manipolante. Si ripete in questo mondo-villaggio il rito tribale dell’esorcismo e della propiziazione attraverso il feticcio-messaggio.

Questa posizione dinamica e interattiva provoca dei cambiamenti anche se a tempi lunghi, anche se i contenuti vengono manipolati e resi funzioanli al potere. 1 mezzi di comunicazione di massa non sono altro in realtà che la cartina di tornasole della reale non presenza delle donne nel politico, nel sociale e nel culturale.

Non fanno altro che riproporre l’immagine stereotipata dei modelli femminili tradizionali, riconducibili a due funzioni: di trasmettitrice di valori culturali legati ad un ruolo passivo e privato e di principale acquirente di beni di consumo.

Infatti, sebbene la donna continui ad avere una limitatissima possibilità di reddito, ha per contro, un ampio potere di acquisto in quanto organizzatrice della vita familiare e quindi responsabile degli acquisti per la casa, la famiglia, i figli e spesso il marito.

Però ultimamente qualcosa stà cambiando anche nella pubblicità dove le modifiche di costume e comportamento vengono puntualmente percepite e riproposte. La donna in alcuni messaggi pubblicitari si è leggermente emancipata, un po’ meno ’’mamma” un po’ menò ’’angelo del focolare”, un po’ meno “donna fatale’; l’uomo appare sempre più spesso in cucina, si insinua che possa addirittura cambiare i pannolini al figlio. Lentamente acquista e divide un ruolo inconsueto, finora esclusivo privilegio femminile, modificando l’immagine tradizionale della divisione dei ruoli, e quindi della coppia e della famiglia.

Ma questi messaggi sono ancora troppo pochi e troppo poco.

D’altra parte non bisogna dimenticare che la pubblicità è molto cauta nel proporre modelli che non siano già stati assimilati dal suo pubblico. Il suo scopo principale è pur sempre quello di cercare il consenso e rispondere alle aspettative per promuovere e ottenere un dato consumo.

L’intelligenza, al sensibilità è una corretta formazione professionale dovrebbero far coincidere le esigenze del cliente e quindi della produzione e del mercato, con il rispetto del consumatore. Purtroppo il più delle volte questo non accade, è il caso dell’annuncio pubblicitario che pubblichiamo nella pagina seguente. E’ un annuncio di sanitari dove tra lavabo, w.c. e bidet appare una donna, naturalmente nuda, in una posa statica e innaturale.

L’annuncio qui in bianco e nero non permette di rilevare un importante particolare: la donna è completamente ricoperta di una vernice uguale al colore dei sanitari.

Il colore e la staticità artificiale del corpo sottolineano maggiormente l’identificazione tra la donna, oggetto tra i sanitari. Lo slogan: « Sculture d’ambiente » è rafforzativo e inequivocabile. Gli oggetti arredo del bagno vengono arricchiti dalla « personalità » della donna, oggetto sicuramente più prezioso, paragonabile ad un’opera d’arte, a una « scultura d’ambiente » per l’appunto, in perfetta simbiosi con i sanitari. Notiamo anzi una svista del creativo che ha curato questa pubblicità: manca un filo scuro, (disegnato magari sui fianchi della donna), che è invece presente come elemento decorativo sui sanitari. O sarebbe stato davvero troppo?

Gli editori hanno il potere di rifiutare la pubblicazione di annunci come questi, lesivi alla dignità del consumatore.

E’ una clausola cautelativa che appare in ogni contratto con le concessionarie pubblicitarie, ma per ovvi interessi clientelar! ed economici, non viene mai rispettata.

D’altra parte possiamo davvero pensare che l’editore di « Panorama » o di « Oggi » o dell’« Espresso » riescano a vedere qualcosa di offensivo per la donna in immagini come queste?

Noi tutte dovremmo impegnarci nel denunciare simili pubblicità, offensive e volgari. Effe pubblicherà questi annunci e li inoltrerà al Giurì e al Comitato di accertamento, organi istituiti dal Codice di Lealtà Pubhlicitaria riconosciuto dalla Confederazione Generale Italiana della Pubblicità.

11 Giurì in questi anni ha vietato, tra gli altri, il manifesto pubblicitario di una marca di jeans con lo slogan ’’Chi mi ama mi segua” stampato sul sedere di una donna in mini shorts; e l’annuncio in cui, per vendere un digestivo, si presentava una mammella tagliata, messa nel piatto come un budino, con lo slogan: ’’Dopo il dolce…”.

Donne e informazione

Le donne hanno spesso pagato in prima persona la logica spietata della ’’notizia”: settanta anni fa Emily Davison si gettò sotto il cavallo del re, nel derby di Epsom, uccidendosi. Fu una delle tante risposte alla   stampa del periodo che ironizzava pesantemente sulle suffragette e al disinteresse del Parlamento.

Sicuramente fù l’azione più tragica e disperata per richiamare l’attenzione dell’opinione pubblica sulle rivendicazioni dell’ ’’Unione politica e sociale delle donne”.

Da allora le donne hanno faticosamente costruito una loro informazione e conquistato nuovi spazi nei mass-media istituzionali. La loro presenza è comunque ancora irrilevante rispetto a quella maschile. Nella stampa le giornaliste sono solo il 10 per cento, alla radio e in televisione le donne hanno prevalentemente funzioni di segreteria e amministrazione, sono pochissime le donne programmatrici, registe, operatrici.

Ma anche se poche, all’interno di queste strutture, le donne hanno lavorato duramente superando enormi ostracismi e difficoltà, si sono rafforzate e sono cresciute, dando la possibilità a molte altre donne di esprimersi e comunicare.

Due trasmissioni sono state particolarmente incisive in questi anni: ’’Noi, voi, loro, donna” curata da Licia Conte alla Radio e ”Si dice donna” nella seconda rete televisiva, curata da Tilde Capomazza. L’importanza sostanziale di queste due trasmissioni è stata quella di portare ad un grosso pubblico una informazione fatta, curata e gestita da sole donne sui temi mai affrontati prima sui mass-media.

E forse ancora più importante è che queste trasmissioni hanno avuto un alto indice di ascolto non solamente femminile.

E’ comunque vero che questi spazi nei mass-media e i nuovi media gestiti dalle donne, aprono problemi non ancora risolti sulla ’’nuova” professionalità, sull’uso dei linguaggi e sull’organizzazione dei messaggi.

Le donne sono state escluse dal sociale per troppo tempo, è difficile parlare in pubblico così come è difficile scrivere pensando che ci sarà qualcun’al tro che legge, dopo.

Per questo tanti interventi alla ràdio o in televisione hanno ritmi lenti e noiosi o viceversa sono deliranti come un volantino.

Oppure molti articoli hanno un linguaggio oscuro, contorto, astratto o sonoappiattiti da un uso banale del linguaggio, svuotati di significato.

Ogni mezzo o mass-media ha sue particolari caratteristiche che esigono un linguaggio comunicativo specifico.

Per esempio un certo linguaggio giornalistico valido per la stampa non è più valido se usato alla radio o in televisione, se sappiamo rivolgerci ad un pubblico prevalentemente di donne che lavorano in casa la mattina, non possiamo fare interventi oscuri e contorti che il più delle volte necessitano anni di ’’duro” collettivo alle spalle per poter essere decodificati nel giusto modo, e qualche volta non bastano neppure…

Quante occasioni perse per crescere e comunicare ad altre donne, quante figure cretine abbiamo fatto pilotate da abili strateghi dell’informazione, quanto abbiamo contribuito a creare un’immagine falsata di noi stesse, della lotta delle donne, dei suoi obiettivi.

Le donne devono appropriarsi delle tecniche della comunicazione, conoscere la potenzialità e le caratteristiche comunicative dei mezzi e l’uso dei linguaggi necessari.

Questo significherebbe da una parte una fruizione attiva e critica dei messaggi, dall’altra la possibilità di poter comunicare meglio attraverso messaggi non deformati e soprattutto non deformanti.

Effe continuerà ad occuparsi con maggiore continuità di questi problemi. Sul prossimo numero pubblicheremo i risultati di una interessante analisi sul Fotoromanzo, misconosciuto e maltrattato mass-media, svolta da Marta Lepore e Elisabetta Gentile.

Abbiamo inoltre un progetto che ormai non possiamo più rinviare perché il rapporto donna e comunicazione è un problema importante da affrontare tutte insieme nella sua globalità. Entro il 1981 organizzeremo un Convegno su questo tema e fin da ora chiediamo a tutte un contributo di idee, e partecipazione.