UN ANTIFEMMINISTA AL MESE

indro montanelli

giugno 1974

«… Che dopo avere tanto frequentato il mondo delle contesse tu abbia optato per quello degli anarchici… non mi stupisce: gli anarchici perlomeno odorano d’uomo, anche se forse un po’ troppo. Sul tuo perbenismo di signorina di buona famiglia, il loro afrore, il loro linguaggio, le loro maniere, debbono sortire effetti afrodisiaci…”.

La paternale di Indro Montanelli a Camilla Cederna, nel marzo del 72, pubblicata sulle pagine del Corriere della Sera, fu una gaffe in qualche modo ormai storica: la giornalista milanese aveva scritto e firmato, si ricorderà, insieme ad altri intellettuali democratici un documento in cui si addebitava agli ideatori ignoti (ieri come oggi) della tecnica terroristica definibile come “strategia della tensione” anche la morte tragica di Giangiacomo Feltrinelli.

Mentre Camilla Cederna veniva, insieme agli altri, denunciata e processata per direttissima, su di lei soltanto, e in quanto donna, si abbatteva lainvettiva del principe, ancora in quel tempo, dei giornalisti italiani, in sella — come si sa — tanto durante il ventennio mussoliniano, che dopo: nessuna femminista si illude sulla lealtà degli operatori culturali italiani maschi (scrittori e giornalisti) quando si confrontano con il problema-donna: i colpi bassi, come continuiamo costantemente a verificare sulle pagine di Effe,, davvero non si contano: eppure l’attacco di Montanelli alla Cederna fu in qualche misura percepito da molti come un sintomo vistoso che l’uomo cominciava ad invecchiare, ed invecchiava male: e non è per caso che soltanto un anno dopo, Montanelli era costretto a dimettersi dal Corriere: se ne andava il campione del giornalismo strapaesano e becero, fatto di lingua sciolta e di nessuna analisi, talvolta perfino scarso di informazioni dirette sull’avvenimento, che purtroppo aveva consacrato una scuola — e quanto diseducativa — nel nostro paese: tant’è vero che gli epigoni di Montanelli, appena e grossolanamente aggiornati (vedi Giorgio Bocca) sono ancora su piazza.

Comunque, da una parte le esigenze di ammodernamento del prodotto-giornale (tra i più arretrati di Europa), dall’altra, dalla parte dei giornalisti, una meno incerta volontà politica di lotta, hanno portato al “rigetto” di Montanelli dal Corriere. Ma la sua vendetta (maledetto toscano) non può tardare: e non tarderà infatti, se il 22 giugno, come da lui annunciato a Play-Boy, uscirà “Il Giornale”.

Prima di parlarne, vogliamo subito rilevare un’altra finezza antifemminista del Nostro: il suo attacco (sempre dalle pagine di Play-Boy) a Giulia Maria Crespi, che, come comproprietaria del Corriere della Sera, ha avuto il torto di essergli per anni generosa “padrona”: anzi, per dirla con Montanelli, “padrona illuminata”. Cosi infatti recita il testo: «… poi Giulia Maria si è messa in testa di fare appunto il padrone illuminato, ma i lumi doveli ha, povera disgraziata? Io non l’ho mai mandata giù: il suo salotto, la sua faccia”. Ora: se è vero, come è vero, che “ogni donna è oppressa ideologicamente e culturalmente” (cfr, Juliet Mitchell, “La condizione della donna”), qualunque ne sia il livello sociale: se è vero che la definizione di “classe”, riferita alle donne, è al centro di un dibattito che è tra i più stimolanti della cultura contemporanea; se è vero, infine, che donne come Rosa Califronia, Cristina di Belgioioso Trivulzio, Guendalina Salletti, tutte appartenenti a famiglie aristocratiche, furono tra le prime e più attive suffragette italiane (e il neo-femminismo non potrebbe non rivalutare le suffragette), non ci sentiamo di permettere ad Indro Montanelli di attaccare, e quanto da destra!, una donna per «il suo salotto, la sua faccia”. Non gli compete. Non può farlo uno il cui cognome viene parafrasato da decenni, affettuosamente, in “Mondanelli”. Non può farlo uno il cui razzismo apparetanto inveterato quanto sfrontato, se arriva a menar vanto oggi, nel 1974, di una guerra di genocidio come è stata quella mussoliniana d’Abissinia. Cfr. Play-Boy, aprile 74: “Ho scritto su quella guerra, che è stata una stupenda avventura… un libretto, ‘ Ventesimo battaglione eritreo ‘, che fu recensito molto benevolmente da Ojetti (parlò di un Kipling italiano!)… Quel libretto lo firmerei anche adesso”. E non può certamente meravigliarci che da un simile razzismo costituzionale sbocci poi l’invettiva e l’aggressione contro la donna che pensa, che quindi perde “la sua femminilità”, come è credenza comune alla maggioranza silenziosa antifemminista, cui l’individualista Montanelli disciplinatamente si affianca: cfr. ibidem: “Ora parlano di femminismo e io il mio punto di vista su quest’argomento ce l’ho chiaro: le donne hanno ragione se chiedono la parità, sbagliano quando professano l’uguaglianza”.

Per finire: che cos’è “Il Giornale»? E’, umilmente, una cooperativa di lavoro: come la nostra di Effe, per intenderci. Solo che Montanelli e i suoi soci hanno messo insieme, per cominciare, nove miliardi. Dice Montanelli a Play-Boy : “Dietro c’è la SPI, cioè una società di pubblicità che mi assicura per tre anni quel numero di miliardi che potrebbe servirmi a coprire eventuali deficit. Dove la SPI prenda il danaro, se da Cefis o da Sindona o dai politici… non mi interessa”. Chiaro?