governo vecchio: una proposta

Alcune studentesse della facoltà di architettura di Roma ci hanno inviato un progetto di ristrutturazione e utilizzazione degli spazi della Casa delle donne di Roma. Pubblichiamo la loro proposta e alcuni disegni.

maggio 1980

L’idea di questo lavoro è venuta in un’assemblea di due anni fa al Governo Vecchio. Pioveva, eravamo in tante emigrando da una stanza all’altra alla ricerca di uno spazio che ci potesse contenere tutte. Dopo vari tentativi ci siamo dovute dividere: al Governo Vecchio c’era solo un cortile immenso, inutilizzato perché allagato dalla pioggia. Ci siamo guardate e abbiamo avuto la stessa idea: perché non coprirlo? Ma al palazzo non mancava solo quello.
E noi, compagne di architettura, che finora non abbiamo mai lavorato su progetti che ci riguardassero direttamente, abbiamo cominciato a lavorarci su. Con entusiasmo, armate di metro, aste e palloncini iniziamo i rilievi. Giriamo il palazzo scoprendolo a poco a poco.
Una scaletta a chiocciola: la scendiamo e siamo nell’ammezzato tutto buio, pieno di scritte d’amore e di disperazione. Scaliamo la torre ed è uno spettacolo di luce e di tetti. Di tetto in tetto si può arrivare imo a Piazza Navona! Continuiamo a fare i rilievi, ogni stanza ci appare diversa e particolare, anche se vuota si sente ancora la presenza delle donne che ci hanno vissuto. La stanza del mimo e della danza con le compagne che ci domandano se la trave regge; quella delle Rospe nere prorompente di colori e la “bruca”; l’altra nera del teatro; la stanza con le crociere, così lunga, forse un antico loggiato; quella del Quotidiano Donna dipinta con i fenicotteri; le soffitte con i calcinacci e la stufa di maioliche dipinte; Radio Lilith.
In questi due anni vediamo continuamente cambiare l’aspetto delle stanze e delle persone che le occupano, alcune vengono abbandonate perché troppo umide, altre utilizzate a tutti i costi con la tenacia e la volontà di creare, un ambiente piacevole nonostante il freddo e l’umidità. Ci spinge a continuare l’idea che non solo alcune ma tutte le stanze del Governo Vecchio potrebbero essere abitate e piene di vita. Abbiamo così cominciato, noi sette, a trasformare il nostro entusiasmo in lavoro concreto.
Urgente è il consolidamento delle travi e il rifacimento del tetto; questo renderebbe anche possibile l’utilizzo del sottotetto. Qui abbiamo pensato di ricavare un “centro contro la violenza”: una serie di piccoli alloggi raccolti intorno ad un grande spazio comune. Collochiamo poi nel cortile, sotto il porticato, le botteghe per l’esposizione e la vendita di libri e di oggetti di artigianato. Tutto il cortile è coperto da un telone mobile trasparente: è il luogo adatto per le assemblee più numerose.
Comunque, nonostante i contributi avuti da alcune donne che via via abbiamo incontrato in questi due anni, il nostro è stato un lavoro isolato, come del resto sono isolate e discontinue, molte iniziative delle donne all’interno del Governo Vecchio. Noi non vogliamo che la nostra esperienza resti un fatto episodico. Occorre:
far conoscere a tutte le donne la gravità del problema del consolidamento del palazzo e la necessità di una immediata mobilitazione;
dare il via ad una campagna di sottoscrizione che permetta di far funzionare tutte le attività già esistenti e far nascere le nuove di cui abbiamo bisogno.
Chiediamo a tutte le donne di partecipare con proprie idee e proposte.
Breve storia del governo vecchio
Il palazzo è stato costruito dal cardinale Stefano Nardini dì Forlì, venuto a Roma sotto il pontificato di Nicolò V. Ordinato cardinale nell’estate del 1473, decise la costruzione dell’edificio per celebrare la sua nomina. La grandiosa dimora divenne uno dei palazzi più notevoli della Roma del tempo.
Sotto il successore di Nicolò, Sisto IV, vengono aperte o ingrandite nuove strade: tra queste Via Papalis, oggi del Governo Vecchio, che assunse una certa importanza perché divenne il percorso delle processioni che dal Vaticano si recavano a S. Giovanni in Laterano (allora non esisteva ancora Corso Vittorio Emanuele).
Quando il palazzo venne terminato, nel 1480, Nardini lo donò alla compagnia dell’ Ospedale del Salvatore ad Sancta Sanctorum, presso il Laterano. Dall’atto di donazione risulta che il palazzo viene ceduto alla Pia congregazione “cum omnibus continentibus, et cum tribus introiti bus a tri bus vìis et cum omnibus aulis turribus penu, cameris, anticameris et aliis membris”.
L’edificio aveva dunque una struttura molto più complessa di quella che possiamo vedere oggi: gli ambienti affacciavano su tre corti interne la più larga delle quali è quella quadrangolare con il portico su tre lati, cui si accede da Via del Governo Vecchio. Delle tre torri, menzionate nel lascito, oggi ne sono visibili solo due: la grande torre che si eleva nell’angolo nordovest della prima corte, costruita a pianta rettangolare del XV secolo e quella merlata.
probabilmente di epoca medioevale, successivamente incorporata nel palazzo. La terza torre potrebbe essere la costruzione in mattoni situata all’angolo del cortile principale.
Accanto alle due torri sorgeva l’ala iniziale, che doveva essere l’appartamento vero e proprio del cardinale: ogni piano consiste di tre grandi ambienti, più un quarto contenuto nella torre dai muri perimetrali di spessore più consistente; i soffitti sono i più alti dell’intero palazzo; al primo piano un sontuoso camino marmoreo arreda un grande salone.
Quest’ala si affaccia sul cortile quadrangolare con un’elegante loggia su tre piani, con tre arcate su ciascun piano, la più antica rispetto ai loggiati delle altre facciate (sull’architrave di una porta è incisa la data 1474). La regolarità e la grandiosità di questi spazi indica la coesistenza di una nuova architettura, imponente e celebrativa, accanto alla vecchia tradizione trecentesca del palazzo fortezza.
L’edificio presenta due fasi di costruzione, dovute molto probabilmente sia al modificarsi delle esigenze all’interno del complesso stesso sia ai cambiamenti urbani voluti dal Sisto IV.
Le due ali che collegano la parte più antica alla nuova su Via del Governo Vecchio sono molto diverse l’una dall’altra; la prima era un semplice passaggio (un loggiato a sei arcate e un lungo ambiente suddiviso in piccole stanze comunicanti) e l’altra una modesta costruzione a pianta irregolare, formata da spazi a volte angusti, affacciati su cortiletti sicuramente dovuti a preesistenti costruzioni medioevali.
La parte che si apre sul Governo Vecchio è dell’ultima fase della costruzione: la disposizione degli ambienti è stata cambiata nel corso dei secoli e sono scomparse le arcate sul cortile. Anche la facciata è stata alterata nel XVI secolo e nei secoli successivi; soltanto i negozi, menzionati nella donazione, conservano l’aspetto originario.
Da parte nostra avremmo pensato, come prima cosa, di organizzare una mostra, più o meno dopo il periodo estivo. Non vorremmo limitarci ad esporre i rilievi, le foto, il progetto di ristrutturazione, frutto del nostro lavoro; ci piacerebbe che questo materiale fosse integrato da testimonianze e contributi dei collettivi e delle donne che nel Governo Vecchio hanno vissuto e lavorato. Soprattutto ci pare importante che le donne indichino in maniera concreta le loro esigenze riguardo alla trasformazione del palazzo. A questo scopo pensiamo di distribuire a tutti i gruppi che operano al Governo Vecchio piantine dettagliate dell’edificio, in modo che ogni collettivo possa fornirci suggerimenti precisi.