noi e l’aborto
La scadenza dei referendum sull’aborto di maggio, ha ulteriormente reso consapevoli molte di noi della condizione schizoide in cui, oggi .nell’aprile 1981, siamo costrette a vivere. Come donne visceralmente interessate -e politicamente impegnate nel decifrare il tortuoso percorso che dovrebbe portare alla nostra ed altrui liberazione, negli ultimi anni abbiamo con sofferenza ma finalmente anche con gioia e vitalità affrontato i molteplici nodi che le analisi e le lotte politiche degli anni scorsi avevano fatto affiorare nel movimento ed in ognuna di noi.
A seconda della nostra età, del nostro passato, della nostra esperienza di singola, doppia, tripla o non militanza, e delle nostre particolari aspirazioni, seguendo però un filo comune “del tentare di capire che cosa ci opprime come agire per rimuovere gli ostacoli sociali, interpersonali e personalissimi che impediscono a noi e alle altre donne di sentirsi “persone vive e complete” abbiano cercato strade diverse. Alcune di noi hanno affrontato di petto partiti e sindacati; impegnandovisi in modo diverso. Altre hanno lottato sul proprio posto di lavoro. Alcune donne hanno scelto di creare una cultura separata, producendo film, programmi radiotelevisivi, inventando giornali, riviste, centri studi, ecc. Altre ancora si sono preoccupate di aumentare le nostre conoscenze nelle aree trascurate dal sapere maschile, facendo indagini sulla contraccezione, l’aborto, la menopausa, la gravidanza. Parecchie donne poi hanno cercato di riscoprire il passato delle donne, andando a ripescare con paziente tenerezza le nostre dimenticate sorelle pittrici, scultrici, attrici, scrittrici e registe ma anche semplicemente ricostruendo le storie delle milioni di innominate che hanno partorito, accudito, nutrito “altri” per tutte le loro poco apprezzate esistenze. Altre di noi, hanno creato consultori, si sono occupate della riappropriazione della nostra salute, del nostro corpo, elaborando metodi nuovi come l’autovisita.
Su altri versanti, altre di noi hanno cercato di capire che senso aveva il separatismo nel privato, come e in ohe misura era possibile riprendere un dialogo con l’uomo, specie con quelli che ci girano per casa, e hanno messo le loro energie, spesso invano, nel tentativo di costruire rapporti più paritari, di creare quell’amore tra uguali a cui quasi tutte aspiriamo. Altre hanno ancora più coraggiosamente forse sviscerato, e vissuto, l’amore tra donne andando al di là delle paure e delle mitizzazioni. Altre ancora hanno osato sprofondarsi nel magma del rapporto madre-figlia (rapporto con la nostra madre particolare e la grande madre mitica, rapporto con il nostro essere madre e i nostri figli maschi e femmine) tentando anche qui di creare rapporti diversi tra madri e figlie, di allevare bambini il meno possibile violentati dalle norme millenarie dei ruoli.
Alcune altre donne in lunghi, pazienti lavori di analisi personale e collettiva si sono permesse di risentire le contraddizioni tra il maschile ed il femminile ohe c’è in ognuna di noi, tra l’individuale e il sociale, di affrontare le spinte contraddittorie che albergano nei nostri consci ed inconsci individuali e collettivi. Insomma se ci riflettiamo, vediamo che in questi anni è stato fatto e si sta facendo un enorme lavoro, in tante direzioni, i cui risultati non sono ancora definiti, non ancora fruibili. Si tratta però d’un processo vitale, come se migliaia di energie per strade apparentemente divergenti ma in realtà confluenti stessero affrontando nell’unico modo possibile (cioè con una molteplicità di metodologie) l’intricatissimo e complesso problema della nostra condizione di donna.
E ora nel maggio di questo stesso 1981, ci tocca invece ritornare indietro, abbandonare quello studio, quel particolare progetto che oggi ci appassiona, per occuparci d’un “diritto” d’aborto, per il quale aveva avuto un senso batterci nel ’70-75, ma che già quando è passata una legge solo parzialmente buona e da modificare in vari punti, era per molte di noi un tema non più pregnante.
Eppure rischiamo a maggio di perdere anche questa misera “petite” conquista dato che nel frattempo mentre noi siamo andate avanti nelle nostre elaborazioni e singole azioni, la società italiana si è involuta, è cambiata in senso moderato. Insomma è chiaro che soffia ormai un altro vento.
Noi non possiamo né farci violentare da tempi politici non nostri e smettere l’incessante e importante lavoro che ora ci tiene vitalmente impegnate, né d’altronde far finta che Inesistente non ci sia e ignorare la ben triste realtà che ci troviamo di fronte. La soluzione parziale che alcune di noi hanno trovato è quella di prenderci un attimo di tregua, di sospendere, data l’emergenza reale, il lavoro intrapreso, e dedicare le nostre energie alla battaglia per il no. Noi di Effe abbiamo preso la posizione del doppio no. In realtà per quanto riguarda il referendum radicale posso capire anche le compagne che sono perplesse, ma vorrei far notare due cose. Se vincesse il referendum radicale, cosa d’altronde improbabile; poter praticare l’aborto nelle strutture pubbliche e private, significherebbe che i cucchiai d’oro continuerebbero ad arricchirsi legalmente sul nostro dolore, a comprarsi panfili sulle nostre pance. Non solo, ma le donne più povere solamente finirebbero per abortire negli ospedali pubblici e subirebbero un trattamento ancora peggiore dell’attuale. Ora che donne impegnate, consce dei loro diritti vanno ad abortire negli ospedali pubblici, esse riescono a far rispettare per sé e per le altre, alcuni elementari diritti, perché i medici e gli infermieri per le solite ragioni di classe le temono. Il giorno che solo le donne meno scolarizzate, più ignare dei loro diritti finissero per abortire nei luoghi pubblici si avrebbe di nuovo nel migliore dei casi un aborto di classe. Inoltre, e mi sembra nessuno abbia sottolineato questo aspetto: finché l’aborto è fatto in strutture pubbliche è finalmente possibile fare della ricerca seria su un problema che riguarda migliaia di donne, studiare quali siano veramente le percentuali di complicazioni, come possono essere evitate ecc. Ricordiamoci che fino all’applicazione della 194 arrivavano in ospedale le donne che avevano già avuto complicazioni da aborti eseguiti altrove, o che era impossibile fare ricerche sull’aborto perché le cliniche che li facevano clandestinamente li facevano passare per appendiciti od altre operazioni. Soprattutto era impossibile fare ricerche a lungo termine sulle conseguenze psicologiche dell’aborto. Per anni, ci hanno spaventato per “il dolore del parto” e poi studiando abbiamo scoperto che si può partorire certamente con più consapevolezza e meno dolore. Parimenti, esperti di parte, hanno spaventato intere -generazioni di donne sui “traumi psicologici” dell’aborto.
Dalle prime ricerche fatte emerge che per alcune donne, nubili, molto praticanti, con un cattivo rapporto con la madre l’aborto può portare effettivamente a sconforti psichici seri, ma questo non è assolutamente vero per tutte le donne. Occorre fare molte più indagini per capire quali fattori incidono nel rendere l’aborto .psicologicamente un’esperienza meno penosa. Se si riprivatizzasse tutto, queste indagini diventerebbero di nuovo molto ardue da eseguire, perché le strutture private probabilmente negherebbero i dati necessari. Per questi motivi mi sembra importante dire no anche al referendum radicale. Dell’altro no fra noi non è neanche caso di discutere. Occorre caso mai convincere qualche amica, conoscente che sostiene che lei non abortirebbe mai, che la legge offre il diritto di farlo a chi sente di non poterne fare a meno. Insomma ci tocca in questo periodo, purtroppo, deviare parte delle nostre energie dalle cose che ci interessano veramente, per occuparci di qualcosa di “vecchio”. Ma questa è l’Italia in cui viviamo, non possiamo far finta di non vedere, non sentire, non possiamo non agire altrimenti saremo ancora una volta meno libere e più oppresse (d.f.).
1. Per chi vuole avere più notizie su queste ricerche cf.re AA. Personalità e questione femminile, Bulzoni, 1979 Roma. Francesco D. Prezza M. “Le condizioni della sessualità femminile” Maternità, aborto consultorio, De Donato, 1979, Kellerhais Y. – Pasinico. “Perché l’aborto”. Mondadori 1977.