Problema donna
Nel rapportarsi contemporaneamente a se stesse e al mondo le donne costruiscono una scienza della contraddizione una scienza che noi definiamo qualitativa dal momento che la scienza quantitativa è invece caratterizzata dai principio della non contraddizione.
In ambiti più strutturalmente maschilizzanti, più frequenti è la sostituzione del sesso femminile con uccello o pesce, animali meno terrifici e più facilmente commutabili in simboli di ascesi.
L’animale è qui segno di movimento e inafferrabilità, di trasgressione e diversità, quindi di inferiorizzazione sessuale, ma anche di aggressività divorante e mortifera. La minaccia che l’ “altro” rappresenta si concretizza nell’incubo dell’ antropofagia e del vampirismo femminile. Il “complesso di Giona” ha tutte le caratteristiche del “risucchio”, timore patologico individuato da Laing: “essere capiti significa essere risucchiati, circondati, inghiottiti, annegati, mangiati, soffocati dall’abbraccio della presunta comprensione dell’altra persona”.
L’alterità femminile è percepita come regressione notturna, viaggio nella grande immagine materna, ora marina, ora tellurica.
Donna — Terra — Mostro — Morte
Il terrore della vagina dentata si riflette ed è riflesso nel mito della balena di Giona, analoga alla Pistrix di cui parlano Plinio e Virgilio, immagine fedele del Leviatano, il mostro infernale marino.
L’animale, “residuo morto e stereotipo dell’attenzione al movimento vitale”, diventa allegoria di peccato: donna e animale sono chiusi nello stesso cerchio dì sinonimi la cui principale funzione è dare identità all’uomo.
“L’idea dell’uomo nella storia europea trova espressione nella distinzione dall’animale. Con l’immoralità dell’animale si dimostra la dignità dell’uomo. Questa antitesi è stata predicata con tale costanza e umanità da tutti gli antenati del pensiero borghese — antichi ebrei, stoici e padri della chiesa — e poi attraverso il Medioevo e l’età Moderna, che appartiene ormai, come poche altre idee, al fondo inalienabile dell’antropologia occidentale. Si può affermare che essa trae origine, specie nei padri della chiesa, dall’associazione delle bestie ai moti irrazionali dell’anima e quindi dall’idea che il loro esorcismo e dominio… rappresenti il compito per eccellenza dell’uomo”.
La convinzione junghiana che l’uccello, il serpente, il pesce fossero per gli antichi simboli fallici va rivista: proprio questi animali sono usati in sostituzione dell’organo genitale femminile.
Se usati a significare il fallo, è certo che altri elementi di accompagnamento ne modificheranno il carattere notturno, contestualizzandoli all’interno di un regime diurno che, invertendone ulteriormente il senso, li porta ad emblematizzare la somma spiritualizzazione.
“Nell’antico simbolismo degli animali, e non solo entro i limiti dell’occidente cristiano, coesistono due punti di vista diversi, in apparenza contraddittori; secondo il primo, gli animali, creature inferiori all’uomo e a lui soggette (e tra queste, aggiungiamo noi, la donna), si delineano come una rappresentazione dei vizi e degli atti peccaminosi cui l’uomo deve rifuggire se vuole elevarsi dalla “bestialitade”…; secondo l’altro sono invece gli esseri più aderenti alla norma naturale che governa il cosmo,.. In non pochi casi la “natura” è stata adattata alle esigenze dell’applicazione allegorica e quindi notevolmente modificata”.
La sirenomalia mitica che, fondendo l’immagine della donna a quella dell’animale, ottiene il duplice scopo di cancellarne il sesso e di crearne un emblema di diversità, è uno di questi adattamenti alle esigenze del maschio.