le muse vittoriane
“i gentlemen parlano. I gentlemen giudicano. La donna tace. E musa. Non crea, ispira!”
«candida» la pelle, «pallido» il viso, «tristi» e «pensosi» gli occhi, i lineamenti «finissimi», l’aria «melanconica», l’aspetto tutto «morbido» e «languido”.
Lizzie (Elisabeth Siddal) era la modella preferita dei Preraffaelliti: Dante Gabriele Rossetti, poeta oltre” che pittore, fondatore della confraternita artistica, William Homan Hunt, Edward Burne Jones, John Everett Millais, le cui tele, oggi, sulla scia dell’amore per il Liberty, sono tornate prepotentemente di moda. A Londra, a Parigi.
Una produzione, per anni, dimenticata, con l’etichetta «Kitsch sublime» che, in questi tempi di rispolveramento, torna a far mostra di sé nelle gallerie. Dipingono Ofelie e Beatrici floreali, creature febbrili, donne lunari che sanno di «terrore», di «morte», di «piaceri» or ora consumati, i preraffaelliti. Opere che sprigionano una sensualità morbosa fatta di «turbamenti», «estasi», «tormenti», perchè i «sensi» vivono un disperato connubio «con la spiritualità”. Il «diafano» aspetto di Lizzie, da bella «sonnambula”, segno della tisi che dentro rodeva, era agli occhi di quegli esteti vittoriani motivo di forte fascino. Romantica e tanto spirituale malattia dell’800, la tisi!
Carica di mistero l’eroine letterarie, vedi le donne consunte dell’americano, amante del demoniaco, Edgar Allan Poe; purifica le «perdute», vedi le varie «dames aux camelias”.
L’Inghilterra vittoriana non permetteva alla «carne» di emergere. La struttura della società era rigida, il potere politico tanto, tanto il denaro, tanto il prestigio morale da salvaguardare. La regina era virtuosissima, aveva coperto le gambe ai tavolini, Cupido, nei bigliettini di auguri, indossava la sottana, severo ed integerrimo il suo popolo.
Le dame si occupano di beneficienza, gli uomini vanno al circolo, alle fanciulle si impone la castità e si insegna il bel canto, ai ragazzi il coraggio e a tutto il Paese il vanto per le conquiste. Alle coppie si raccomanda di sembrare unite.
Contano le carte, i cavalli, le belle donne. Carte, cavalli e belle donne costituiscono… la minaccia!
La signora ha scoperto suo marito a letto con il cameriere? Al bando la Lady: una donna perbene non sa che simili cose esistono. E scavando sotto quella corteccia, voluta integra, c’è un mondo borghese affaccendato nei suoi scandaletti, civettuolo, folle.
Asterie Seriaca di Dante Gabriele Rossetti, 1877
La modella è Jane Burden
La chiamano: Giglio. Lily (Lily Langtry) ha il «profilo greco», la carnagione «trasparente», i capelli «d’oro», che tanto piacciono ai vittoriani. È un’altra delle, tante, principesse «d’avorio» immortalate dall’arte. Velocemente la sua fama si diffonde. L’arciduca Rodolfo parte da Vienna per incontrarla; il principe di Galles fa pazzie per lei; il duca di Albany ne appende il ritratto in camera, la regina Vittoria sua madre glielo sequestra. Il duca Wilfrid Scawen Blunt le dona un cavallo e scrive: «i gigli possono essere molto noiosi quando non sono in un’aiuola». In inglese bed, oltre che aiuola, significa letto! Di pigmalioni in giro ce ne sono tanti, sono tutti in cerca della «donna-bambina». Da foggiare. Da vezzeggiare, da adulare: giocattolo bello!
Il critico Ruskin che predica l’idealismo sociale è pazzo di Rose Latouche, l’ha conosciuta per via delle lezioni di disegno: lui ha 39 anni, lei solo 9. «Oh regine, oh regine — declama rivolto al gentil sesso — la forza maschile si inchina e sempre si inchinerà di fronte alla corona di mirto e allo scettro immacolato della femminilità».
Il romanziere delle virtù familiari, il severo sostenitore della moralità, lo scrittore sentimentale del Racconto di Natale Charles Dickens a 50 anni, capelli tinti, 10 figli, si infatua. Di chi? Miss Ellen Ternan. Diciottenne. «Amo i bambini eccetto maschi”. Il diacono Charles Lutwidge Dodgson mette in posa, per fotografarle, bimbette nude, alla preferita dona il capolavoro del «non-sense” : Alice nel paese delle meraviglie. Quando Alice si sposa le ricorda: «Ho avuto tante amichette dai tuoi tempi ma non sono mai state la stessa cosa». Il diacono è timido ed ha la balbuzie, per incanto, questa, scompare quando incontra una bella bambina. Pubblica a 40 anni il suo primo romanzo Mary Ann Evans, si firma: George Eliot. Violet Paget usa lo pseudonimo maschile Vernon Lee e scrive. A 25 anni ha già pubblicato due saggi. Ha una varietà di interessi e una corte… di fanciulle vestite da paggi.
Stupiscono che meravigliosi cervelli alberghino in vesti femminili! Oscar Wilde cerca di conquistare Londra con giochi eruditi e perversi. Ha voluto sposare Constance, dagli occhi «del colore delle violette», moglie «devota» tanto da annullarsi. Quando comincia a girare, per le vie di Soho, con il garofano verde all’occhiello, in compagnia di giovanottelli dall’aria «torbida», gli chiedono: «perchè l’hai sposata?». Una volta risponde che trova «conturbante» il suo silenzio. John, Stuart Mill parla di emancipazione, ma chi lo sente?
Impazza il culto della Bellezza. Il giglio e la rosa sono i simboli del gusto del tempo. Il pavone è l’animale più amato. Per contrasto alla rigida struttura sociale, il vittoriano «ribelle» rincorre cosi le vie dell’immaginario e dell’immaginabile.
Questo quadro rappresenta Ofelia annegata, la modella è Eleanor Seddal- Dipinto del preraffaellita John Everett
Insegue la Bellezza, cerca l’emozione. In giardino, l’eccentrico, ha animali esotici, in salotto una collezione di porcellane azzurre, più un’infinità di oggetti bizzarri e … per moglie una donna come Lizzie. Mesti sorrisi, lunghi silenzi. Una «tenera» comparsa. Trasparente come nei quadri di cui era modella ideale. Si chiama per esempio Dante Gabriele Rossetti. È inquieto, è tormentato, ha le crisi nervose e le allucinazioni, si lascia piacevolmente intontire dall’alcool, stordire dal laudano. Il Pater familias inorridisce, il critico tuona: «i suoi versi sanno di rosa malsana». Celebra in poesia e sulla tela la donna-angelo, dai biondi capelli «morbidi», dalla bocca «simile ad un bocciolo», dall’aria «delicata e sofferente». Poi incontra Janey (Jane Burden) celebra allora in poesia e sulla tela la «donna-vampiro». È la moglie dell’amico William Morris, decoratore, che è contro la civiltà industriale, del brutto, così aveva fondato un laboratorio artigianale di cose «belle».
Janey ha i lineamenti «forti» le sopracciglia «folte», il viso «duro», la bocca «carnosa», una cascata di capelli «corvini», un «lungo collo» «da cigno», ‘aspetto «zingaresco», un «non so che di mascolino». Anticipa l’immagine di donna cantata dai decadenti: ardente e crudele più «squisita» se «esecrabile». ” fascino angelico di Lizzie scompare sotto la prepotente corposità di Janey. La dipinge con un vestito blu davanti ad un mezzo di rose, in vesti medioevali, tessute a mano, perfette, disposte sul corpo con cura feticistica, poi, travolto da quell’ amore proibitissimo, la identifica con le grandi adultere del passato: è Pia de’Tolomei, è Ginevra. Con le peccaminose, le tentatrici. È Pandora. È Lilith. «Lilith il tuo fascino è penetrato in lui ed ha piegato il suo rigido collo e ha circondato il suo cuore con un capello d’oro che lo incatena”.
Hanno detto «i dotti» di lei: «frigida»- «mediocre»- l’unica cosa di valore che sapeva fare era la marmellata di cotogne. Dell’altra: «una sciocca». I gentlemen parlano. I gentlemen giudicano. La donna tace. È Musa. Non crea, ispira!
Quando Lizzie muore, una fiala di laudano lasciata vuota sul comodino indicò come, lui sotterra, accanto al corpo, i tanti versi che le aveva dedicato. Un atto sacrilego che fece scalpore! Lizzie aveva scritto poesie, aveva dipinto, ma, di lei, nei libri, si parla solo in riferimento a lui e a quell’amore per il notevole posto che occupa fra quelli strambi. Qualcuno ha detto che superò il maestro. Talmente sottovoce, chi l’ha udito?
Quando posò, per il pittore Millais, vestita, in una vasca da bagno, colma d’acqua per meglio rappresentare Ofelia annegata, (tinto di macabra necrofilia è il fascino dell’eroina Ofelia, bellezza’ triste ed ambigua, soprattutto per i romantici esasperati, e per un tipo come il Delacroix che sognava di trattare la donna come «un fiore sotto al piede”) non disse nulla quando l’acqua riscaldata, dalle lampade, gelò. Se ne stette zitta zitta lasciandosi intirizzire sino alla fine della seduta. Il tutto in nome di un’arte di cui fu «meraviglioso” oggetto.