un compleanno di lotta
quattro anni fa, nel novembre del ’73, usciva in edicola il primo numero di Effe, a un anno dal numero zero.
Nell’editoriale scrivevamo di voler parlare, testimoniare, pensare, lottare in proprio e che cercavamo di dare la parola alle donne sulla «questione femminile», Nel febbraio de ’75 iniziavamo l’autogestione e scrivevamo di volerci porre come punto di riferimento per tutto il movimento femminista che nel frattempo si era esteso enormemente.
In questi anni Effe ha attraversato a varie riprese crisi economiche e politiche. Le prime sono sempre state risolte grazie ai contributi delle nostre lettrici. Le crisi politiche al nostro interno, legate però sempre a quelle del movimento, sono state più difficili da risolvere e a volte si sono concluse con profonde lacerazioni e molte amarezze. Il processo di liberazione non è facile e non è facile cercare di fare un giornale diverso che segua l’evoluzione del movimento. In questo periodo si parla molto di crisi del femminismo, di ritorno alla famiglia, ai figli e alle marmellate, insomma di «streghe stremate». Da parte nostra pensiamo che non si tratti di crisi, ma di un — diremmo normale — momento di ripensamento e di riflessione, né il primo né l’ultimo che il movimento ha attraversato e continuerà ad attraversare, perchè strettamente legato alla crescita del movimento stesso e alla diffusione del bisogno di liberazione. Questo allargarsi del movimento a fasce sempre più vaste ed eterogenee di donne pone senz’altro nuovi problemi e nuovi temi da affrontare e risolvere (confronto con le. istituzioni, rapporto con altri movimenti, ecc.): in questo, secondo noi, consiste l’impasse.
In quest’ultimo mese ne abbiamo discusso molto e per noi di Effe la «crisi» significa che dobbiamo e vogliamo lavorare in un altro modo, per essere maggiormente incisive, per diventare uno strumento in più per capire e cambiare la realtà, per unire ancora altre donne.
L’esigenza che ci sembra immediatamente sentita dal movimento ora è quella di una organizzazione (per quanto diversa da quella tradizionale e ancora tutta da inventare) e di un momento di coordinamento, di aggregazione intorno a progetti operativi. Stiamo quindi affrontando anche noi una fase di ristrutturazione a vari livelli, per rispondere — per quanto possiamo — a questi bisogni. Uno degli obiettivi fondamentali che ci diamo è quello di non riflettere unicamente la realtà romana — come spesso è avvenuto in questi anni —. Pensiamo perciò alla creazione di «gruppi Effe» in varie città d’Italia che collaborino alla elaborazione e al cambiamento del giornale. Vogliamo, organizzare incontri, dibattiti, convegni sui temi che il movimento indicherà, ponendoci concretamente come una struttura al servizio delle donne in lotta. Lo sviluppo e la possibilità di successo delle nostre iniziative dipendono anche dal vostro contributo e sostegno, oltre che dalla possibilità di smaltire il carico di lavoro e di impegni che questo comporterà per le compagne che lavorano al giornale. Il volontariato ha dei grossi limiti — a volte diventa addirittura un’impaccio — già fare un mensile autogestito e completamente autonomo richiede un enorme dispendio di energia e di tempo. Perciò alcune di noi hanno fatto una scelta di lavoro a tempo pieno a Effe e sono pagate con uno stipendio politico. Inoltre dal mese di giugno abbiamo cominciato a retribuire le collaborazioni e per noi questo è già un grosso successo, perché non significa essere diventate industria, ma ringraziare e riconoscere anche con una piccola somma di denaro le compagne che ci aiutano e si impegnano per noi. Nel festeggiare il, 4° compleanno di Effe ribadiamo una volta ancora che siamo completamente autonome anche dal punto di vista finanziario. Effe è vissuto e continua a vivere solo grazie alle vendite e agli abbonamenti, che sono aumentati permettendoci di tener fede al nostro impegno di non accettare più pubblicità (tranne di libri) qualora non fosse necessario alla sopravvivenza del giornale.
A costo di essere ripetitive, chiediamo a chi ci legge di continuare a sostenerci, di abbonarsi, di scriverci, di mandarci le critiche, affinchè si possa continuare a crescere insieme.