il diaframma: ha 80 anni ma non li dimostra
Di contraccezione apparentemente si parla ovunque sui giornali. In realtà le strutture mediche sono tali e quali a due anni fa, quando la Corte Costituzionale abolì il famigerato articolo 553 fascista del codice penale. Al Senato e alla Camera vi sono due progetti di legge nel cassetto, e i metodi contraccettivi rimangono gli stessi utilizzati dai nostri nonni : preservativo coitus interruptus (perfino l’on. Piccoli, DC, vi si riferì parlando del dialogo fra DC e liberali nel precedente governo), pessario, qualche timida pillola.
E quando finisce un amore…
«Poi c’era il problema dell’armamentario. La ragazza nubile che viveva con la famiglia aveva bisogno di un luogo dove tenere il suo pessario e l’irrigatore, e dove sua madre non potesse trovarli, mettendo in ordine i cassetti del comò. Ciò significava che l’uomo, a meno che non fosse sposato, doveva tenerli lui, nel cassetto del comò o nel bagno. La custodia di questi oggetti… assumeva il carattere di un impegno sacro. Se il custode era un uomo dotato di un minimo di sensibilità, quegli oggetti escludevano le visite nell’appartamento di altre donne perché queste potevano aprire i cassetti o rovistare nell’armadietto delle medicine e magari sentirsi esse medesime in diritto di usare l’irrigatore consacrato a «Lei».
La situazione non cambiava se si trattava di una donna sposata e la relazione era seria: l’interessata comprava un altro pessario e un altro irrigatore, che teneva nell’appartamento dell’amante dove esercitavano un’azione di freno nel caso che a lui venisse la tentazione di tradirla. L’uomo responsabile di tale importante armamentario era vincolato, per così dire, come un impiegato di banca, diceva Harald, quando si sviava con un’altra donna, era probabile che lo facesse a casa di lei, in una stanza di albergo o addirittura in un tassì: in un luogo, cioè, non consacrato dai sacri mementi. Allo stesso modo, una donna sposata testimoniava la propria devozione all’amante affidando alle sue cure il nuovo pessario; solo una donna sposata di sensibilità molto grossolana avrebbe usato lo stesso pessario col marito e con l’amante».
«Inoltre, citò Kay, il possesso di un pessario e di un irrigatore costituiva un serio problema quando una relazione andava a monte. Che doveva farsene un uomo di quei ‘ relitti igienici ‘ quando lui o la donna si stancavano? Non si potevano restituire per posta come le lettere di amore o un anello di fidanzamento, anche se correva voce, a detta di Harald, che qualche rozzo giovanotto l’avesse fatto; d’altro canto, non si poteva mettere nel cestino della carta straccia dove li avrebbe trovati il portiere o l’affitta-
camere; a bruciarli nel caminetto, avrebbe mandato un puzzo orribile, e serbarli per un’altra donna era inconcepibile, dati i nostri pregiudizi borghesi. Si poteva portarli, racchiusi in un sacchetto di carta, in un pubblico cestino dei rifiuti, a notte fonda, oppure buttarli nel fiume, ma certi amici di Harald che lo avevano fatto erano stati addirittura fermati dalla polizia. Probabilmente perché si comportavano in un modo troppo furtivo. Cercare di liberarsi del pessario di una donna e della peretta irrigatrice, il corpo del reato di una relazione amorosa, era tale e quale che cercare di liberarsi di un cadavere, secondo l’espressione di Harald».
«Prova di nuovo Dorothy»
«A Dottie, l’esame pelvico e l’introduzione del pessario non diedero alcun fastidio. Il brutto venne quando le insegnarono a inserirsi il pessario da sola. Pur essendo di solito sciolta di mano e ben coordinata nei movimenti, si sentì improvvisamente presa dal panico sotto gli sguardi scrutatori della dottoressa e dell’infermiera, così penetranti e impersonali, come il guanto ginecologico. Mentre cercava di ripiegare il pessario, quel coso scivoloso, tutto coperto di pomata, le sgusciò via di tra le dita schizzando attraverso la stanza, e andando a colpire l’autoclave. Dottie si sentì morire. Ma evidentemente ciò non rappresentava una novità per la dottoressa né per l’infermiera. ‘ Prova di nuovo, Dorothy ‘ disse calma la dottoressa, scegliendo nel cassetto un altro diaframma della misura giusta. E, quasi volesse distrarla, si imbarcò in una lezioncina sulla storia del pessario, pur osservando con la coda dell’occhio gli sforzi di Dottie: raccontò come già nell’antichità greci, ebrei ed egiziani facessero uso di un tappo medicato, come Margaret Sanger avesse ideato quel diaframma in Olanda, come fosse stata condotta la lunga battaglia giudiziaria in America…».
Mary Mac Carthy, «II Gruppo», ed. Mondadori, New York giugno 1933.
Noi donne abbiamo il maggior interesse nel controllo delle nascite poiché siamo noi a fare i figli e siamo noi responsabili del loro allevamento. Fino a quando i ricercatori scientifici (e la scienza è finora maschile) non si decideranno a trovare un metodo di contraccezione per uomini, in modo da dividerne il peso con noi donne, la responsabilità rimarrà nostra. Nel nostro Paese esisteva fino al 1971 un articolo del codice (n. 553) che proibiva la propaganda e la diffusione degli anticoncezionali in nome della «difesa della stirpe». La situazione riguardo alla contraccezione è quindi rimasta in Italia delle peggiori, sia per l’ignoranza in cui le donne sono tenute (grazie alla nostra cara chiesa) sia per l’ignoranza della quasi totalità dei medici che al riguardo ne sanno quanto i geologi. L’articolo 553 è stato eliminato dalla Corte Costituzionale, ma poiché in Italia si preferisce ancora lasciare abortire le donne, malamente, nella paura e nella clandestinità e il potere è rimasto sordo a qualsiasi politica di prevenzione delle nascite, dobbiamo cominciare noi a gestire questa lotta in prima persona, per noi stesse e per tutte. Dobbiamo esigere dal nostro medico informazioni precise e dettagliate, e non dimentichiamo che i servizi della mutua sono pagati per la nostra salute; non lasciamoci intimidire da mistificazioni morali o religiose spesso mascherate da difficili discorsi scientifici. Andare in gruppo da un medico può servire a renderlo più umile e a farci coraggio. Ricordiamoci che le barriere che vengono poste al libero e gratuito accesso agli anticoncezionali, sono poste da quelli che vogliono perpetuare la schiavitù sessuale della donna. Esiste un metodo, seguito all’estero da più di 80 anni, efficace e completamente innocuo circondato da una barriera di silenzio: il diaframma. Perché questo silenzio? Primo per le ragioni sopra accennate, inoltre perché le industrie farmaceutiche hanno più interesse a vendere le pillole piuttosto che il diaframma (o pessario). Il diaframma dura infatti circa due o tre anni, mentre la pillola si prende ogni giorno. Questa tecnica anticoncezionale consiste in un diaframma vaginale che si usa assieme ad una crema spermicida il che permette un doppio effetto: il primo impedisce allo sperma di entrare nel canale cervicale e la seconda uccide gli spermatozoi che rimangono in vagina. Il diaframma è di gomma morbida, ha la forma di una coppa con un anello flessibile sul suo contorno. Quando è di misura giusta ed è correttamente inserito riveste la cervice in maniera perfetta. Ricordiamo che la chiave del suo successo sta nell’usarlo ogni volta e nell’usarlo con la crema. Dovrete recarvi da un medico competente che ve lo misura per trovare il numero che fa per voi. Quando avrà trovato la misura giusta, dovrete voi imparare a metterlo e a- toglierlo. Sentite esattamente quando è messo bene ed esercitatevi a casa. L’aspetto positivo del diaframma è che lo si può usare unicamente quando si prevede di avere un rapporto sessuale e non deve essere necessariamente applicato subito prima del rapporto, ma anche sei ore prima senza che ne sia compromessa l’efficacia protettiva. Ma se siete una donna che «si lascia trascinare» dall’improvviso desiderio, è meglio che vi mettiate il diaframma in anticipo. Ci sono donne che hanno paura ad usarlo perché pensano che una volta introdotto nella vagina il diaframma possa salire in alto e scomparire. Questo non può succedere in nessun modo né con il diaframma né con gli assorbenti interni perché la nostra vagina termina a 2 cm. e mezzo dietro la cervice.
Spalmate la crema intorno all’anello, quindi unite i’ bordi dell’anello tenendoli saldamente insieme fra il pollice e l’indice e infilatelo in vagina accovacciate o in piedi con una gamba alzata assicurandovi che la cervice (collo dell’utero) sia coperta. Se è ben messo e di misura giusta non vi accorgerete di averlo né se ne accorgerà il compagno. Il diaframma non deve essere tolto prima di sei ore, ciò per essere sicure che tutti gli spermatozoi siano morti. Vi sia stato o meno un rapporto sessuale, il diaframma può restare in vagina per 42 ore; tuttavia se il rapporto ha luogo più di sei ore dopo la sua applicazione si deve usare prima un’altra piccola quantità di crema contraccettiva che sarà inserita in vagina con un applicatore. Non è necessario in tal caso togliere il diaframma. Non bisogna fare lavaggi interni prima di sei ore dall’ultimo rapporto. Una vergine deve usare per le prime volte un altro metodo perché la misura del diaframma cambia con il primo rapporto e così succede dopo un aborto o una gravidanza, quando si ingrassa o si dimagrisce molto, dato che l’utero o la vagina possono cambiare di dimensione.
Le donne che trovano difficoltà ad usare questo metodo sono quelle alle quali fa orrore toccarsi perché vittime del tabù della masturbazione. Usare il diaframma può essere un buon mezzo per prendere confidenza con il nostro corpo, e più avremo confidenza con il nostro corpo più godremo.