diversità elettive

cosa pensano di noi

piccole e curiose come siamo abbiamo chiesto a 30 grandi donne un giudizio sul vecchio Effe. Ecco le risposte.

marzo 1979

Mercella Ferrara (giornalista)

Devo dire che ci sono affezionata, perché è stata la prima rivista che ha cominciato ad aprire la strada a un discorso di donne, fra le donne e con le donne. Non ne ho condiviso sempre l’orientamento, ma il mio affetto non è diminuito, anzi. Mi convince di più adesso perché mi sembra più legato a problemi concreti.

Maria Magnani Noya (parlamentare Psi)

Io credo che oggi sia importante che Effe, e anche i giornali come Effe, escano da un discorso ristretto alle sole donne del movimento. Dobbiamo cominciare a capire che non ci sono solo le avanguardie. Sostanzialmente mi piace, soprattutto alcuni numeri.

Carla Ravaioli (giornalista)

Avevo anche scritto Una cosa una volta per i quattro anni di Effe. Adesso sono un po’ di mesi che non la vedo, non so nemmeno perché. Non sono sempre stata d’accordo con Effe e neanche Effe con me, anzi sono stata attaccata duramente. Vi riconosco di essere state la cosa più interessante della stampa femminista, la voce del movimento che raccoglieva tutte le voci. Le critiche che faccio a Effe, le faccio alla complessità del movimento. Per esempio mi sembra che abbiate dato uno spazio eccessivo alle omosessuali, che non ritengo una strada obbligata al femminismo. E poi anche l’antimaschilismo radicale è un discorso che non può andare tra le masse.

Adriana Seroni (responsabile nazionale sezione femminile Pei).

Da parte mia trovo che nella pubblicistica femminile di oggi è molto presente il messaggio da donna a donna, ma’ è molto debole ancora il momento dell’informazione. La critica maggiore è che non è abbastanza aperto a donne di opinioni diverse; mi pare che il giornale potrebbe arricchirsi chiamando a rispondere donne che rappresentano un po’ l’insieme del panorama femminile italiano, invece non lo fa.

Lietta Tornabuoni (giornalista)

Qualche mese fa lo leggevo regolarmente, adesso in modo più saltuario, mi interessa meno di prima. Non mi piace il linguaggio che oscilla tra il livello universitario e un certo dema-gogismo più facilone. Poi c’è una certa tendenza a ripetersi in un tipo di polemiche su aspetti antifemministi della società che sono già superati e che andrebbero bene sulla Domenica del Corriere, ma Effe deve fare di più.

Paola Pigni (atleta)

Non lo conosco, non lo leggo; veramente non leggo nessun tipo dì settimanale. E poi non è molto conosciuto perché di solito prendo tre quotidiani al giorno e non l’ho mai visto in edicola. Comunque ora corro dal giornalaio e lo compro subito. Mi sento molto in colpa a non conoscerlo.

Emma Bonino (parlamentare del Pr)

Non lo leggo sempre, ho visto per esempio gli ultimi due numeri. Ritengo che sia un po’ per iniziate e si dovrebbe renderlo più semplice. Per quanto riguarda il referendum sull’aborto penso che sarebbe stato meglio sentire entrambe le parti, se non altro per informazione, anche se riconosco alla redazione il diritto di una posizione politica. Mi rendo conto che è difficilissimo trovare una mediazione e fare un giornale alla portata di tutte.

Barbara Alberti (scrittrice)

No, non lo leggo più, nei primissimi numeri trovavo sempre qualcosa di spiritoso e di pazzo, non il solito conformismo culturale, mi piacevano i disegnini di Maria Silvia. Cambiarlo? Non posso dare giudizi, non leggendolo più. Le scritture femministe italiane mi interessano poco, ma è colpa di tutte noi.

Lucia Vasilicò (attrice)

Lo leggo qualche volta, non regolarmente. Anni fa, appena uscito lo leggevo di più, ora è un po’ che non lo prendo. Se mi è servito? Allora sì che è servito, oggi non so. Allora, pre-

si addirittura alcune frasi e le inserii in un lavoro teatrale che davo al teatro in Trastevere “Babilonia”.

Carla Tatò (attrice)

Lo compro regolarmente, lo leggo forse un po’ meno regolarmente, ma istintivamente mi piace trovarlo dal giornalaio, è una cosa che mi riguarda, è importante. A prescindere dai contenuti, attraverso Effe mi sento collegata. Se mi è servito? Direi di sì. Cambiarlo? No, ho paura di perdere qualcosa, ce n’è tanti di rotocalchi!

Adelina Tattilo (editore)

No, non lo leggo. Non so non lo trovo mai, prima sì lo vedevo allora era grigio ma dal punto di vista femminista era giusto, ma solo per le femministe, per gli addetti ai lavori, non è un giornale per tutte le donne, non le coinvolge tutte. Se cambia è bene, se diventa rotocalco più bello da vedere più giornalistico… la cosa la vedo in positivo, e sono contenta perché un giornale come Effe ha una grossa funzione.

Paola Gaiotti (storica Dc)

Non riesco a vederlo sempre, mi manca una continuità di lettura. Ritengo che abbia svolto una funzione anche molto interessante, ma ho l’impressione che risenta un po’ tutti i limiti di un certo giornalismo uscito dal ’68. Sui contenuti il confronto è più complesso e riguarda tutti quei filoni neofemministi post-sessantotteschi. Nel trattare della sessualità è mancata la mediazione fra la accentuazione del momento della gioia dell’immediato e quello per cui la sessualità è anche responsabilità e assunzione dell’altro.

Tina Anselmi (Ministro della Sanità)

Mi vergogno di non averlo letto mai, se non una volta all’inizio. Non riesco a leggere tutto perché col mio lavoro sono sempre impegnata, anche se seguo con interesse tutto ciò che avviene in campo femminile. Avrei dovuto continuare a seguire Effe, ma non l’ho fatto. Mi condannate subito?

Paola Piva (sindacalista)

Non lo seguo molto, lo leggo per caso quando lo trovo, non leggo molte cose di donne. Le volte che l’ho lettd non mi ha disturbato. Novella Calligaris (atleta) Non so, non l’ho mai letto, l’ho sentito nominare ma non l’ho mai letto.

Monica Vitti (attrice)

Si è ripetutamente fatta negare per telefono. Abbiamo però parlato con la sua voce contraffatta che diceva «sta lavorando, non c’è, non c’è, non c’è…».

Giovanna Gagliardo (regista)

No, no, non mi chiedete niente, è quasi un anno che non la leggo. Non mi sembra importante dare un giudizio sul passato.

Lina Wertmuller (regista)

Sì, la leggo ogni tanto, ma la verità è che non ho tempo di leggere niente. A me è servito relativamente perché sono una di quelle che crede fermamente nel valore del lavoro per la propria emancipazione. Cambiare mi sembra una buona idea. È importante tutto ciò che nasce come un servizio sociale, specie in una zona cosi mal-servita come quella delle donne. Vi dico come lo farei io: una zona di rottura, un detonatore per tutte le strutture esistenti. Adesso Effe mi sembra molto per specializzate. Abbasso i ghetti!

Sara Simeoni (atleta).

No, non lo conosco affatto, non l’ho mai letto.

Rossana Rossanda (giornalista)

Non lo leggo con continuità, non ce la faccio a seguire tutto. Mi sembra interessante il respiro che cercate di dare alle cose, il tentativo di intervenire sulla realtà italiana nel suo insieme. È il discorso di fondo che è difficile, il tentativo di ricostruire un momento di aggregazione. Non mi chiedo se è noiosa, io sono una persona noiosa, però professionalmente la trovo un po’ grigia. Vi riconosco il coraggio di rinunciare al paradosso per cercare di capire veramente.

Chiara Ingrao (sindacalista)

Devo dire che lo leggo perché mi piace e mi serve, .però non è un riferimento costante. La critica maggiore è che è un miscuglio di cose. molto diverse, di cui è un po’ difficile capire il filo conduttore. Intorno allo stesso argomento bisognerebbe lavorare di più o nello stesso numero o in numeri diversi.

Paola Pitagora (attrice)

Prima lo leggevo, io stessa cercavo un orientamento e mi è servito. Da due anni non lo leggo più, ho smesso di comprarlo perché mi sembrava che rimanesse fermo, mentre gli altri giornali femminili andavano avanti. Sono contenta se cambia. Ultimamente parlava un po’ troppo dal ghetto, un po’ troppo «noi e gli altri». Le donne non sono più un ghetto, mi sembra limitante tenercele.

Chiara Samugheo (fotografa)

Sì lo conosco ma non lo compro. Perché? Ma perché problemi di donna ne ho tanti, da quando ho quindici anni, vivo con i miei problemi, cosa leggo a fare Effe?

Giulia Massari (caporedattore – come dice lei – di Playboy)

Lo leggevo quando ero abbonata, alle sue origini, allora destava maggiore curiosità. Sì, lo leggevo da donna non da giornalista. Se mi è servito? Senza dubbio. Cambiarlo? Perché no. Tutte le cose cambiano nel tempo, anche il femminismo oggi ha un ruolo diverso.

Simonetta Robiony (redazione romana di Annabella)

Lo leggo qualche volta, è importante perché è uria raccolta di testimonianze di altre, per me è importante sapere cosa pensano donne che io non incontrerò mai, neanche nel mio lavoro. Conoscere la voce del Collettivo di Pescara, per es., mi dà un’idea di come si diffonde il femminismo in provincia. Effe è funzionale, ed è funzionale così com’è, cambiarlo diventa un’altra cosa.

Laura Betti (attrice)

Proprio l’ultimo numero l’ho letto tutto su una veranda a Salerno. No, non lo leggo sempre. Mi serve come informazione. È molto settoriale, se diventa più giornalistico certo che è meglio. Il problema donna ormai è accertato, va avanti da sé.

Manuela Kustermann (attrice)

Sì, è interessante. Mi è servito, eccome! Ho imparato a leggere da femminista. Impostarlo diversamente? A rotocalco? Bene!, diventa più. popolare e meno libro-saggio.

Carla Del Poggio (attrice)

Effe? Non Fho mai preso, sono antifemminista. La mentalità con cui il movimento ha lavorato, ha creato confusione. Voler per forza schiacciare l’uomo? Perché?

Liliana Cavani (regista)

No, non mi arriva più, prima mi arrivava perché forse ero abbonata, perciò non lo leggo. Prima sì, vi trovavo delle cose piuttosto serie. Era molto di categoria, trattava i problemi Urgenti, è stato utilissimo per formare e educare, trovo che il suo valore era anche quello, la sua funzione la svolgeva bene. Cambiarlo? meglio! vuol dire che si va più avanti.