la circoncisione femminile

settembre 1980

Su questo problema al Forum sì sono tenute diverse riunioni e gruppi di lavoro. Da parte delle donne africane sono emerse tre posizioni diverse, non tanto sulla condanna delle mutilazioni su cui tutte erano d’accordo, quanto sulla strategia per combatterle e sul ruolo che possono avere le donne occidentali. Pubblichiamo due documenti distribuiti durante i lavori e una lettera pubblicata dal giornale del Forum. Manca la posizione delle donne dell’Africa orientale (soprattutto del Sudan e della Somalia) che hanno un approccio al problema di tipo medico, preoccupandosi essenzialmente delle gravissime conseguenze che la pratica ha per la salute delle donne e richiedono e danno il loro appoggio a qualsiasi intervento in tal senso, soprattutto da parte delle agenzie specializzate dell’ONU (OMS e UNICEF).
Queste donne nere hanno partecipato a una serie di seminari, con proiezione di diapositive e di films, organizzati insieme a Fran Hosken, una delle occidentali “messe sotto accusa” dall’AAWORD.
Torneremo sull’argomento, dato che abbiamo registrato molti dei seminari. Per un approfondimento rimandiamo per ora ai precedenti articoli apparsi su EFFE: settembre 1978, ottobre 1978, maggio-giugno 1980.
Dichiarazione dell’AAWORD
Negli ultimi anni, l’opinione pubblica in Occidente, è stata scossa nello scoprire che nel mezzo del ventesimo secolo migliaia di donne e bambine sono “selvaggiamente mutilate” a causa di “costumi barbari di un, altra epoca”. La buona coscienza della società occidentale è stata scossa ancora una volta. Qualcosa deve essere fatto per aiutare queste persone, per mostrare la disapprovazione pubblica di tali atti.
Ci sono state conferenze stampa, film documentari, articoli nei giornali, lettere aperte e azioni di gruppi; tutto ciò per mobilitare l’opinione pubblica e per far pressione sui governi dei Paesi dove la mutilazione genitale è ancora praticata.
Questa nuova crociata dell’Occidente è stata condotta con i pregiudizi morali e culturali della società giudeo-cristiana: l’aggressività, l’ignoranza o addirittura il disprezzo, il paternalismo e l’attivismo sono gli elementi che hanno reso furiose molte persone di buona volontà.
Nel tentativo di avvicinarsi al pubblico, i nuovi crociati sono ricorsi al sensazionale, divenendo insensibili alla dignità delle stesse donne che vogliono “salvare”.
Sono diventati totalmente incoscienti del razzismo latente che una tale campagna evoca in Paesi in cui il pregiudizio etnocentrico è così profondamente radicato. Nella convinzione che questa sia una “causa giusta”, hanno dimenticato che queste donne di razza e cultura differenti sono anche degli esseri umani e che la solidarietà può esistere solo accanto all’autoaffermazione e al rispetto reciproco.
Questa campagna ha creato tre tipi di reazioni in Africa:
quella estremamente conservatrice, la quale sottolinea il diritto alle differenze culturali e la difesa delle pratiche e dei valori tradizionali, il cui presunto scopo è di proteggere e di elevare la donna; questa visione nega agli occidentali il diritto di intervenire nei problemi delle altre culture;
quella che condanna le mutilazioni genitali per motivi di salute ma considera prematuro aprire un dibattito pubblico;
quella che pone in risalto la natura aggressiva di tale campagna e considera il fanatismo dei nuovi crociati funzionale solo a distogliere l’attenzione dai problemi fondamentali dell’oppressione e dello sfruttamento dei Paesi in via di sviluppo, problemi che contribuiscono alla continuazione di tali pratiche.
Sebbene tutte queste reazioni accusino giustamente la campagna di paternalismo e di imperialismo, esse rimangono passive e difensive. Come nel caso di molti altri problemi, c’è il rifiuto di confrontare la nostra eredità culturale e di criticarla costruttivamente. Sembra che noi preferiamo calare un velo su certe pratiche tradizionali qualunque ne siano le conseguenze. Comunque, è ora che gli africani si rendano conto di dover prendere posizione rispetto a tutti i problemi riguardanti le loro società e facciano dei passi per porre fine a qualunque pratica che degradi gli esseri umani.
L’AAWORD (Associazione delle donne africane per la ricerca e lo sviluppo), il cui scopo è di eseguire ricerche conducenti alla liberazione del popolo africano e in particolare delle donne, condanna fermamente le mutilazioni genitali e tutte le altre pratiche, tradizionali o moderne, che opprimono le donne, ne giustificano lo sfruttamento sociale o economico e ne violano ì diritti fondamentali.
L’AAWORD intende inoltre intraprendere ricerche sulle conseguenze delle mutilazioni genitali, sulla salute fisica e mentale delle donne. 1 risultati di tali studi, potrebbero essere utilizzati come base di una campagna educativa ed informativa che contribuisca alla formazione di una legislazione su tutti gli aspetti del problema.
Comunque, per quanto riguarda l’AAWORD, la lotta contro le mutilazioni genitali, sebbene necessaria, non dovrebbe assumere proporzioni tali da perdersi nei dettagli. Di solito le donne africane mutilate sono le stesse a non poter nemmeno soddisfare i loro bisogni primari e a dover lottare quotidianamente per la sopravvivenza. Questo è dovuto allo sfruttamento dei Paesi in via di sviluppo che si manifesta specialmente attraverso l’impoverimento delle classi sociali più povere.
Nel contesto della presente crisi economica mondiale, la tradizione, con tutte le sue costrizioni, diventa più che mai una forma di sicurezza per i popoli del Terzo Mondo e specialmente per i “disgraziati della terra”. Per questi ultimi il mondo moderno, che è soprattutto occidentale e borghese, può rappresentare solo un’aggressione a tutti i livelli: politico, economico, sociale e culturale.
L’occidente è quindi incapace di proporgli delle alternative. Inoltre lottare contro le mutilazioni genitali senza tenere conto dell’ignoranza, dell’oscurativismo, dello sfruttamento della povertà ecc., senza mettere in discussione le strutture e le relazioni sociali che perpetuano tale situazione, è come «rifiutarsi di’ vedere il sole a mezzo giorno”.
Le femministe dei Paesi sviluppati sinceramente interessate a questa situazione, e non tanto quelle che se ne servono per il loro prestigio personale, dovrebbero capire quest’ultimo aspetto del problema. Dovrebbero cioè accettare il fatto che si tratta di un problema delle donne africane e che non è possibile alcun cambiamento senza la loro partecipazione cosciente. Esse devono evitare interferenze inopportune, maternalismi, etnocentrismi e abusi di potere. Tali atteggiamenti possono solo allargare il divario fra il movimento femminista occidentale e quello del Terzo Mondo.
Le donne africane devono cessare di essere riservate e scuotersi dal loro letargo. Devono far sentire la loro voce su tutti i problemi nazionali e internazionali, definendo il loro ruolo speciale nel contesto delle domande sociali e nazionali.
Sulla questione delle pratiche tradizionali, come le mutilazioni genitali, le donne africane non devono più giocare sull’equivoco o reagire solo all’interferenza occidentale. Devono pronunciarsi in favore dello sradicamento totale di tutte queste pratiche e condurre campagne educazionali ed informative nei loro Paesi e a livello continentale.

 

una lettera
Uno degli argomenti che sembra aver creato le più aspre polemiche è la questione delle mutilazioni genitali o circoncisione femminile. Alcune di voi donne africane avete detto o urlato che questo è un problema vostro e quindi noi occidentali non dovremmo occuparcene. Alcune di voi hanno dichiarato di non capire perché noi donne occidentali ci interessiamo tanto a questa delicata questione e inoltre che noi abbiamo dei problemi sessuali piuttosto personali e siamo fissate con la clitoride.
Poiché io sono una di queste donne occidentali che hanno scritto e parlalo sull’argomento, vorrei spiegare il perché.
Noi che ci siamo dedicate a questo problema, non l’abbiamo fatto per dei motivi solamente connessi con l’attività sessuale. L’abbiamo fatto anche perché crediamo che nessun essere umano abbia il diritto di decidere del corpo di un altro. Non ci interessa se si tratta di organi sessuali o orecchie o piedi. La maggior parte delle vittime sono bambine, perciò come non possiamo condannare tale pratica?
Le donne occidentali, sono profondamente coinvolte e bene informate su questo e sugli altri problemi di cui si* discute in questa conferenza…
Abbiamo partecipato a molte manifestazioni, fatto delle lotte e abbiamo fatto delle ricerche pubblicando rapporti sui più diversi argomenti.
Per favore credetemi quando dico che non guardiamo dall’alto in basso, né verso i bambini (maltrattati né verso le donne maltrattate. Non fa differenza quale sia il tipo di maltrattamento.
Non possiamo accettare l’idea che non avendo alcuna esperienza di mutilazioni genitali, non dovremmo esprimere il nostro punto di vista.
La circoncisione femminile è sicuramente solo una delle molte espressioni dei sistemi culturali, e tradizionali per mantenere le donne al loro posto.
Conosciamo bene l’esperienza di essere tenute al “nostro posto” e di essere considerate incapaci di capire.
Questa conferenza è un’importante manifestazione del comprendersi delle donne, malgrado le differenze fisiche e culturali. Anche se le nostre esperienze sono differenti, i nostri bisogni e le nostre speranze sono gli stessi: siamo tutte contrarie alla segregazione, all’analfabetismo, alla guerra, anche senza averne esperienza personale.
Abbiamo la capacità di capire e il desiderio di lavorare per porre fine ad una pratica che rappresenta una così profonda intromissione sul diritto fondamentale di decidere del proprio corpo.
Con rispetto e amore,
Gertrud Anljung – Lund (da “Forum 80”)