giustizia

le regole del gioco…

dall’ultima sessione del tribunale otto marzo sulla quotidiana difficoltà del rapporto delle donne con la giustizia: un documento programmatico sui centri di consulenza legale

maggio 1982

In un mondo in cui ogni giorno assistiamo a tante iniquità siamo portati a sentire la “giustizia” lontana da noi, fuori dalla nostra vita, e a provare verso la legge che dovrebbe essere il veicolo con il quale raggiungere la giustizia, una sorta di estraneità e di diffidenza. Eppure, non siamo “tutti uguali davanti alla legge senza distinzione di sesso, di razza, di lingua, di religione, di opinioni politiche, di condizioni personali e sociali” come prescrive l’art. 3 della Costituzione?
Il problema, qui come sempre, è nel rapporto fra l’astratto e il concreto, fra l’enunciazione e l’attuazione. La bella formulazione costituzionale sull’uguaglianza e le altre leggi che hanno consentito alle donne carriere prima escluse, uguale trattamento nel matrimonio e nel lavoro, non sono sufficienti. Bisogna rendere concreto e attuale, applicare in pratica quello che la legge prescrive.
Chi si ritiene leso nei suoi interessi o vuole affermare un suo diritto deve ricorrere a un giudice il quale, in base alla legge, dovrà decidere se ha ragione. Ma, abbiamo effettivamente questa possibilità di far applicare la legge, possiamo davvero ottenere giustizia? La domanda è retorica, perché tutti sappiamo quanto la giustizia sia lontana e spesso irraggiungibile, e per le donne il problema si aggrava per vari motivi. Innanzitutto troppo spesso c’è una mancata conoscenza dei propri diritti, e prima ancora la mancata coscienza che si hanno dei diritti.
Questa materia infatti non si insegna nelle scuole di formazione generale, nonostante sia la “regola del gioco” dell’umana convivenza. E forse conoscere quale sia la propria condizione giuridica nel lavoro, nella famiglia e nella società sarebbe almeno altrettanto utile della conoscenza sulla classificazione delle piante o sulle costellazioni o sulle guerre puniche. Tutte cose certamente importanti ma più lontane da noi. E il timore dell’inghippo e del cavillo giuridico che generalmente prevale sulla fiducia per l’affermazione del giusto, deriva anche dalla mancata conoscenza sia pure superficiale della materna.
C’è poi la difficoltà di individuare quali possono essere i mezzi di tutela; e anche quando si riesce a capire dove bisogna rivolgersi, allora cominciano i problemi più grossi: cercare un avvocato, accertarsi che vada bene al proprio caso e poi, soprattutto, pagarlo…, per chi non ha un proprio bilancio, come spesso succede alla donna, è impossibile affrontare il costo di una causa. Si rinuncia così il più delle volte all’ applicazione del diritto; si rinuncia a ottenere giustizia. Questo è tanto più grave in quanto spesso si tratta della tutela di diritti fondamentali della persona umana e di difesa nei rapporti di famiglia dove sappiamo che avvengono le più gravi prevaricazioni contro le donne. Per altri “gruppi” di controversie sono sorte forme di organizzazione di assistenza legale come gli uffici delle assicurazioni per l’infortunistica, i sindacati per le cause di lavoro, il Sunia per le locazioni; per la difesa nelle questioni di famiglia non c’è assolutamente nulla.
Eppure, sempre tornando alle formulazioni astratte, l’art. 2 della Costituzione “riconosce e garantisce i diritti inviolabili dell’individuo sia come singolo che nelle formazioni sociali ove si svolge la sua personalità… ” e l’art. 24 dice che “tutti possono agire in giudizio per la tutela dei propri diritti” e che “la difesa è diritto inviolabile… “.
Il problema è che per ottenere l’applicazione della legge al caso concreto, cioè per rivolgersi al giudice, è necessario avere l’assistenza di un avvocato il quale è un libero professionista che organizza la sua attività secondo le regole dell’iniziativa privata. A differenza dell’ente pubblico, il cui scopo istituzionale è di fornire un servizio nell’interesse della collettività anche se non è remunerativo, il fine dell’attività è di far quadrare il bilancio, cioè di ottenere delle entrate che coprano le spese impiegate per rendere il servizio oltre al compenso per il lavoro prestato.
Quindi la difesa legale costa; e aggiungo che costa sempre di più per il progressivo aumento di tutte le spese di gestione, dai macchinari al lavoro con i relativi oneri assicurativi, ai carichi fiscali, ecc., che vanno ovviamente a gravare sulla parcella di chi si avvale delle prestazioni. Dunque, chi ha i mezzi per pagarsi l’assistenza legale ha diritto alla giustizia; chi non ha mezzi la giustizia, cioè l’applicazione della legge al proprio caso, non la ottiene. Altro che diritto inviolabile alla difesa!
C’è una legge del 1923 che prevede il gratuito patrocinio per i poveri: una apposita commissione, valutata la assoluta povertà del richiedente, nomina un avvocato che ha l’obbligo di prestare la sua attività gratuitamente. Ma a parte che spesso la commissione non funziona sul piano tecnico (a me è arrivata la nomina per un appello dopo che il termine era scaduto e un’altra per un procedimento sbagliato), non si può certo risolvere un problema generale sul sacrificio di alcuni cittadini. Nel campo del processo penale la situazione non è più allegra: l’avvocato di ufficio, che dovrebbe garantire il diritto alla difesa di ogni imputato, spesso viene nominato lì per lì al momento dell’udienza o comunque non in tempo sufficiente per studiare il processo e senza i mezzi per poterne chiedere le copie.
É quindi necessario che questo diritto “inviolabile” alla difesa, e quindi alla giustizia, che non è meno importante del diritto alla salute o alla sicurezza sociale, sia effettivamente assicurato e garantito con idonei strumenti legislativi e operativi che bisognerà identificare dopo serio approfondimento, studio e dibattito anche su proposte concrete. Il Tribunale 8 marzo si è assunto l’impegno di questa battaglia che riguarda le donne e l’intera società; bisognerà lavorarci molto anche perché si tratta di scalzare centri di potere e posizioni di comodo.
Vi riusciremo nei limiti in cui tante altre donne sentiranno l’esigenza di questa nostra lotta e la appoggeranno con tutti gli strumenti possibili.