INCHIESTA

sbriciolarsi d’amore

perché questa inchiesta? il bisogno d’amore è più forte nelle donne? quali sono le esigenze che vengono appagate da questa esperienza? in questi tempi di riflusso può diventare politico ragionar di sentimenti: unire quello che ci hanno sempre insegnato a tenere separato

maggio 1982

Sull’amore in questi anni abbiamo discusso, litigato. D’amore abbiamo vissuto, penato, gioito. Ma su Effe ne abbiamo scritto ben poco. In parte perché ne parlava persino il Corriere della Sera, e sociologi famosi facevano giochetti su Innamoramento e Amore, poi scrivere d’amore fa venire in mente la letteratura rosa, le eroine romantiche, e noi siamo(?) per fortuna, diverse. In fondo di analisi femministe specifiche sull’amore, oltre quella della Fi-restone ce ne sono ben poche e di lei su Effe ne abbiamo già parlato anni fa. In realtà non volevamo parlare d’amore perché ne siamo troppo coinvolte, sia per i cambiamenti sociali e politici avvenuti che non ci offrono emozioni travolgenti come un tempo (ricordo le mie intense sensazioni corporee di piacere, eccitazione, entusiasmo, paura, alle grandi manifestazioni), sia perché in redazione siamo tutte donne dai 30 ai 40 anni d’età.
Finalmente è arrivato a gennaio per la nostra inchiesta sul femminismo anni ’80, un articolo di Natalia Aspesi che brutalmente ci rimetteva di fronte al problema tante volte adocchiato e rimosso. In modo stringato e brillante Natalia scriveva: “Poi c’è il bisogno d’amore, oggi più pericoloso e impaziente che mai. Sono circondata da donne belle e libere, impegnate come professioniste e come madri, slegate da matrimoni finiti senza furore anni fa. Donne fortunate, invidiabili, che letteralmente si sbriciolano per amore: per la mancanza d’amore; inseguendo un amore pretendendo a tutti i costi l’amore. Magari anche un amore finito, uno pseudo amore. Ma comunque quell’insieme di gesti e consuetudini che saldano una donna a un uomo: anche a un uomo qualunque, non è detto che debba essere speciale, uno però che permetta di rappresentare, mimare l’amore, anche quando ci si crede poco perché ancora oggi nella donna più autonoma e intelligente, c’è questo buco nero: il bisogno d’amore a tutti i costi, spesso diretto verso uomini che valgono la metà, se non altro perché di lei, farebbero o fanno, volentieri a meno. Allora le donne entrano in grande conflitto con se stesse: perché sanno che la loro smania è ingiusta, mal spesa, che si potrebbe anche stare per un certo tempo sole e serene, in attesa d’una storia che funzioni. Dicono cose antiche, vergognandosi un po’: ho bisogno di protezione, voglio dividere con qualcuno i miei momenti belli, voglio che qualcuno abbia bisogno di me, voglio fare cose per un altro essere umano. In realtà esse vogliono un uomo per immutata, invincibile insicurezza: chiunque esse siano, qualunque cosa abbiano raggiunto, qualunque libertà abbiano conquistato, guai se manca l’amore. Vorrei che qualcuno che sa più di me di femminismo e di donne mi spiegasse perché “. Questa inchiesta nasce dalla voglia di rispondere a Natalia non presumendo di saperne più di lei né sul femminismo né sulle donne. Dal desiderio di ragionare sui sentimenti, utilizzando, almeno per questo, il “riflusso” in modo creativo. Prima di tutto vorrei premettere che mi sembra inutile generalizzare a tutte le donne parlando d’amore. Infatti dove non ci sono possibilità d’emancipazione, nei paesi del terzo mondo e nei nostri strati sociali meno elevati, le donne vedono nell’amore anche e forse soprattutto una sistemazione economica e sociale. Vorrei qui restringere il discorso alle donne che descrive Natalia, con un buon lavoro, professionalmente soddisfatte, ecc., ecc.
La spiegazione che viene più comunemente addotta per spiegare le differenze tra uomo e donna nella propensione e bisogno d’amore e quella d’origine psicanalitica: “il bambino maschio, sessualmente respinto dalla prima persona che conosce, la madre, “sublima” la sua “libido” — il suo serbatoio di energie sessuali (vitali) — in progetti a lungo termine, nella speranza di ottenere l’amore in una forma più generalizzata; cosi egli trasforma il suo bisogno d’amore in un bisogno di consenso. Nella bambina il rifiuto della madre produce un’insicurezza sulla sua identità in generale, il che le dà per tutta la vita un bisogno di approvazione ‘Firestone’ pag. 238. Questa spiegazione dà per scontate tre questioni:
che sappiamo a cosa ci riferiamo quando par Marno dell’esperienza amore;
che le donne hanno più bisogno dei maschi di questa esperienza;
e) che le differenze tra i sessi derivano da un diverso rapporto con la madre. Come nota la Firestone c’è una quasi totale assenza d’analisi sull’amore, anche se l’amore è stato vissuto, ricreato, descritto e comunicato in un’estrema varietà di modi.
In tutte queste differenti rappresentazioni dell’amore ci sono due costanti: l’amore condiviso viene sempre descritto come qualcosa di bello, gioioso, desiderabile, felice; l’amore conflittuale o non ricambiato, o la perdita d’amore come qualcosa di sconvolgente, terribile, devastante. Nella nostra vita poi ognuna di noi ha potuto constatare l’almeno approssimativa corrispondenza di questi stati d’animo nelle due diverse situazioni. Io credo che l’amore sia un’esperienza intensamente desiderata dagli esseri umani perché appaga tre grossi bisogni emotivi. Il primo è insito nella nostra storia biologica: la pulsione all’accoppiamento per la riproduzione della specie. Di questo impulso originario, nella nostra epoca di sovrappopolazione può essere rimasto non tanto l’istinto-desiderio di procreare, quanto il desiderio del piacere della fusione corporea, il gusto delle carezze, dei baci, delle sensazioni di calore, piacere, sicurezza fisica. Alcune di queste sensazioni si possono provare abbracciando amici o bambini, ma i tabù sul toccarsi nella nostra società sono tali che solo negli accoppiamenti erotici sia etero che omosessuali vien vissuto pienamente il bisogno dalle mille sfumature di toccare e d’essere toccati. Questo primo bisogno emotivo — bisogno d’erotismo finalizzato e non alla riproduzione — è più forte in noi donne? Dato che il nostro corpo è biologicamente predisposto per la riproduzione umana si potrebbe pensare di sì. Ma mi sembra una domanda a cui è difficile rispondere. Sembrerebbe che il nostro corpo sia più accessibile al piacere diffuso di quello maschile. Molti uomini ci invidiano oggi, non solo la nostra possibilità dì orgasmi multipli, ma anche la nostra — presunta maggiore — capacità di abbandonarci al piacere. Rimane il fatto che gli uomini sembrano più limitati nella capacità di godere del loro corpo e di quello altrui, in parte perché programmati a usare solo la loro genitalità, in parte per i limiti fisiologici del corpo maschile. Sarebbe dunque concepibile che le donne dovessero ricercare il piacere sessuale più frequentemente degli uomini, dato che per loro è un piacere grande e relativamente di facile fruizione. In realtà, per molte donne il sesso senza l’amore non soddisfa. E sono per lo più gli uomini che spendono miliardi in prostitute per pochi minuti di sesso senza troppo coinvolgimento. Quali sono allora gli altri bisogni che vengono appagati nell’amore e lo rendono un’esperienza così preziosa e al tempo stesso così pericolosa in modo diverso per maschi e femmine? Secondo me quando siamo innamorati riusciamo a soddisfare contemporaneamente due bisogni che di solito nella vita quotidiana sono in forte contraddizione tra di loro: il bisogno d’appartenenza e il bisogno d’individuazione. Il primo bisogno — sentirsi parte di — si esprime nella creazione di miriadi di strutture sociali dalla famiglia al club sportivo, dal partito politico alla setta religiosa ed il bisogno di sentirsi parte d’un noi, d’un collettivo più ampio che offre sicurezza, identità di gruppo, protezione, continuità, ecc. Il secondo bisogno — individuazione — comincia quando il bambino si percepisce diverso dalla madre e poi dal padre e continua tutta la vita come bisogno di sentirsi “unico”, diverso da, differenziato da, visibile e riconoscibile come organismo a sé stante. È il bisogno di esprimersi e autorealizzarsi, che di solito si concretizza nel fare, nel creare. Spesso però questi bisogni sono in diretta contraddizione tra di loro. Se in un gruppo mi differenzio troppo dagli altri, vengo emarginato, perdo il senso del “noi”. D’altro canto se subisco la pressione di gruppo e faccio quello che non desidero, sento di perdere la mia identità. Così nella vita di solito si cerca di soddisfare un po’ l’uno un po’ l’altro. Si lavora molto e si trascurano gli amici o la famiglia. Poi ci si sente soli e si ricercano i nostri gruppi d’appartenenza. Nell’amore specie nelle prime fasi d’innamoramento, questi due importanti bisogni vengono simultaneamente soddisfatti, Appartenendosi i due creano un senso di noi e appagano il primo bisogno riconoscendosi come specie e unici, dunque individuandosi al massimo. Solo tu per me e il ritornello di molte canzoni, che coglie bene come l’amore risponda al bisogno d’individuazione con una particolare pienezza e gratuità che rende l’esperienza ancora più “magica” e preziosa. Di solito per individuarsi una persona deve compiere qualche sforzo, imparare a suonare uno strumento, acquisire una competenza nell’essere e nel fare. Nell’amore invece c’è la gratificazione, l’approvazione immediata per quello che l’altro è, per quello che insieme riusciamo ad essere ed a sentire. Quante altre esperienze nella vita ci offrono così tanto ad un prezzo iniziale così basso?
Questo tipo d’amore come esperienza di apertura di sé all’altro, e di arricchimento reciproco spesso però non riesce neanche a nascere o se fiorisce diventa un’esperienza oppressiva per tutti e due e in modo particolare per le donne. Secondo la Firestone l’ostacolo principale è la fondamentale ineguaglianza di potere oggi esistente nella società che rende impossibile l’amore:
“L’amore tra due uguali sarebbe un arricchimento, in cui ciascuno dei due si estende attraverso l’altro: invece di essere uno solo, chiuso nella cella del suo se con la sua esperienza e visione del mondo, egli potrebbe partecipare all’esistenza di un altro — una finestra in più sul mondo. Questo spiega la beatitudine che provano gli amanti fortunati: gli amanti sono temporaneamente liberi da un isolamento che ogni individuo deve sopportare.
Ma la beatitudine in amore si trova raramente; per ogni esperienza d’amore riuscita, per ogni breve periodo di arricchimento, al giorno d’oggi, ci sonò dieci esperienze d’amore distruttive, “depressioni”post’amorose di durata molto più lunga che spesso portano alla distruzione dell’individuo, o almeno a un cinismo emotivo che rende difficile o impossibile tornare ad amare” (p. 139).
Secondo me una delle ineguaglianze tra i due sessi, oltre quelle culturali, economiche, e di potere di cui parla la Firestone è proprio la diseguaglianza di fronte all’amore. I maschi sembrano aver più paura di innamorarsi, perché temono di ricadere nella dipendenza assoluta che li legava alla madre. Le donne temono di non poter provare altrove in altre esperienze di vita, quel particolare senso di identità e appartenenza che sentono nell’amore. Quando una donna non è pienamente innamorata l’uomo di solito la insegue perché l’apparente distacco della donna lo difende dalla sua paura d’un legame vissuto come dipendenza agognata e temuta. Una volta che una donna viene sperimentata come disponibile totalmente perde infatti spesso metà dell’attrattiva.
Per le donne al contrario, l’amore è come una droga, una volta sperimentata quella particolare forma di pienezza sessuale, di appagamento dei bisogni d’individuazione e d’appartenenza, aumenta il bisogno di riprovare quelle sensazioni, dunque il bisogno d’amore. Sia gli uomini che le donne hanno bisogno d’amore, ma temono nell’amore cose diverse, forse per il diverso rapporto vissuto con la madre, ma secondo me soprattutto perché dispongono di fonti alternative d’individuazione drasticamente diseguali. Per la donna è talmente difficile faticoso e impegnativo emergere in qualsiasi campo, lottando contro la parte di sé che le dice, in fondo l’amore è la via più semplice e più facile alla “felicità” (voce che le hanno anche programmato dentro da millenni e che i dieci anni di femminismo non sono certo bastati a soffocare), che la tentazione di pensare all’amore come soluzione dei problemi della vita è quasi irresistibile. In un contesto come l’attuale dove di fonti di eccitazione collettiva ce ne sono poche, dove l’impegno sembra chiedere tempo e spazio offrendo ben poco in cambio, non è sorprendente che aiutate da una ben orchestrata campagna culturale, noi donne vediamo nell’amore una probabilità maggiore d’arrivare a star bene. D’altronde i giovani maschi disoccupati tendono a somigliarci sempre più in questo campo, come emerge anche dal dibattito fra studenti universitari in questo stesso numero.
E siamo disposte a rischiare crisi d’identità, depressioni, logoramenti di nervi, malattie psicosomatiche, tutto in nome di quella promessa di felicità intravista. Credo che lo facciamo in cosi gran numero perché forse per la prima volta masse di uomini e di donne non vogliono rinunciare all’adolescenza. In questo secolo intere moltitudini nei paesi sviluppati, si rifiutano di invecchiare piegandosi a diete, operazioni e marchingengi di tutti i tipi pur di apparire giovani. Come rifiutano i mutamenti nei nostri corpi, così le nostre aspettative si rifiutano di cambiare con il passare degli anni. Vogliamo amori folli da ventenni a quarant’anni, come vogliamo sciare a cinquanta come a trenta. Siamo una generazione di non-rassegnati, al contrario dei nostri padri e delle nostre madri, tuttavia man mano che le nostre aspettative su quel che la vita ci deve offrire salgono, aumentano anche le discrepanze tra i nostri desideri e la realtà. Nell’innamoramento questo processo diventa ancora più pernicioso, perché in parte tutti regrediamo nell’amore, rivisitiamo antichi conflitti con padri, madri, fratelli e sorelle, ex spose, ex amanti. Ogni volta i nostri bambini irragionevoli chiedono sempre di più, vorrebbero che l’ultimo amore compensasse per le delusioni dei precedenti, ai primi attriti impazienti ce ne andiamo. Se l’andarsene a cercare il nuovo può essere salutare a vent’anni, a quaranta e cinquanta, in questa società, obbiettivamente le probabilità di avere una storia riuscita diminuiscono. Credo perciò che dietro la smania d’amore di cui scrive Natalia Aspesi, ci sia per le sue donne emancipate, madri d’una certa età, la paura di non trovarlo più, di perdere l’ultima occasione d’amare. “Posso sempre lavorare più tardi, studiare da vecchia”, ci diciamo mentre l’amore… In parte ciò è vero, in parte no: meno ci creiamo competenze e interessi da giovani, meno saremo capaci di vivere serenamente la maturità con e senza amore.
Sta a noi rinventare anche modi di stare insieme meno esigenti, amori che siano rispettosi dell’altro, finalmente visto e considerato nel suo divenire e non come oggetto privilegiato del nostro immaginario amoroso. Solo amando senza cruente dipendenze potremo forse vedere durare i nostri rapporti e soddisfare il nostro bisogno di continuità oltre a quello di varietà. Noi donne potremo colmare il buco nero, anche prendendo in giro il nostro “bisogno d’amore”, vedendo come i diversi bisogni d’erotismo, appartenenza, individuazione possono essere soddisfatti anche in altri campi, presentandoci meno vulnerabili agli appuntamenti con le nostre storie.
Solo così, migliaia di vite non verranno sprecate complottando per ottenere, mantenere, ravvivare un amore che magari ci dà briciole, mentre la vita ci può offrire innumerevoli altre occasioni di gioia. Prima però dobbiamo convincerci che l’amore non è il massimo ottenibile con il meno dispendioso degli investimenti. Questo può essere vero all’inizio d’una storia. Poi, le energie che sprechiamo per mantenere un amore vivo, o per recuperare il senso di noi dopo che l’AMORE ci ha lasciate, sono sproporzionate ai benefici ottenuti e deleterie per il nostro sviluppo di singole persone e di noi donne in generale.
(1) S. Firestone La dialettica dei sessi, Guaraldi, 1971.