luoghi di donne

l’uovo d’oro

continua il viaggio attraverso le iniziative gestite dalle donne, questa volta abbiamo scelto uno dei locali più rappresentativi di torino

maggio 1982

L’Uovo ha iniziato la sua attività nel marzo 79. È partito come progetto di un gruppo di circa quattordici donne che si erano ritrovate per un certo periodo di tempo proprio con l’obiettivo di aprire collettivamente un locale, con la motivazione principale di un’esperienza di lavoro autonomo e collettivo tra donne. Questa poteva essere la realizzazione concreta di anni di militanza e contemporaneamente poteva offrire ad una città morta e senza spazi attivi come Torino un posto dove poter stare tranquillamente con gli amici, ascoltando un po’ di musica e rivolto soprattutto alle donne che hanno sempre avuto difficoltà a ritrovarsi nei locali notturni torinesi. La formula pratica adottata fu di dare un buon servizio bar e un discreto servizio ristorante con pochi piatti, ma ben curati che cambiavano di sera in sera. Il tutto associato ad altre attività di tipo culturale: mostre fotografiche e di pittura, concerti, dibattiti, altri spettacoli e corsi su varie discipline.
Ci furono delle discussioni interne rispetto al fatto di fame un locale separatista aperto solo alle donne, oppure di aprirlo a tutti?
Premetto che rispetto allo specifico femminile si partì soprattutto privilegiando i rapporti tra le donne che partecipavano a questa esperienza di lavoro sia a tempo pieno che frammentariamente. Si puntava molto sulla qualità e sull’intensità dei possibili rapporti tra di noi, una specie di circolarità che coinvolgesse tutte e apportasse dei grossi cambiamenti nella nostra vita. Si discusse molto per decidere se aprire il locale esclusivamente alle donne o se aprirlo a tutti e alla fine si scelse la seconda proposta. Questo avvenne per vari motivi: alcuni di tipo economico, in quanto uno spazio esclusivamente femminile a Torino avrebbe avuto vita difficile a mantenersi nel tempo e forse non potevamo permetterci di rischiare troppo, ma anche per motivi di altro tipo; per alcune di noi, ad esempio, che vivevano a tempo pieno questa esperienza c’era la necessità di non rinchiudersi in una situazione esclusivamente femminile, con la difficoltà di gestire i propri rapporti sia di coppia che di amicizia con la componente maschile.
Furono comunque tentate delle attività rivolte soprattutto alle donne? Per circa due anni l’Uovo riservò il martedì esclusivamente alle donne, tentando anche attraverso mostre, dibattiti, spettacoli, teatrali e musicali di vivacizzare le serate. Per un certo periodo il martedì funzionò abbastanza bene, con un buon afflusso di donne dì tutti i tipi, dalle militanti alle donne lesbiche. Poi man mano perse la vivacità che volevamo dargli e incominciò un lento declino in cui il martedì era vissuto sia da noi che dal pubblico come un rituale vuoto e senza stimoli. Si decise di abolirlo prima di vederlo agonizzare del tutto. Naturalmente prima di prendere questa decisione se ne discusse parecchio. Era evidente che non poteva continuare così: anche tra di noi c’era stanchezza; alle riunioni del nostro collettivo, tenute il martedì, non partecipava quasi più nessuna e i problemi affrontati erano quasi esclusivamente di ordine tecnico. Probabilmente era ormai vissuto come un impegno a volte noioso e non corrispondeva più ai bisogni e alle aspirazioni di alcuna. Forse non era sufficientemente caratterizzato e rischiava di diventare uno spazio vuoto per cui era meglio verificare le conseguenze derivanti da una nostra presa di posizione, sentire i commenti dopo questa decisione e capire in seguito se riproporlo e in quali termini.
Per quanto riguarda il presente?
L’anno scorso verso maggio si fecero molte discussioni nelle riunioni di tutto il collettivo per fronteggiare la crisi in corso dovuta forse a stanchezza da parte di alcune e alla necessità di cambiare qualcosa per poter essere ancora uno spazio attivo e vivace. Era la fine dell’Uovo o questa esperienza anche se con cambiamenti poteva andare avanti nel tempo? Il vecchio collettivo cessò di esistere; quattro di noi decisero però di continuare questa esperienza con le dovute modificazioni. Noi avevamo l’impressione che per superare questo momento era fondamentale scegliere l’Uovo come fatto determinante della nostra vita, rischiando tutto quello che era necessario. Dopo aver risistemato il locale in luglio e agosto, abbiamo riaperto a settembre con una formula un po’ più vivace e giovane, facendogli perdere un po’ la sua vecchia identità e la sua aria vagamente salottiera. L’Uovo è aperto tutta la settimana tranne il lunedì dalle cinque del pomeriggio alle due di notte: ci si può mangiare, bere e spiluzzicare a qualsiasi ora; abbiamo cercato di caratterizzarci dal punto di vista gastronomico offrendo una serie di piatti fissi, tra cui le “crepès” dolci e salate. Continuiamo le attività culturali: si tengono corsi di musica, corsi di tarocchi, molte mostre fotografiche e di pittura, concerti, che noi organizziamo nel tempo. Abbiamo verificato che la nostra funzione può essere esclusivamente quella di organizzare le attività e non di proporle o di andarne a caccia: questo non riusciamo a permettercelo, soprattutto per motivi di tempo, e preferiamo quindi occuparci bene solo dell’organizzazione. Io ritengo che, anche se in maniera ambigua, il locale continui ad essere un punto di riferimento femminile a Torino, sia individuale sia per le poche realtà collettive con cui ci confrontiamo ancora. Ciò avviene soprattutto perché l’identità di un posto è in gran parte determinata dalle persone che lo gestiscono e dal modo in cui si pongono. Si è così verificato che divertirsi insieme semplicemente funziona abbastanza (mi riferisco alla festa di donne organizzata da noi il 9 marzo), mentre puntare su attività per donne, nel momento in cui ciò resta un fatto formale e senza grosso entusiasmo, non funziona più. A noi sembra che questo fatto sia legato ad una più generale carenza di idee e di iniziative che si manifesta da qualche tempo nel movimento delle donne torinese. Potrebbe essere un’osservazione azzeccata, ma è molto difficile fare una valutazione di questo tipo.
Il rapporto con le donne lesbiche vi ha creato dei problemi? È molto difficile fare un discorso generale su questo argomento. Torino è una città in cui un vero movimento di donne lesbiche slegato dal FUORI o da ambienti gay non è mai esistito; esiste una realtà a livello individuale e con connotazioni molto ambigue. Noi non ci siamo mai scontrate con dei problemi al riguardo, forse perché il locale non è aperto solo alle donne e quindi non sono scattate contraddizioni più specifiche. Donne lesbiche che frequentano il locale ce ne sono parecchie, ma in modo individuale, per amicizia; incide senz’altro il fatto che io sia lesbica e che frequenti quindi anche altri ambienti con queste donne (per esempio discoteche gay), che poi vengono nel nostro locale e sono abbastanza contente di questo spazio. Le critiche che ci rivolgono sono sul fatto che l’Uovo è a volte poco movimentato e che ci si può quindi annoiare, ma per il resto a quanto pare va bene così.
Che tipo di clientela frequenta tuttora il locale?
Mentre nel primo periodo l’Uovo è stato polo di aggregazione di un’area ben determinata di persone: gli ex militanti della sinistra, un po’ di intellettuali, gran parte delle femministe storiche e no, una fascia di amici e gente più anonima; un ruolo determinante l’hanno comunque giocato gli amici, anche perché il locale ruotava intorno a quindici donne. Attualmente l’Uovo ha perso abbastanza questa sua caratteristica diventando senz’altro un luogo molto anonimo, dove chiunque può andare e venire. C’è gente qualsiasi, forse ci sono più giovani: vengono anche i “disadattati” della zona (Porta Palazzo è uno dei quartieri più vecchi di Torino, con un alto numero di immigrati e di persone legate in qualche modo alla malavita); ci sono pure moltissime donne, anche più di prima, che sono però di tutti i tipi e vengono in due o a piccoli gruppi.
L’Uovo è stato soprattutto la realizzazione di un progetto con obiettivi economici e commerciali o l’avete inteso più come luogo di militanza politica? Ci sono state delle contraddizioni? A questo proposito bisogna affrontare un discorso molto particolare che si è tra l’altro chiarito col tempo e quindi non rappresenta soltanto una decisione ideologica presa in partenza ma è il frutto di ripensamenti e di scelte fatte in questi anni. Quando si è deciso di iniziare questa attività senz’altro le motivazioni principali erano legate alla militanza politica. Come ho già detto si puntava soprattutto su un tentativo di lavoro collettivo tra donne e su un’esperienza di vita di gruppo che superasse la frammentarietà di momenti fortemente ideologici che non trovavano una loro realizzazione concreta. Nello stesso tempo ci si voleva porre in modo chiaro, senza falsità e ambiguità dal punto di vista economico. Il progetto si basava sul volontariato di alcune compagne che nella loro vita svolgevano altri lavori, ma soprattutto sul lavoro a tempo pieno di altre tra noi. Era quindi necessario porsi anche dal punto di vista economico per far sì che un piccolo nucleo di compagne avesse un’adeguata remunerazione economica.
Questa situazione, anche se con alcune contraddizioni di fondo, ha funzionato per un lungo periodo poi man mano i nodi sono venuti al pettine. L’Uovo in effetti era vissuto in modo abbastanza diverso dalle compagne che ci lavoravano a tempo pieno rispetto a quelle che facevano dei turni come volontarie e quindi non retribuite: le prime avevano in mano la gestione totale del locale, avevano il potere; le altre seguivano un po’ a ruota il tutto, con delle giustificate frustrazioni e con la sensazione di non partecipare a tutto quello che accadeva. Durante le varie riunioni che si svolsero lo scorso anno, ho l’impressione che si fece luce soprattutto su questo punto: per creare una struttura funzionante sia dal punto di vista economico, sia da quello delle gratificazioni che dall’assenza di situazioni ambigue di potere, occorreva partire da un’organizzazione interna più chiara, in cui le protagoniste avessero una posizione comune. Mi spiego: l’Uovo poteva continuare ad esistere solo a patto di superare questa contraddizione con la massima chiarezza.
Era cioè necessario che un nucleo di tre-quattro persone si assumesse il carico delle attività, rischiando in egual misura, mettendoci dentro le stesse energie e traendone gli stessi profitti. Quindi oggi è senz’altro più chiara la nostra posizione dal punto di vista economico: il nostro è un lavoro che cerchiamo di rendere il più qualificato possibile e di affrontare con il maggior grado di responsabilità. Abbiamo anche capito che un elemento che ci interessa moltissimo è l’acquisizione di una nostra professionalità: è infatti gratificante svolgere bene un’attività con sicurezza.
Avete avuto problemi di gestione? Problemi ce ne sono sempre e tanti, genericamente perché a Torino è difficile sopravvivere come locale ‘diverso’ da tutti gli altri, diverso dai locali tradizionali, cioè bar e ristoranti; diverso dalle birrerie che ormai in città hanno avuto un’imponente affermazione e dilagano in ogni quartiere; diverso soprattutto perché gestito da donne. Ripeto che un elemento importante è la professionalità, cioè la sicurezza su cui si affronta tutta la gestione e con cui ci si confronta con l’esterno. Si va dalla capacità di porsi con i venditori e i fornitori di beni di servizi in genere, ai rapporti con le banche, a quelle con gli operatori culturali e le istituzioni di potere (siamo infatti un circolo ARCI). Qualsiasi struttura della nostra società è prevalentemente maschile e tende ad avere con noi da un lato un atteggiamento paternalistico e protettivo, ma dall’altro crede di poterci fregare come e quando vuole, per cui bisogna stare molto attente. Non ci si possono permettere debolezze o errori grossolani, anche perché ci vuole molto poco per perdere credibilità.
“non ci si possono permettere debolezze o errori grossolani ci vuole poco a perdere credibilità”
Rispetto agli obiettivi che vi eravate poste i risultati sono buoni, diversi o deludenti?
Mi riferisco soprattutto alla riapertura di settembre nel rispondere alla domanda. Mi sembra di poter affermare che siamo abbastanza entusiaste di come procede l’attività, soprattutto perché abbiamo verificato che non ci fermiamo mai ad una statica e sclerotica visione dei fatti. Abbiamo di solito la capacità di affrontare i problemi e di superarli tenendo conto delle nostre esigenze di vita. Abbiamo forse capito che in una città come Torino occorre essere più pragmatici e meno ideologici per gestire un locale: è necessario proporre in continuazione iniziative nuove e contemporaneamente mantenersi informate sulle diverse esigenze che la gente manifesta. Questo comunque non deve entrare mai in contraddizione con quello che noi siamo e con le nostre idee.
Ripetereste l’esperienza dell’Uovo? È molto difficile dare una risposta, anche perché sarebbe corretto consultare tutte le compagne che hanno dato un loro contributo in questi anni. Comunque penso che l’Uovo possa rispondere da sé, con la sua attuale presenza nella vita torinese, proprio perché non è morto ma è rimasto vivo ed ha avuto la forza di non sclerotizzarsi ma di rinnovarsi continuamente.
Nella realtà di Torino l’Uovo è necessario per chi?
Penso che l’Uovo sia tra i pochi locali torinesi dove chiunque possa venire quando vuole trovandovi un ambiente non caotico e rilassato. Ciò è apprezzato soprattutto dalle donne che possono venirci da sole o in gruppo con la sicurezza di stare tranquille, di non essere disturbate da alcuno, ma anche con la possibilità di scambiare due chiacchiere e di scherzare con noi.
a cura di Maria Stella Conte