congressi a confronto

maggio 1975

 

M.L.D.

Si è tenuto nei giorni 11-12 e 13 Aprile il II Congresso Nazionale del Movimento di Liberazione della donna. Dopo un saluto introduttivo di Adele Faccio, riconfermata alla presidenza, sulla «Riappropriazione della maternità e sessualità» da parte della donna, il Congresso ha affrontato una serie di problemi inerenti alla specificità dell’oppressione femminile, alla storia della donna, all’aborto, e problemi riguardanti l’attività e l’organizzazione del Movimento. Dopo la relazione della Segreteria uscente di Liliana Ingargiola ed Eugenia Roccella, vi sono state relazioni di: G. Cabrini su «La donna nell’antica Grecia», A. Mosciaro, Storia dell’MDL; A. M. Conti, Riflessioni sul momento attuale del femminismo contemporaneo; M. Bresso, Diritto della donna alla diversità; G. Tissini e A. Censi, Clericalismo e oppressione della donna; E. Mancuso, Unità dei movimenti femministi negli obiettivi e nelle lotte; L. Sica, Il separatismo; M. Levato sulla Storia del lavoro della donna; di E. Roccella sul Self-help; di J. Harris sulla Parità Effettiva in America; R. Filippini e Mirella Para-chini su l’MLD e il referendum abrogativo; di G. Di Vincenzo su Rapporti di sincerità e amicizia fra donne; di L. Remiddi Appunti per la creazione di self-help legali; di L. Ponsero su l’aborto dal punto di vista storico-politico. Queste relazioni saranno disponibili al più presto presso la sede del Movimento. Sono intervenute anche Elena Caporaso, Margherita Bonniver, Margherita Ingargiola e Enrica Lucarelli, responsabile della Commissione Femminile del PSI e Nilla Soncini per LUDI.

Per l’importanza dei temi trattati, per la partecipazione delle donne, il Congresso ha costituito un momento importante per il rilancio e la rifondazione del Movimento.

TESTO DELLA MOZIONE FINALE APPROVATA ALL’UNANIMITÀ’ AL CONGRESSO

Il II Congresso dell’MLD avendo preso in esame la condizione secolare di sfruttamento ed emarginazione di cui la donna è stata ed è tutt’ora oggetto, e che consiste nella appropriazione della sua energia biologica, sessuale, psichica, intellettiva e lavorativa, con conseguente ruolizzazione forzata, da parte della società patriarcale (la cui espressione storica attuale è il capitalismo) oppressione che in Italia risulta ulteriormente aggravata dall’ingerenza del potere clericale nelle istituzioni e nelle strutture dello stato; nella prospettiva della lotta non-violenta per la costruzione alternativa e globale di una società di liberi e di uguali; in solidarietà e in comunanza di lotta con tutti i gruppi oppressi, sfruttati, ed emarginati; valutando ed assumendo la metodologia non violenta come la propria peculiare forma di lotta, in quanto totalmente diversa e diversificante della strutturazione violenta dell’attuale società; riafferma la propria volontà federativa con il Partito Radicale in quanto il Movimento per la Liberazione della Donna, che ha un suo specifico ed autonomo campo di lotta, rappresenta un momento storico del più generale movimento di lotta di tutti i gruppi oppressi per la loro liberazione (che siano essi oppressi per ragioni di classe, di razza, di sesso o di età) e di tutti gli emarginati ed i diversi; individua, al momento attuale, nel Partito Radicale il partito le cui finalità possono assicurare sbocchi politici e risonanza alle sue inizative, e permettono di collegare queste ultime con altre lotte, che, pur non riguardando direttamente la liberazione della donna, contribuiscono alla costruzione di una società laica, socialista e libertaria;

in base allo Statuto, indica nel Congresso annuale il momento decisionale dal punto di vista politico dell’MLD; propone, con mozione a parte alcuni ritocchi allo Statuto pur conservandone inalterata la struttura fondamentale;

riafferma la presenza di diritto di due membri delegati dell’MLD all’interno del Consiglio Federativo del Partito Radicale, nominati dal Consiglio Federale dell’MLD. Sul piano dell’individuazione delle lotte a breve e a lunga scadenza, l’MLD appoggia nell’immediato la proposta dei 5 referendum avanzata dal Partito Radicale, in quanto scorge nel codice Rocco il momento più vergognoso e aberrante del paleo-capitalismo e la cerniera «legale» del regime clerico-fascista; nel referendum abrogativo del reato di aborto in particolare l’MLD vede un momento storico particolarmente significativo della lotta delle donne, in quanto il referendum rappresenta uno strumento democratico di consultazione diretta e di auto-gestione non delegata da parte delle donne.

Il II Congresso del MLD denuncia a questo proposito il vergognoso e irresponsabile disinteresse di tutto il parlamento Italiano nei confronti del problema aborto, che dimostra così ancora una volta di non rappresentare le donne che pur costituiscono il 52% dell’elettorato Italiano.

Ritiene colpevole e ingiustificabile qualsiasi ulteriore slittamento dei tempi del dibattito parlamentare sulle proposte di legge sull’aborto.

Esige dai parlamentari della sinistra, responsabili del rinvio della discussione, e che a parole affermano il loro impegno nella lotta per l’aborto, che d’ora in avanti la discussione avvenga direttamente in sede deliberativa e non referente. Dichiara di impegnarsi nei prossimi tre mesi a fondo nel referendum abrogativo del reato d’aborto ritenendo che debba costituire un momento unificante di forza e un salto qualitativo per il movimento delle donne. A tale proposito indice una giornata nazionale per l’aborto libero, assistito e gratuito, demandando alla segreteria l’organizzazione regionale entro un mese. Sul problema poi delle autodenuncie, e delle recenti manovre di regime per colpire in varie città Italiane le donne che si sono autodenunciate, il MLD si impegna a fare di ogni eventuale processo un grosso processo politico nella certezza che ogni processo per aborto, per reato di aborto o per concorso in reato di aborto è vincente in partenza grazie alla mobilitazione militante, e che l’autodenuncia rappresenta un’arma non violenta importantissima per la conquista dei diritti civili. Infine il MLD individua come ipotesi di lotta per il prossimo anno e a più punga scadenza:

a) la socializzazione degli emarginati( vecchi, bambini, malati) ora demandati alle cure «ad azienda familiare» che pesa esclusivamente e si regge sulle spalle delle donne. Dobbiamo ottenere la socializzazione permanente degli emarginati, evitando il rischio della ghettizzazione e inserendoli nella struttura sociale, ambientale e politica in cui vivono individuando forme di esistenza alternativa alla struttura patriarcale e monocellulare. A questo proposito il congresso indice un convegno autunnale con data da stabilirsi per rendere specifici questi ed altri temi di lotta del movimento.

B) All’interno di questa lotta e nello specifico, l’appoggio all’ipotesi di socializzazione permanente delle carceri femminili, veri e propri lager, la lotta per l’abolizione dei manicomi criminali e per la laicizzazione del personale di custodia.

C) Un impegno preciso per il radicale cambiamento dell’economia capitalistica. Individuando nel consumismo uno dei meccanismi fondamentali di riproduzione e conservazione del potere borghese e una valvola di sicurezza del potere patriarcale in quanto ripropone la mistica della femminilità, come donne ci rifiutiamo di sottoporci alla strumentalizzazione del prodotto di mercato (cosmesi, moda, casa, oggetti). Questo impegno per il cambiamento fa parte dell’individuazione globale e del «recupero» di un’autentica cultura femminista, che già sin da ora si potrebbe a buon diritto chiamare umanesimo femminista.

E’ stata anche approvata all’unanimità una proposta di studio per l’applicazione della < parità sostanziale», cioè la possibilità di riservare alle donne la metà dei posti di lavoro, quantitativamente e qualitativamente disponibili, in tutti gli enti pubblici e privati, nei partiti, secondo procedimento ancora da studiare nei dettagli. Un altro importante risultato del Congresso è stata l’accettazione di una norma transitoria, modificante l’articolo 2 dello Statuto, norma con la quale si sono esclusi gli uomini dall’iscrizione e dalle cariche all’interno dell’MLD, riservando loro per il 1975 e fino al prossimo Congresso, la sola tessera di simpatizzante.

 

M.L.D.A.

Pensiamo che per noi femministe, passata una fase in cui tutto è sembrato bello e facile, siano sorti dei problemi seri. Dopo una fase cioè in cui trovare una solidarietà fondata sulla comune esperienza di essere donne è sembrato — ed è stato anche — un momento di rottura e di lotta, è nato il problema di come contare di più per cambiare davvero qualcosa per tutte le donne sfruttate ed oppresse. Se è vero che questo è un problema, come noi pensiamo, di tante compagne, è giusto che proviamo a risolverlo in modo unitario, cercando di farci chiarezza per andare avanti nella lotta. La risoluzione dei problemi delle donne non può ritrovarsi in scelte individuali: esistono delle cause oggettive del nostro sfruttamento e della nostra oppressione che stanno oggi nell’organizzazione capitalistica della società. E’ necessario individuare queste cause, scegliere degli obiettivi che possano incrinarle o rovesciarle e organizzarsi e combattere in prima persona. Questi sono i contenuti che noi abbiamo portato avanti nel dibattito all’interno del M.L.D. e i temi fondamentali poi del Congresso di Milano. Purtroppo non ci siamo andate tutte insieme al Congresso: il come e il perché non sta tanto nelle vicende formali ma in scelte di fondo che ci hanno separato, i cui contenuti possono, perché toccano i nodi fondamentali della lotta femminista, essere oggetto di dibattito per l’intero movimento.

In primo luogo l’autonomia: noi non pensiamo che si possa aprire un dibattito sui metodi, contestando voti e deleghe per esempio, se la scelta di fondo resta quella di accettare che i metodi, buoni o cattivi che siano, ci vengano suggeriti o imposti da altri. Noi pensiamo che ci sia una profonda contraddizione tra l’esigenza, che si è fatta chiarissima in noi, di lottare in prima persona, partendo dalle nostre specifiche condizioni — esigenza su cui si fonda lo stesso movimento femminista — e l’essere federati a qualsiasi partito. Per questo volevamo nel Congresso porre il problema della sfederazione dal Partito Radicale: a Milano non ne abbiamo neanche discusso perché eravamo tutte d’accordo e con noi tutte le compagne venute da diverse città che partecipavano al nostro dibattito. Neanche a Roma probabilmente, perché in quella sede, pensiamo, si dava per scontato il contrario.

Certo questa scelta per alcune, le compagne che da più tempo militavano nel M.L.D. federato al Partito Radicale, ha significato assumersi responsabilità molto più grosse. Organizzare un congresso senza finanziamenti ci ha messo veramente tutte a dura prova. Una prova che abbiamo superato in gran parte per la solidarietà di molte compagne e compagni e in particolare di quelli de «La Comune» che ci hanno messo a disposizione la Palazzina Liberty con in cima piantata la bandiera rossa. Una bandiera rossa che ci sembrava esprimesse la nostra volontà di lottare da oppresse e sfruttate a fianco di tutti gli sfruttati e gli oppressi. Questo poi è il secondo nodo del dibattito all’interno del M.L.D. che secondo noi è un nodo fondamentale per tutto il movimento femminista. Non tanto perché il movimento femminista non esprima nel suo complesso una profonda carica di contestazione del sistema capitalistico, ma perché a nostro avviso, se questa carica vuole divenire lotta davvero incidente, deve trovare degli obiettivi antagonisti al capitale e il metodo corretto per portarli avanti.

Su questi obiettivi e su questi metodi abbiamo voluto aprire un dibattito nel Congresso di Milano. Noi speriamo di avere ancora spazio su queste pagine, che rappresentano uno dei pochi strumenti di collegamento del movimento, per poter pubblicare i nostri documenti. Vogliamo però in sintesi riassumere il dibattito di Milano al quale hanno partecipato compagne di molti collettivi di diverse città con contributi fondamentali. Le nostre relazioni hanno messo al centro della proposta l’esigenza che la lotta femminista si qualifichi sempre più come componente essenziale della lotta di classe, nella prospettiva che il movimento femminista si collochi, conservando la propria autonomia, all’interno dello schieramento proletario e che il movimento operaio assuma complessivamente l’istanza della liberazione della donna. E’ stato puntualizzato che questo collegamento si realizza effettivamente attraverso l’assunzione di due obiettivi generali, l’abolizione del lavoro domestico privato e la negazione dell’oppressione della sessualità femminile, obiettivi che si collocano entrambi nell’ottica della distruzione della famiglia borghese e della divisione sessuale dei ruoli.

L’esigenza dell’abolizione del lavoro domestico privato si traduce a livello politico nell’obiettivo della sua totale socializzazione, attraverso l’istituzione di servizi sociali gratuiti e funzionanti 24 ore su 24. Tale obiettivo si scandirà naturalmente a livello tattico in proposte di lotta parziali, individuate e verificate nella loro praticabilità in situazioni concrete. L’oppressione sessuale della donna costituisce il conseguente complemento dello sfruttamento che essa patisce, in quanto le impone altresì l’alienazione del corpo e le preclude definitivamente qualsiasi reale spazio di autonomia. Da questo punto dì vista, il progetto femminista di riappropriazione del proprio corpo significa il rifiuto dell’esclusiva realizzazione per altri, per proclamare il diritto delle donne a vivere una sessualità ed una maternità libera da qualsiasi imposizione, in una parola a vivere finalmente da soggetto e non da oggetto. Per lottare contro lo sfruttamento e l’oppressione le donne devono organizzarsi costruendo un movimento femminista politico e di massa, autonomo da qualsiasi partito. Aver raggiunto individualmente certi livelli di presa di coscienza intellettuale non garantisce assolutamente un risvolto politico: essere in grado ora di criticare lo sfruttamento e l’oppressione non vuol dire automaticamente avere la forza o i mezzi per rifiutarli fin da ora nella realtà.

Il dibattito si è soprattutto soffermato sulle questioni dell’intervento fra le masse femminili proletarie, sulla necessità che la pratica dell’autocoscienza non esaurisca qualsiasi impegno di lotta e sull’intreccio strettissimo che deve intercorrere fra la battaglia per l’occupazione femminile e per la socializzazione del lavoro domestico. Senza la realizzazione di quest’ultimo obiettivo, è stato infatti detto, le donne che cercano nell’occupazone un primo spazio di autonomia ricadranno sempre invece nel doppio sfruttamento a casa e sul posto di lavoro. Il Congresso ha approvato i documenti e la piattaforma proposti (che possono trovarsi a Roma con il titolo «Lotta femminista e lotta di classe» presso la Libreria «La Maddalena «o richiedersi a Elena Bertonelli – Corso Vittorio Emanuele, 70 – Napoli), ha deciso la sfederazione dal Partito Radicale e la trasformazione della sua denominazione in Movimento per la Liberazione della Donna Autonomo (M.L.-D.A.).

 

Compagne a che e a chi serve dividerci

Di fronte alla scissione in atto nel M.L.D. noi come femministe non possiamo non sentirci coinvolte, il che non significa prendere posizione a favore di una o dell’altra parte, ma cercare di capire i meccanismi che hanno prodotto questa situazione.

Anche nei nostri collettivi ci troviamo continuamente di fronte all’emergere di istanze e tensioni diverse, che accettiamo e anzi stimoliamo, non’ senza difficoltà e crisi, come aspetti molteplici che contribuiscono all’arricchimento e alla crescita del movimento autonomo delle donne. Tutte noi donne ci portiamo dietro condizionamenti della società maschile, ma soprattutto schemi e modi maschili di fare politica.

Ed è attraverso la presa di coscienza che cerchiamo di individuarli e di superarli per trovare una nostra autentica e autonoma dimensione politica.

Senza dubbio il lavoro di decondizionamento è molto più difficile se non impossibile quando alle spalle dei gruppi femministi ci sono forze politiche maschili che strumentalizzano le donne e le dividono. Non vogliamo entrare nel merito della «scissione «poiché quello che ci interessa affrontare è la «logica di potere» consapevole o no, ma comunque estranea ai movimenti femministi; logica che consente il perpetuarsi di metodi e di prassi che perdono di vista il nostro obiettivo principale. Obiettivo che dovrebbe essere quello della dialettica interna senza mai arrivare a scomuniche di nessun genere; una logica di potere che porta in sé come unico risultato, non al confronto democratico, né all’analisi e alla ricerca di chiarezza delle rispettive crisi interne ma bensì porta alla battaglia condotta a suon di nuove iscrizioni, avalli e consensi, richiesti per salvare una sigla.

E’ proprio tanto importante salvare una sigla?

Crediamo che si dovrebbe discutere a fondo su questo che noi riteniamo essere un falso problema che nasconde ed impedisce di affrontare finalmente l’unico vero principio che è quello dell’AUTONOMIA.

Autonomia che oltre ad essere ideologica, lo è anche per quello che riguarda metodi, strumenti e prassi nel porsi e nel realizzare gli obiettivi.

Se si è vittime del pragmatismo, del privilegiare l’attivismo a scapito della presa di coscienza, strumento indispensabile per una azione consapevole, come possono stupire simili logiche conseguenze, che sono nello stesso tempo «causa ed effetto» della mancanza di contenuti autonomi, più che divergenze di idee e di prassi.

SIGLE – PUBBLICITÀ – FEDERAZIONI E CONSENSI – STATUTI – ISCRIZIONI -TESSERE – DELEGHE – PIATTAFORME ci hanno sempre trovate estranee, e non può non trovarci estranee qualsiasi polemica che scaturisca da simili premesse. Questo nostro intervento vuole essere solo uno stimolo alla discussione, che riteniamo sia l’unico reale contributo a tutte indistintamente le compagne dell’M.L.D. e non siamo attivamente partecipi come Collettivo né al Congresso dì Roma né a quello di Milano è per riaffermare il rifiuto ad essere strumento di avallo numerico o anche solo di «consenso» ad una operazione che ci appare di stampo partitico.

Ci dichiariamo invece sempre disponibili a confrontarci e a collaborare per analisi o per azioni comuni, purché su una base di vera autonomia e con tempi, modi e contenuti scelti e portati avanti in prima persona da noi donne.

Intervento ai Congressi del MLD e del MLDA