aborto

l’alternativa dell’autogestione

luglio 1975

 

Domanda: In quale prospettiva politica vi ponete, voi di Stampa Alternativa, nel proporre in libreria il vostro libro?

Carmela: Il libro rientra nella collana di Stampa Alternativa, e s’intitola «Manuale di auto-cura e autogestione aborto». Noi non ci poniamo come un gruppo politico che propone una linea, ma come un servizio di informazione che vuol far girare in tutta Italia una serie di informazioni su tutti gli argomenti che possono riguardare un discorso alternativo. Ho lavorato 6 mesi in Inghilterra con un gruppo che si occupava di ricevere donne che volevano abortire e di mandarle nelle cliniche giuste. Quello che ho notato ricevendo le donne che venivano dall’estero, soprattutto le Italiane, era che fondamentalmente queste arrivavano a Release terrorizzate. Arrivavano con una grandissima ansia, una grandissima paura: il loro terrore era di morire, di fare questo aborto e morire. Alcune di loro ritornavano dopo l’aborto e mi dicevano: se avessi saputo che era una cosa così semplice, così poco pericolosa, così poco dolorosa, non mi sarei preoccupata. Mi è quindi sembrato importante in questo libro insistere soprattutto sulla differenza fra tecniche abortive dannose e tecniche non dannose e soprattutto sul fatto che l’aborto, in se stesso, non è assolutamente una operazione pericolosa se fatta in certe strutture sanitarie o almeno con ben precise garanzie tecniche. Per esempio nel libro si dice che l’aborto ben fatto è meno pericoloso del parto. Nei paesi in cui l’aborto è liberalizzato è più alta la mortalità per parto. E questo è molto importante da dire. E’ quindi anche molto importante diffondere le tecniche di aborto meno dannose. Ora sappiamo che il Karman, da tutte le ricerche che sono state fatte, è la tecnica meno dannosa. Quello che va fatto, quello che mi sembra vada delegato ai gruppi femministi, è proprio vigilare affinché questa tecnica venga usata in maniera corretta, e questo sia che lo si adoperi in un clima di repressione politica, quindi come lo adopera il Cisa e gli altri gruppi, provocatoriamente, sia che venga adoperato un giorno negli ospedali. Domanda: Questo libro si rivolge quindi soprattutto alle donne? Carmela: Si, infatti devo dire che, per esempio, rispetto al libro dell’MLD quello di Stampa è meno dettagliato, per ciò che riguarda lo svolgimento vero e proprio dell’intervento abortivo. E’ assolutamente impossibile, dopo aver letto il libro, praticare un aborto Karman. Il libro serve solo a dare una serie di indicazioni alla donna, e riporta anche tutta una serie di indirizzi per chi voglia eventualmente imparare a praticarlo.

 

Domanda: Vorremmo sapere dalle compagne del’MLD con quali intenzioni hanno pubblicato il loro libro «Aborto: facciamolo da noi». E cioè, il vostro libro vuole dare, come Stampa Alternativa, delle informazioni per far crescere la rivendicazione di base delle donne o intende invece suggerire le conoscenze atte ad eseguire da sole l’intervento?

Eugenia: Il nostro libro è più dettagliato di quello di Stampa perché è nato dalla esperienza, dalla pratica. Cioè l’esperienza di auto-assistenza (self-help) che molte compagne del CISA e del MLD hanno fatto, imparando le tecniche soprattutto da compagne francesi o andando all’estero, e in qualche caso anche assistendo medici del CISA. Però lo scopo del libro resta quello che ha illustrato Carmela: cioè non di insegnare a praticare il Karman, cosa impossibile senza qualche mese di pratica con un gruppo di auto assistenza, ma di fornire alle donne: a) informazioni su come dovrebbe e potrebbe essere praticato un aborto, spiegando esattamente le fasi dell’intervento, quali strumenti devono essere adoperati, cosa è meglio per la donna; b) indirizzi a cui rivolgersi sia se deve abortire sia se vuole imparare a praticare l’aborto, o comunque aiutarci.

Lucia: E va puntualizzato — perché non salti fuori che queste compagne si sono messe lì a fare l’aborto senza avere esperienza — che sono occorsi alle compagne mesi di tirocinio e che non è possibile a chiunque — questo deve essere ben chiaro — fare l’aborto senza una esperienza dietro.

Cecilia: C’è però un problema aperto, cioè che altri gruppi che non sono politici inizino a praticare l’aborto e a noi, al Comitato Romano per l’Aborto e la Contraccezione, è capitata una denuncia: persone che hanno cominciato a fare aborti per procurarsi eroina, a scopo di lucro.

Lucia: Fare gli aborti a scopo di lucro è ciò che avviene da sempre. Ciò che mi sembra qualificante e di enorme garanzia politica per le donne è sottolineare la gratuità dei gruppi che fanno l’aborto. Credo che questo sia uno dei dati fondamentali che si qualifica a livello politico, cioè superare il momento di speculazione senza richiedere un pedaggio alla donna che già ne ha pagati abbastanza.

Eugenia: Per i gruppi di autoassistenza questo è scontato, in quanto sono composti da militanti, che dalla loro militanza non ricavano nulla. Ma è importante, sia per non favorire nelle donne l’atteggiamento passivo tipo «pensate voi a tutto», sia perché sia chiaro che non siamo né vogliamo essere un’associazione di beneficenza ma facciamo questo con uno scopo politico, chiedere alle donne un contributo politico, indicando quanto al gruppo tra strumenti, viaggi, telefonate ecc., costa in media un intervento, lasciando poi libere le donne di decidere quello che ci vogliono dare, secondo le loro possibilità».

Domanda: E’ vero però che finora il self-help era un tramandarsi di gruppo in gruppo una esperienza. Non ti pare che nel momento in cui tu esci in libreria ti venga a mancare questo controllo 

Emma: Che la gente faccia aborti a scopo di lucro corrisponde a quanto accade abitualmente oggi. Ma non credo proprio che la diffusione del metodo Karman sia favorita dal fatto che è una tecnica semplice o che venga pubblicizzata: anche mettere una sonda è estremamente semplice, addirittura più semplice del Karman, quindi non è diffondendo informazioni su questo metodo che ci troveremo la gente che fa la fila per imparare. Quello contro cui dobbiamo combattere e che permette le speculazioni e le pratiche rischiose, è la clandestinità dell’aborto e l’ignoranza delle donne, la passività e la disinformazione in cui sinora sono state tenute. Per questo è importante la diffusione del libro e delle notizie sul self-help.

Eugenia: Noi del MLD e del CISA teniamo moltissimo a coinvolgere l’opinione pubblica, le donne, soprattutto le non femministe. Vogliamo informarle dell’esistenza del self-help e della possibilità di una medicina alternativa, di un controllo diretto delle” donne sulla medicina. E’ importante che conoscano il loro corpo di più, le tecniche dell’aborto e le tecniche contraccettive, le malattie femminili ecc., tutto «dalle donne alle donne». Per questo ne parliamo nel libro e ne riteniamo la diffusione essenziale.

Wanda: I pericoli che corriamo d’altronde quali sono? O che le mammane imparino il Karman, o che lo imparino i medici speculatori, o che lo utilizzino persone o organizzazioni di cui non ci fidiamo. La situazione attuale delle pratiche abortive clandestine mi sembra terrorizzante, e la nostra proposta tende a renderla meno spaventosa per l’immediato, e in prospettiva ad eliminarla con una legge liberalizzatrice. Da una parte diffondiamo la possibilità di fare l’aborto a prezzi bassissimi e con un metodo sicuro, in un clima di solidarietà ed amicizia, dall’altra diffondiamo l’informazione su questo metodo, rendendo le donne più coscienti e quindi meno disponibili a fare da cavie o a consegnarsi al medicone del raschiamento a 500.000 lire. Che poi oltre alla mammana colla sonda ci sia quella con la cannula o accanto al raschiamento da un milione ci sia l’aspirazione da altrettanto mi sembra relativamente meglio e senza dubbio non peggio. E comunque noi combattiamo per ottenere, tramite questa nostra proposta, e altre, come il referendum o le autodenunce, l’aborto libero e gratuito praticato negli ospedali col metodo Karman: cioè una legge che renda l’aborto libero ma insieme la garanzia per le donne di una QUALITÀ’ di assistenza e di tecniche. Credo comunque che sul self-help il movimento femminista possa mantenere un certo controllo, prima di tutto perché bene o male per praticare il Karman in Italia penso sia necessario passare per le strutture esistenti, che sono nostre, e poi perché, come dice Emma, non ci saranno le file di persone che vogliono imparare solo perché vendiamo il libro o spieghiamo che il metodo Karman è semplice, e i canali da cui usciranno le donne che imparano saranno sempre i nostri: i gruppi già esistenti, le donne che abortiscono con noi, le femministe.

Domanda: Come si può ipotizzare il passaggio da una pratica alternativa autogestita all’aborto fatto in strutture pubbliche? Non esiste il pericolo che ad un certo momento la struttura pubblica non si faccia carico di questo bisogno collettivo perché ci sono dei gruppi alternativi che se ne occupano?

Emma: A nessuna di noi interessa diventare un’abortista per professione. Se lo facciamo e vogliamo che altre lo .facciano è perché innanzitutto riteniamo che sia la strada giusta (affiancata ad altre iniziative) per costringere lo stato a darci l’aborto libero, sicuro ecc. La nostra disobbedienza civile è scandalosa e intollerabile per il sistema. Quello che il regime ha sempre tentato di fare è di imporre il silenzio sia sulle donne che direttamente alle donne: se si scopre il gioco, il castello di carte su cui è stata edificata l’oppressione della donna, per esempio tramandando e diffondendo l’opinione che l’aborto è assassinio e il corpo femminile tabù, che il rischio che corre la donna che abortisce clandestinamente è la giusta punizione per il peccato/reato che ha commesso, crolla. Le donne scoprono che di aborto si. può parlare, che si può fare con poco dolore e in modo semplice, e questo è un grosso pericolo per il regime. In Francia il Miao ha praticamente ottenuto l’approvazione della legge. E’ vero che la legge che è passata non è ideale e che non vi è nemmeno contemplata la differenza tra raschiamento e aspirazione, ma questo è un rischio che è inevitabile correre, e che sta a noi, alla nostra forza e capacità di iniziativa politica di evitare: cioè non avere il peso per far passare una legge veramente buona, e ritrovarsi con una situazione non molto migliore di prima.

 

Domanda: E’ stato preso in considerazione il fatto che si costituiscono le unità socio-sanitarie di quartiere, le uniche che potrebbero offrire strutture adatte, ambulatoriali, capaci di eseguire l’aborto per aspirazione?

Emanuela: Il problema oggi è trovare una alleanza con tutti i gruppi femministi che portano avanti un discorso unitario sull’aborto ed entrare quindi ad operare nei quartieri, a diretto contatto con le unità socio-sanitarie.

Carla: Il problema delle unità socio-sanitarie di quartiere si è posto anche a noi, del Comitato, quando ci siamo chieste come allargare il movimento e come impostare dei rapporti molto più capillari. Il problema è che, nel momento in cui tu vai all’interno dei quartieri per proporre un aborto autogestito, sei facilmente individuabile e quindi corri dei rischi oggettivi. Ora, a mio parere questi rischi dobbiamo correrli perché la mobilitazione di massa sull’aborto non ci sarà mai se non corriamo il rischio di andare dentro. L’unica garanzia che abbiamo di fare una battaglia vincente è cercare di correre dei rischi all’interno di una grossa battaglia sui temi femministi, allargando la tematica dell’aborto a quella della sessualità, della contraccezione, della maternità libera e consapevole: in caso contrario non solo non risolveremo il problema dell’aborto ma ci ritroveremo con una legge arretrata senza essere in grado di dar battaglia e senza avere il potere per instaurare un rapporto diverso con i medici e le strutture sanitarie.

 

Domanda: In quale modo la prassi femminista del self-help riesce a creare un nuovo rapporto con i medici? 

Emanuela: All’inizio, per fare aborti, ci siamo valse di medici e ci siamo rese conto che non potevamo opporci al loro modo di operare. Il discorso veniva sempre ribaltato: il medico lo sa meglio di te, il medico lo fa così. Al limite teorizzavano che lo speculum di ferro era meglio di quello di plastica. Adesso abbiamo praticamente dimostrato che lo speculum di plastica è meno traumatizzante. Lo abbiamo usato tutti i giorni. E’ la nostra esperienza contro quella del medico. Lo stesso discorso vale per i dilatatori di ferro, che i medici hanno sempre usato, con il rischio di procurare perforazioni. Noi, sull’esempio dei paesi che praticano il Karman come la Cina, la Francia, la Svezia, gli Stati Uniti, abbiamo introdotto l’uso degli strumenti in plastica, dimostrando che vanno altrettanto bene, anzi meglio. E oggi possiamo fare con i medici un discorso di tipo contrattuale: la nostra esperienza contro la loro, un rapporto di tipo paritario a livello tecnico.

 

Domanda: Nel caso passi una legge, i gruppi che praticano ora l’aborto non dovranno abbandonare la pratica e diventare solo movimenti di pressione ideologica? Per esempio in Francia, le compagne femministe hanno svolto negli ultimi tempi essenzialmente una funzione di controllo, vigilando affinché gli aborti vengano eseguiti negli ospedali e rinunciando quindi loro stesse ad eseguirli. 

Emma: A questo punto non ho idee troppo definite, perché non sappiamo che tipo di sviluppo avranno il self-help, la medicina per le donne, la situazione politica, o di che tipo sarà la legge che potrà passare. Secondo me non è detto che ottenuta la legge ci si saluta e tutto finisce. Il discorso sull’aborto è troppo legato alla crescita del movimento, all’autogestione della sessualità femminile e della medicina, e alla necessità di avere punti di riferimento di quartiere. D’altra parte più conoscenze e nozioni ha una donna maggiore è la sua forza nel l’affrontare i medici. Per adesso credo veramente impossibile dare una prospettiva definitiva.