poesie
ultime parole
Non voglio una semplice cassa, voglio un sarcofago
Con strisce tigrate, e sopra una faccia
Tonda come la luna, da fissarci.
Voglio che guardi loro quando vengono
Raccattando fra muti minerali, le radici.
Già li vedo… le pallide, facce distanti come stelle.
Ora non sono più nulla, non sono neppure bambini.
Li immagino senza padri né madri, come i primi dei.
Si chiederanno se ero importante.
Zucchererò e preserverò i miei giorni come frutta!
Il mio specchio si sta oscurando.
Ancora pochi respiri, e non rifletterà più nulla.
I fiori e i visi si sbiancano come un lenzuolo.
Non credo allo spirito. Fugge come vapore
Nei sogni, attraverso il buco della bocca o il buco dell’orecchio. Non posso fermarlo.
Un giorno non tornerà indietro. Le cose non vanno così.
Restano, i loro piccoli lustri particolari. Riscaldati dal molto maneggiarli. Fanno quasi le fusa.
Quando le suole del mio piede diventeranno fredde,
L’occhio blu del mio turchese mi conforterà.
Lasciatemi le pentole di rame, lasciate che le mie pentole rosse
Mi fioriscano intorno come fiori notturni, con un buon profumo.
Mi arrotoleranno come in bende mi metteranno da parte il cuore
Sotto i miei piedi in un pacco pulito. Quasi non mi riconoscerò. Sarà buio,
E lo splendore di queste piccole cose più dolci del viso di Ishtar.
sono verticale
Ma vorrei essere orizzontale.
Non sono un albero con la radice nella terra
Che succhia minerali ed amore materno
Per brillare ogni Marzo nella foglia,
Né sono la bellezza di una aiuola
Spettacolarmente dipinta, che sollecita la mia parte di Oh !
Non sapendo che presto sarò solo gambo.
Rispetto a me, un albero è immortale
Ed una corolla non ampia, ma più improvvisa
Ed io desidero la longevità dell’uno e l’audacia dell’altra.
Stanotte, nella luce infinitesimale delle stelle,
Alberi e fiori vanno disseminando freschi profumi.
Cammino fra loro ma non sembrano notarmi.
A volte penso che mentre dormo
Debbo rassomigliarli perfettamente.
Pensieri come nebbie.
E’ più naturale per me, quando giaccio.
Allora il cielo ed io corrispondiamo.
Sarò utile quando giacerò per sempre:
E forse gli alberi mi toccheranno per una volta, e i fiori avranno tempo per me.
orlo
La donna si è compiuta.
Il suo corpo
Morto indossa il sorriso della grazia
L’illusione di una necessità greca
Scorre nelle spire della sua toga,
I piedi
Nudi sembrano dire:
Siamo venuti fin qui, è già finita.
Ogni bambino morto attorcigliato, un bianco serpente,
Uno a ogni piccola
Brocca di latte, ora vuota.
Lei li ha ripiegati
Nel suo corpo come petali
Di una rosa chiusa quando il giardino
Si avvizzisce e profumi sanguinano
Dalle dolci, profonde gole del fiore notturno.
La luna non ha ragione di rattristarsi
Fissando dal suo cappuccio di osso.
E’ abituata a questo genere di cose
Le sue cavità si trascinano e scricchiano.
(trad. Teresa Campi)