andando per arte
così, andando per Arte, si prendono tutte le strade, anche quelle sacre. «Arte Sacra», mostra fino all’I 1 gennaio corrente anno al Palazzo dell’Esposizione di Roma. Oggetto della mostra: arredi sacri. In parole povere: calici e contenitori di ossa, le ossa naturalmente sono sante. Anche pezzi di legno tratti da quel bosco di «vere croci» di cui pullulano le chiese cattoliche. Si va dai primi del 1100 fino all’800, accanto all’oggetto un cartellino con didascalia, epoca e nome o scuola dell’artista scultore, cesellatore, modellatore, stuccatore.
Gran parte della mostra dedicata ai sacri lini, alle sacre sete, alle sacre lane: paliotti, piviali, pianete, ecc. Stupendi ricami, stupendi per il disegno, il gioco dei colori e la fattura, arricchiscono velluti e broccati, dando loro dignità d’Arte. Accanto il solito cartellino porta la data dell’oggetto, l’uso al quale era destinato, il nome del sant’uomo che lo indossò e note a rammentare come da quei tessuti si possa comprendere l’evoluzione dell’Arte in genere nei diversi periodi. Sacri vasi si alternano a sacri paramenti, nomi di uomini-artisti a quelli di uomini-santo, qua e là un nome di donna: dimenticate sante di Bisanzio, di Cartagine e d’Italia, ridotte a un pezzo d’osso incapsulato d’oro. Improvviso ecco il miracolo: un oggetto a destinazione femminile! In una teca, grande quanto me, un delizioso vestitino, gonnella e corpetto di seta bianca arabescati in oro. Finalmente un vestito da donna! Donna? L’unica: la Sposa-Madre-Vergine Maria. Ad ogni modo un vestito da donna e (chissà perché?) tanto basta a farmi scattare nella testa l’associazione d’idee vestito da donna-donna in genere… già, la donna in genere! Fino a quel momento chi ci aveva pensato (chi ci pensa mai, comprese noi stesse?) al posto della donna nell’Arte Sacra? Chi aveva ricamato quelle vesti? chi aveva pensato i disegni? chi aveva scelto i colori? chi, giorno dopo giorno, aveva passato una vita su quel manto? Nessun nome di donna, file e file di ricamatrici dal 1100 al ventesimo secolo artiste escluse da ogni arte, che solo sui tessuti potevano, filo dopo filo, ago dopo ago, intessere i loro colori, esprimere i loro arabeschi. Dimenticate, inesistenti. Solo i paliotti, solo le vesti per l’uomo-sacerdote, e, dietro le grate, la monaca con gli occhi sciupati, o, sulle panche, in fila, donna dopo donna dal nome mai conosciuto.