cosmetici costosi e dannosi

maggio 1975

 

Quando si comincia a parlare di un giro d’affari di 800 miliardi di lire come è quello del mercato dei cosmetici, non c’è dubbio che questi ricoprano nella nostra società un ruolo assai significativo. Ed è un significato che va al di là dell’abbellimento, esprime un comportamento, una scelta, un modo di vivere. Ci sono donne che non vanno neppure al pronto soccorso se prima non si sono passate la matita sugli occhi, il rimmel sulle ciglia. L’ordine degli industriali cosmetologi alle donne di mettersi in faccia la crema detergente, la crema idratante, il tonico purificante eccetera è stato accettato come una disciplina obbligatoria, ricattatoria, per piacere, per essere accolte in una società che vuole ancora un’immagine di donna «sempre in ordine», una immagine caroselliana di «calma e benessere», senza problemi, pronta ad assumere quelli degli altri. In base a questo imperativo, che fa leva sull’insicurezza secolare della donna, sulle sue emozioni piuttosto che sulla sua capacità di razionalizzare, poco ci si preoccupa di dare delle informazioni sui reali contenuti di questi prodotti, perché si vuole soprattutto agire sui loro effetti magici, e la magia non si spiega, si accetta o si rifiuta.

Quindi, al di là del discorso economico (come abbiamo già visto, nessun campo come quello dei cosmetici registra un simile divario qualità-prezzo), esiste anche un altro problema, molto più serio: quello dell’innocuità di questi prodotti che, a differenza di quelli medicinali che vengono usati per un certo periodo e poi smessi, possono venir adoperati anche per 30-40 anni. E siccome oggi nessun cosmetologo pensa di limitare la sua opera a mascherare un difetto estetico o renderlo meno appariscente, ma tende ad entrare nel vivo del problema cercando di risolverlo, questa intenzione crea delle grosse preoccupazioni dal punto di vista sanitario, in quanto non esiste nessuna prova che il riuscire ad ottenere degli effetti estetici immediati, non possa poi compromettere l’equilibrio organico di una persona. E’ dunque di fondamentale importanza dare una risposta attraverso una legislazione corretta, ad ogni eventuale dubbio sulla reale necessità di una valutazione tossicologica di questi preparati, anche in considerazione delle sperimentate reazioni anomale da essi determinate. Per esempio fenomeni irritativi primari sia immediatamente dopo l’uso, che dopo un certo periodo di applicazione; lesioni dovute a iper-sensibilizzazione, come le dermatiti eczematose allergiche da contatto o la formazione di un granuloma, dermatiti da fotosensibilizzazione, reazioni fisiche per occlusione dei pori, tossicità in seguito a inalazione o da assorbimento cutaneo (carcinofeni) e altre reazioni di vario tipo. I motivi per cui l’applicazione sulla pelle di un preparato cosmetico può determinare la comparsa di alterazioni patologiche sono, in linea generale i seguenti:

1 ) presenza di ingredienti tossici nel prodotto al momento della formulazione (non determinati da controlli sufficienti alla produzione);

2) presenza di ingredienti tossici non riscontrabili durante la preparazione ma formatisi in momenti successivi in seguito al deterioramento del prodotto;

3) abuso o uso improprio del prodotto da parte del consumatore in circostanze non previste (es. applicazione crema depilatoria in faccia) ;

4) fenomeni individuali di idiosincrasia;

5) imprevista associazione di vari cosmetici o di cosmetici con altri prodotti.

Si potrebbe dire a questo punto che nonostante l’impiego assai esteso dei cosmetici, la frequenza di reazioni tossiche ad essi sicuramente attribuibili è relativamente limitata. Ci si deve però chiedere quante volte le reazioni che si verificano siano abbastanza gravi o prolungate da richiedere la visita di un medico; quante volte questo medico sia un dermatologo in grado di porre una relazione tra causa e effetto, correlazione che può essere difficile se le alterazioni sono determinate da effetti tossici accumulatisi nel corso di un trattamento prolungato. Inoltre bisogna anche tener conto del fatto che molto spesso il consumatore che ha verificato una sua sensibilizzazione a un dato prodotto, si limita a cambiar marca in profumeria e non si sogna di lamentarsi col produttore. Bisogna poi considerare che oggi il rischio di tossicità rappresentato dai cosmetici è maggiore di ieri, in quanto ai vari eccipienti e principi attivi spesso di origine naturale e collaudati da anni che costituivano i vecchi preparati, si vanno sostituendo quelli moderni, composti nuovi e di sintesi, spesso poco conosciuti e praticamente non sperimentati, non solo per verificare la loro ‘tossicità acuta, ma anche la loro tossicità cronica. E’ quindi inammissibile, non solo sul piano puramente etico, continuare a considerare il consumatore, cioè le donne, come oggetti di sperimentazione, con tutte le conseguenze che tale leggerezza può comportare, sotto ogni punto di vista.