cosa hanno scritto sulla sessualità
«la moglie non può apparire come essere sessuale»
resta in ogni caso valida la tesi di Reich che il raggiungimento di una società socialista non sia possibile senza una trasformazione degli uomini, come non è possibile il rinnovamento degli individui senza una trasformazione rivoluzionaria delle condizioni sociali ed economiche vigenti. . Questo vale in particolare per le. donne che, tenute in stato di dipendenza economica, discriminate socialmente e represse sessualmente ancor più degli uomini, nella loro completa mancanza di autonomia e di coscienza costituiscono uno dei sostegni della società repressiva che è responsabile della loro degradazione e che le tiene soggette grazie appunto all’angoscia del sesso in esse inculcata. L’opera assidua della famiglia, della scuola e della chiesa per formare il desiderato carattere «femminile» si concentra nello sforzo di desessualizzare la donna idealizzando la maternità. «La moglie non può apparire come essere sessuale, ma soltanto come essere che mette al mondo i figli». (Reich, 1933; tr. it. 1971, p. 138). In questo senso l’emancipazione sessuale acquista una funzione chiave per la liberazione della donna, se essa con lucida visione politica riesce a riconoscere le cause economiche e sociali dell’oppressione che subisce. Si deve riuscire a suscitare in lei, ridestando i suoi desideri sessuali, la coscienza dell’intollerabilità delle rinunce e della dipendenza economica che le sono imposte, per portarla all’azione politica, poiché la consapevolezza sessuale e la fiducia in se stessa da parte della donna è la base psichica della sua emancipazione sociale e della sua attività» (Reich, 1966; tr. it. 1972, p. 152).
teorici del socialismo hanno giudicato il problema dell’emancipazione femminile come un problema insolubile coi mezzi immanenti al sistema, perché è insito nella struttura obiettivamente antagonista della società di classe. In questa concezione sta la superiorità della loro teoria sui modelli formulati in alternativa, anche se alcune delle loro tesi sono state nel frattempo considerate insufficienti.
limite storico decisivo che impedisce di giungere a un’adeguata visione dei rapporti fra base economico-sociale, costituzione biologica e indole psicologica della donna sta nell’insufficiente conoscenza della struttura istintuale umana.
Marx si è bensì reso conto che gli impulsi e i bisogni degli uomini sono storicamente variabili — «la storia, tutta intiera, non è che una trasformazione continua della natura umana» (Marx, 1964 e; tr. it. 1971, p. 124) — «e che il dominio della natura e lo sviluppo culturale esigono rinunce istintuali. Ma perché l’uomo come uomo diventi il suo unico oggetto reale, deve aver spezzato in sé la sua esistenza relativa, il potere dagli appetiti e della nuda natura» (Marx, citato da Schmidt, -1962, p. 118). Ma sulla qualità degli impulsi e i modi della loro elaborazione psichica solo la psicoanalisi ha saputo darci spiegazioni valide. Così, ciò che Bebel per esempio chiama «naturale e sano» istinto risulta alla fine il prodotto di un lungo e doloroso processo, risultato della repressione e dell’organizzazione degli impulsi sessuali, originariamente rivolti alla ricer-
ca del piacere, che vengono trasformati in funzione socialmente utile e utilizzabile. Il fatto di ignorare la misura di queste rinunce e di questa repressione, la loro importanza per il rafforzamento del sistema del lavoro alienato e la funzione che svolgono per la conservazione della società di classe è indubbiamente la causa originaria della tendenza puritana che si riscontra nella teoria socialista dell’emancipazione femminile.
Questa tendenza è tuttavia rafforzata dal fatto che i pensatori socialisti si identificano largamente col concetto di moralità proprio della morale sessuale borghese. Non è possibile spiegare razionalmente la loro rivolta emotiva contro teoremi che sostengono il diritto dell’uomo alla felicità sensuale, ri-volta che si esprime nell’attacco di Marx contro i «rozzi» materialisti come nell’indignazione di Lenin a proposito dell’«emancipazione della carne». È a causa dell’intimo legame tra felicità e libertà che si è mantenuto nella maniera più ostinata il tabù del piacere; questo tabù ha confuso l’impostazione e le soluzioni del problema persino nelle file dell’opposizione storica contro l’ordine esistente (Marcuse, 1965; tr. it. 1969, p. 136). Nella teoria socialista da Marx a Lenin la critica alla morale sessuale borghese non si appunta contro l’obbligo di monogamia, ma solo contro la mescolanza di interessi economici e sessuali. Con l’indipendenza economica delle donne, che diviene sinonimo della loro emancipazione, l’ideale monogamico viene posto su una base che gli conferisce maggior dignità; l’«amore sessuale individuale». È vero che dopo Engels si difende a spada tratta il diritto allo scioglimento del legame, e questo diritto viene inteso come manifestazione di libertà: ma questo non cancella la condanna che colpisce il piacere, che viene accettato solo quando è stato purificato ed innalzato al livello di quella cultura che contribuisce alla riproduzione dell’insieme e dimostra così il suo valore sociale (Marcuse, 1965; tr. it. 1969, p. 134).
Nel fatto dunque che le norme della morale sessuale della società di classe vengano adottate inconsapevolmente dai suoi critici più radicali si riconosce chiaramente il pericolo che gli individui continuino a riprodurla (la società repressiva) nei loro bisogni, e persino attraverso e oltre la rivoluzione. Questa continuità dei bisogni repressivi è dunque l’ostacolo ohe finora ha impedito il salto dalla quantità alla qualità in una società libera (Marcuse, 1967; tr. it. 1968, p. 14).
Wilhelm Reich, con la sua concezione della trasformazione strutturale degli uomini, ha cercato di spezzare questa fatale continuità demolendo insieme alla «paura del piacere» anche tutti gli altri ostacoli che si oppongono alla libera autodeterminazione degli individui. Nonostante i suoi violenti attacchi contro l’educazione sessuale autoritaria egli tuttavia approva la diserotizzazione del corpo e stabilisce il primato dell’impulso genitale su tutti gli altri impulsi parziali, la cui forza ritiene di dover spezzare. Egli tende infatti a ridurne astutamente il valore istintuale potenziando l’attività genitale concorrente: e questo deve preparare la loro sublimazione in lavoro socialmente utile. Tuttavia non tiene conto del fatto che con lo sviluppo delle forze produttive si potrebbe raggiungere uno stadio in cui basterebbe ai singoli prestare una quantità di lavoro tanto ridotta da rendere inutile e irrazionale anche questa rinuncia istintuale. L’utopia di una società socialista in cui gli uomini, divenuti soggetti della loro propria storia, costruiscono un ordinamento che garantisca la libertà e la felicità dell’individuo e il maggior soddisfacimento possibile dei bisogni di tutti, sembra posta in pericolo in diversi progetti ohe ne discutono la realizzabilità. E questo appare con particolare chiarezza nel problema della emancipazione sessuale. La classica teoria socialista che riconosce nella morale uno strumento di dominio si attiene tuttavia alle tradizionali limitazioni, per esempio l’ideale monogamico, come supposta condizione di una vita e una cultura umana. Sigmund Freud nega la possibilità di eliminare del tutto le repressioni istintuali a causa dell’inclinazione degli uomini all’aggressività. A suo vedere, solo limitando la vita sessuale sarebbe possibile compensare l’aggressività e stabilire un legame libidico fra i membri della società. La felicità dei singoli ne sarebbe tuttavia notevolmente ridotta. Wilhelm Reich ha respinto con argomenti plausibili questa ipotesi della naturale tendenza aggressiva degli uomini. La premessa, a suo avviso, di una sublimazione non repressiva sta non nella limitazione, ma in un libero soddisfacimento senza ostacoli degli impulsi istintuali. Con la sua teoria della rivoluzione sessuale egli ha dato un contenuto sostanziale a quella utopia dei bisogni regolati solo dal soddisfacimento che in Marx non è completamente chiarita. Senza addentrarsi in rinnovate razionalizzazioni, egli ha difeso contro ogni moralismo il diritto degli uomini al piacere illimitato.
Il riconoscimento delle leggi naturali dell’economia capitalistica nella dottrina di Marx ha creato le basi teoretiche per la sua eliminazione. Le concezioni della psicoanalisi, ulteriormente elaborate da Reich, hanno rivelato le condizioni necessarie perché anche la vita individuale possa essere liberata dal giogo della repressione e dell’alienazione.
Da: Meditila Merfeld – L’emancipazione della donna e la morale sessuale nella teoria socialista, Feltrinelli, 1974, pp. 153-154.