una università tutta per sé
E’ nata in questi giorni a Roma l’associazione culturale Virginia Wolf per iniziativa di alcune donne provenienti da diversi collettivi femministi romani. Chiediamo ad una delle socie, Alessandra Bocchetti, di spiegarci di che si tratta.
Che cosa è questa università delle donne?
Centro culturale, non Università. Università è il primo nome che è stato dato a questo progetto tra noi. Purtroppo per ora non abbiamo i mezzi per mettere in piedi una vera e propria università.
Siamo state costrette ad” abbandonare questa parola con un certo rammarico perché rappresentava bene il bisogno che oggi abbiamo di dare dignità e autorità e istituzionalità al lavoro delle donne per la cultura.
Istituzionalità, una parola che fa paura…
E’ vero. Noi donne abbiamo paura delle istituzioni eppure la maggior parte di noi donne ci vive costantemente: il matrimonio è un’istituzione, la maternità stessa, il partito politico, la cultura.
La nostra paura nasce dal fatto che per noi l’istituzione è qualcosa che ci apre le porte e ci nega allo stesso tempo. Altra cosa è farsi istituzione di se stesse, avere l’autorità sufficiente per farlo, e io credo che il nostro lavoro, i nostri sforzi di ricerca, la produzione culturale sviluppata sulla ricchezza del movimento delle donne, le ruberie teoriche che ci sono state fatte, ci autorizzino a farlo.
Quali saranno le attività di questo centro culturale?
Pensiamo ad una serie di seminari, che per ora prenderanno il via secondo la direzione diciamo classica, per discipline, che però saranno coordinati su uno stesso tema di ricerca; seminari di ricerca, organizzazione di convegni internazionali, speriamo anche con questo centro di poter coordinare tutte quelle ricerche che le donne vanno facendo oggi senza sapere l’una dell’altra, nei luoghi di studio o nel chiuso di un itinerario tutto individuale. Infatti c’è uno spreco di energie infinito che andrebbe limitato. Spesso le donne per disinformazione cominciano da zero un lavoro già svolto da altre donne. Teniamo molto anche ad aprire uno spazio all’analisi delle motivazioni degli interessi culturali e dei disagi verso la cultura delle utenti di questo luogo.
Ma in che cosa si differenzierà questo centro culturale da altri?
Intanto per quest’ultima cosa che ti ho detto. Non mi risulta che esistano centri culturali che riservino spazi di analisi alle motivazioni degli interessi. Inoltre questo è un centro culturale per le donne: un luogo di separatismo culturale visibile. Questa immagine crediamo rappresenti bene la nostra obiezione di fondo alla cultura ufficiale. Vedi, una donna che esce dall’università, è un architetto, un avvocato, un insegnante, e in più è una donna, con tutti i problemi della sua vita di donna. Un’ istituzione come l’università ha offerto sempre l’immagine di una cultura neutra, ha cercato sempre di rendere le donne degli intellettuali neutri, e in questo modo in realtà le neutralizzava come intellettuali. Se andassimo oggi ad analizzare le motivazioni delle passioni intellettuali, dei successi di quelle poche donne che sono riuscite a farsi nominare nella storia della cultura, credo che troveremmo una faticosissima quanto sfrenata competitività con l’uomo, pagata al prezzo altissimo di una schizofrenia esistenziale, che non tutte sono state capaci di gestire fino all’ultimo. Quando nel femminismo parlavamo dei rischi dell’emancipazione, dicevamo che la cultura rende simili agli uomini. Ma io credo che questo non possa più avvenire se Immettiamo in ogni disciplina la valenza dei ruoli sessuali, Questo è il nostro programma. Correggere la U maiuscola di Uomo con la u minuscola, produce dei veri e propri terremoti metodologici. Credo che per noi è necessario un riattraversamento di tutta la cultura, dalla filosofia alla scienza. Un lavoro critico enorme spetta alle donne.
Questo centro culturale non rischia di essere un luogo per superspecializzate? Vorrei sapere insomma chi sono le utenti a cui pensate.
Spero il maggior numero di donne, dalle casalinghe alle specialiste, dalle studentesse alle curiose…
Si, ma in che modo pensate di organizzare una struttura funzionante per utenti di così diversi livelli culturali?
Non credo molto ai problemi di livello culturale, credo di più ai problemi di chiarezza e di capacità di cogliere dei temi coinvolgenti, dico coinvolgenti e non dico interessanti. Penso cioè che un seminario sulla «Storia dell’amore materno» tanto per fare un esempio, possa riguardare tutte e da tutte essere seguito. L’amore materno è stato caricato di tali ricatti sociali che conoscere le sue mutazioni attraverso i secoli rende coscienti le donne della trappola tutta ideologica dell’immagine di destino naturale. Questo è un lavoro che solo le donne possono fare, perché tocca un nodo che nessun altro avrebbe interesse a sciogliere.
Perché prima facevi differenza tra coinvolgente e interessante, che cosa intendevi?
Ti rispondo quasi con Una battuta: era interessante per la donna conoscere la Verità, è coinvolgente per la donna scoprire che la Verità era solo un punto di vista.
Infine, i problemi pratici? Tutti. La sede, i finanziamenti. Per quanto riguarda la sede speriamo che il comune di Roma ce ne dia una. Per quanto riguarda i finanziamenti apriremo una campagna dì sottoscrizione rivolta alle donne e chiederemo dei fondi a quegli enti e istituzioni che prevedono sovvenzioni per progetti con scopi sociali e culturali quale il nostro. Le nostre esigenze sono’ fra l’altro non solamente quelle specifiche di qualsiasi centro studi: biblioteca, attrezzature didattiche, ma anche quelle necessarie alle esigenze delle don^ ne: come un asilo nido, un doposcuola, mensa e corsi serali.
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