Una mostruosa violenza sessuale

maggio 1980

Nell’agenda dei lavori della Conferenza dell’ONU a Copenhagen e nei documenti sulla salute della donna preparati per la discussione, non figura la voce: mutilazioni sessuali. Da più parti infatti si è sottolineata la inopportunità che donne occidentali si occupino di problemi che riguardano le tradizioni di società a loro molto lontane.

Anche se possiamo comprendere il bisogno dei popoli africani di riaffermare la dignità della propria tradizione culturale, non possiamo essere consenzienti quando questa serve a giustificare barbare mutilazioni della sessualità della donna africana quali la clitoridectomia e la infibulazione. Quando più di trenta milioni di donne vengono private delia loro sessualità in nome della tradizione, riteniamo sia dovere di ogni donna che ne venga a conoscenza denunciare il fatto all’opinione pubblica e premere affinché si ponga fina a tale “tradizione”.

Anche se l’origine delle mutilazioni sessuali si perde nei tempi, sono chiari i motivi che le hanno originate: si tratta del più scandaloso mezzo di repressione della donna, tendente a dominarla completamente togliendole ogni forma di piacere sessuale. In nessuna di queste società è il maschio ad essere mutilato: eppure se gli si tagliasse il glande le sue capacità riproduttive rimarrebbero intatte.

Come si può pensare che siano le stesse donne di questi paesi a prendere coscienza del grave danno fisico e psicologico che sì opera nei loro confronti, quando volutamente vengono mantenute nell’ignoranza?

E’ noto poi che, nel caso della donna del Terzo Mondo, alla quale è delegato il ruolo di perpetuatrice del patrimonio culturale tradizionale, l’atteggiamento di rinuncia, di sottomissione, di passività che viene a coincidere con il canone sociale del comportamento femminile, dà vita ad una vera e propria cultura della sua marginalità; vale a dire ad un sistema di valori e ad un codice di comportamento che premiano la rinuncia e la sottomissione e condannano come falsi temi e falsi obiettivi quelli che potrebbero essere ottenuti con un atteggiamento di tipo diverso.

Oggi le mutilazioni sessuali vengono effettuate anche negli ospedali, con anestesia locale. Mentre si evitano in tal modo le infezioni e la morte, non mutano gli effetti fisici, sociali e psicologici che la mutilazione ha sulla donna. In tal modo, l’organizzazione ospedaliera di tipo moderno, invece di scoraggiarla, assicura la continuazione della pratica che certamente non ha più niente a vedere con le tradizioni culturali. Si tratta di vere e proprie operazioni chirurgiche effettuate per castrare bambine ignare e non consenzienti.

Quasi tutte le tradizioni africane — scrive giustamente Fran Hosken, che da anni sta conducendo una battaglia contro le mutilazioni sessuali delle donne — sono state abbandonate. I leaders africani hanno adottato per se e per le loro famiglie stili di vita occidentali. E tutti ì governi africani, senza distinzione usano sistemi occidentali. Solo le mutilazioni sessuali vengono mantenute in nome della tradizione”.

Nel febbraio del 1979 si è tenuto a Kartum (Sudan) un seminario organizzato dall’Organizzazione Mondiale della Sanità sulle “tradizioni che hanno rilevanza per la salute della donna e del bambino”. Come leggiamo su WIN NEWS, il seminario si è concluso con quattro raccomandazioni condivise da tutti i delegati:

  • •adozione di chiare politiche nazionali per l’abolizione della circoncisione femminile:
  • creazione di commissioni nazionali per coordinare è seguire l’attività degli organismi preposti, inclusa, quando necessario, l’emanazione di leggi speciali che proibiscano la circoncisione femminile;
  • intensificazione delle misure atte ad informare il pubblico, inclusa l’educazione sanitaria a tutti i livelli, con particolare attenzione alla circoncisione femminile.

Fino ad oggi, nessuna agenzia di sviluppo, internazionale o bilaterale, ha seguito queste raccomandazioni. Nessun programma sanitario a tal fine è stato varato. Neppure l’UNICEF, durante l’anno internazionale del bambino, ha riconosciuto che le mutilazioni genitali e sessuali delle bambine rappresentano una violazione dei diritti umani.

E che dire delle Chiese? Papa Woityla si è guardato bene dal parlarne durante il suo recente viaggio in Africa… o forse non ne sa niente. Come la maggior parte della gente.

Alla Tribuna di Copenhagen ci sarà un gruppo di lavoro su questo tema, coordinato da WIN NEWS, al quale parteciperanno diverse donne provenienti da paesi africani che porteranno la loro testimonianza diretta.

Awa Thiam, una senegalese che ha scritto un bellissimo libro “La parole aux negresses” (naturalmente non tradotto in italiano, cfr. EFFE, settembre 1978) ci invita a scrivere, a parlare, ad aiutare queste donne con l’informazione. Ed è quello che noi abbiamo intenzione di fare: per prime denunciamo all’opinione pubblica il fatto che anche negli ospedali italiani si praticano queste mutilazioni.

Non dimentichiamo che l’esperienza dimostra come governi veramente progressisti possano spazzare via rapidamente tradizioni millenarie, se soltanto lo vogliono. In Cina per millenni si sono fasciati e mutilati i piedi delle donne: tale “tradizione” è cessata in un brevissimo periodo grazie alla azione del governo rivoluzionario.

Definizione della circoncisione femminile

Circoncisione è il termine popolare, anche se non corretto dal punto di vista medico per descrivere le operazioni genitali per ridurre o estinguere il piacere sessuale nelle donne. Non è una equivalente della circoncisione maschile.

Circoncisione sommità: taglio del prepuzio del clitoride, un’ operazione delicata che richiede strumenti chirurgici e buona luce. Sì dubita che le vecchie donne che operano usando rasoi o coltelli possano compiere un’operazione così delicata che richiede una buona conoscenza dell’anatomia.

Escissione (clitoridectomia): asportazione del clitoride e a volte di tutti i genitali esterni. E” il tipo di operazione più frequente. In alcune aree sì taglia anche la vagina per rendere più facile il parto. I risultati sono esattamente il contrario.

Infibulazione (circoncisione faraonica). Dopo il taglio dei genitali esterni, le grandi labbra sono tagliate e cucite insieme (con spine o fili di budello) per chiudere la vulva, tranne un piccolo pertugio creato con l’inserimento di un bastoncino di legno. La bara-bina rimane immobilizzata fino a che la ferita non è rimarginata. Questa operazione è frequente presso le popolazioni mussulmane per garantire la verginità e la paternità. Al momento delle nozze si deve operare un taglio per permettere la penetrazione del membro maschile. Al momento del parto sono necessari altri tagli.

 

Intervista a un ostetrico e a un chirurgo…

…democratici

Hai mai operaio bambine africane di infibulazione o clitoridectomia? di che nazionalità erano? Quanti anni avevano?

R. 1 — No… non avrei potuto farlo. Me l’hanno chiesto, ma ho tentato dì dissuadere la madre. Erano somale.

R. 2 — Si, ho fatto due infibulazioni a delle bambine, di* 10 e 9 anni, somale.

Chi ha portato le bambine?

R. 2 — La madre.

Non ti sei stupito che pur vivendo ormai a contatto con un mondo diverso, con tradizioni e civiltà diverse queste madri ancora chiedano per le figlie l’applicazione di queste “tradizioni” barbare? Inoltre è probabile che molte di loro non ritorneranno mai nei loro paesi di origine,

R. 1 — Mi sono stupito, indignato no. Ho cercato di ragionare un po’ con la madre, per capire e anche per spiegare che attaccarsi a tradizioni ormai abbandonate quasi ovunque era solo un piegarsi, un sottomettersi e non un mantenersi integrati in tradizioni di cui ormai neanche gli uomini delle loro nazioni vogliono più il rispetto.

R. 2 — Mi sono un poco stupito, perché non ero mai stato messo di fronte al fatto, e in realtà ne avevo sentito parlare molto poco. Non ci avevo mai riflettuto, dal punto %i vista della donna. Ma hanno chiesto, l’ho fatto, pensando che tanto avrebbero comunque trovato qualcuno che lo facesse.

Questo non è accettabile, avrai pur avuto un momento per pensare alle conseguenze, al contesto in cui si situa oggi questa pratica, alla crudeltà di queste tradizioni. Non significa niente per te il fatto che questo tipo di intervento abbia lo scopo di privare la donna della sua sessualità, delle sue possibilità di partecipare all’atto sessuale con piacere e con gioia?

R. 2 — Se ci penso, capisco che dietro alla tradizione c’è in realtà un affermazione di potere da parte dell’uomo e della loro società, ma lì per lì non ho riflettuto. Comunque, se non ero io era un altro.

Che sentimenti hai avuto davanti alla richiesta? Hai mai visto per la tua pratica medica delle donne infibulate o clitoridectomizzate? Hai avuto difficoltà tecniche? Non hai avuto disagio per la mutilazione che era stata loro inflitta?

R. 1 — La mia prima reazione è stata di rifiuto, e anche di imbarazzo. Lo scontro di due culture, in cui certamente la mia posizione di “maschio” che preferisce una donna che partecipa mi faceva senza esitare allinearmi contro questa pratica. Ma provavo anche un certo imbarazzo nel tentare di dissuadere la madre, usando argomenti che rischiavano di ferirla. A lei era stata praticata questa mutilazione— mettere in discussione la possibilità di operare la figlia significava costringere la madre a rimettere in discussione sé stessa. Ho avuto la sensazione che l’ostinazione e l’insistenza della madre potessero dipendere anche da una occulta gelosia, da un desiderio di negare alla figlia quello che lei non aveva avuto.

R. 2 — Non ho avuto reazioni particolari. Forse sono rimasto un po’ disorientato, ma te l’ho detto, solo adesso ascoltando rifletto alle implicazioni di queste richieste.

Tecnicamente ci sono problemi per far partorire o abortire, o comunque sottoporre ad interventi ginecologici donne infibulate?

R.2 — Certo, occorre disfare la sutura, per evitare lacerazioni dei genitali esterni, e questo può essere tecnicamente difficile.

Cosa penseresti di una pratica di escissione del glande all’uomo? Le sue facoltà riproduttive resterebbero intatte? Lo faresti quest’intervento?

R. 1 — Ogni volta che ho fatto questo intervento per ragioni chirurgiche (tumori) sono stato male, nella pelle… a un uomo praticare una mutilazione di questo genere ad un altro uomo scatena certo emotività ben specifica e sensazione dì malessere. Per quanto riguarda la funzione riproduttiva è interamente conservata.

R. 2 — Mi vengono i brividi… comunque siccome sono ginecologo il problema tecnico non mi si pone.

Ma non ti vengono i brividi pensando alla clitoridectomia,..!

R. 2 — Mi vuoi mettere in difficoltà? Se la devo fare per ragioni mediche la farò credo in modo abbastanza “asettico”. Per altro non la farai mai per altre ragioni.

Hai idea di quante siano le donne mutilate al mondo?

R. 1 — No.

R. 2 — No.

Quando studiavi ginecologia hai mai sen’ tito parlare di mutilazioni sessuali della donna?

R. 1 — Si, certo. Ma la mia posizione era ben chiara… rifiuto, incomprensione, indignazione.

R. 2 — Si, ma non ci ho riflettuto sopra.

Sei al corrente di un seminario organizzato dall’OMS nel febbraio del 1979 e della raccomandazioni firmate da tutti i delegati dei vari stati contro la circoncisione femminile?

R.1 — No.

R. 2 — No.

Dopo questa nostra conversazione, infibuleresti ancora delle bambine africane? Soprattutto pensando che non hanno nessuna possibilità di decidere, ma che ancora subiscono una violenza giustificata da tradizioni fortemente contro la donna?

R. 2 — Adesso certamente non più. Se ci penso mi stupisco di non aver riflettuto, in realtà io sono rispettoso dei diritti delle dorme e credo di essere abbastanza dalla loro parte…

Salvo che sei obiettore di coscienza…!

R. 2 — Questo non c’entra… ora che mi hai fatto vedere l’aspetto violento della pratica, mi devo certo ricredere sulla giustificazione che mi ero dato… no non lo farei davvero più.