creatività

vesti violente

dalla veste bianca alla veste nera: condizionamenti sacri e profani nella vita delle donne dal matrimonio alla morte- Ne parlano realizzatrici di un audiovisivo su questi temi.

marzo 1978

con questo audiovisivo abbiamo voluto rappresentare la condizione della donna vista nei suoi momenti di asservimento e di passività, attraverso condizionamenti che si sono individuati nelle tradizioni popolari, nei miti classici, nelle immagini sacre. L’idea è nata dopo aver visto le Madonne vestite di stoffa nelle chiese della Puglia.
La vestizione del quadro è stato il primo momento di elaborazione del linguaggio figurativo per cui il punto di partenza sono le vestizioni, come rito e simbolo, che iniziano il 1° e 2° tempo.
L’immagine è composta dal quadro integrato dalla stoffa e combinato poi con elementi vari (scultura classica, immagini di Madonne, persone reali) mediante l’uso della macchina fotografica. Questo mezzo espressivo è nato dall’esigenza di una ricerca in senso plastico che ha determinato la fusione della pittura con la scultura. Le sequenze si sviluppano col seguente ritmo: dopo un’introduzione che contiene la motivazione dell’idea e la spiegazione del procedimento del lavoro, ha inizio la vestizione della sposa (ovvero la passività nella gioia) commentata nel significato dei simboli e dei condizionamenti, di ieri e di oggi. Ci sono riferimenti alle tradizioni popolari accompagnate da canti allusivi di alcune zone meridionali, si alternano visioni tratte dal mito greco che vogliono sottolineare le varie forme di violenza operata sulla donna. Si passa quindi alla vestizione della Madonna, come parallelo a quella della sposa: vengono evidenziati i comportamenti delle donne addette a questo rito. Dalla passività nella gioia alla passività nel dolore, le diapositive indicano la situazione delle donne, vestite a lutto come le Addolorate e la situazione della passività nel ruolo materno, in contrapposizione ai miti pagani, i cui riti si differenziano profondamente da quelli della religiosità cattolica. La 2a parte finisce col dramma dello aborto, accompagnato dalle nostre voci. Questo lavoro nato dalla crisi di una compagna pittrice si è successivamente sviluppato attraverso l’intervento e la collaborazione di un gruppo di donne che ritengono di proporlo ad altre compagne non tanto come prodotto finito, quanto come stimolo per successivi approfondimenti e sviluppi di problemi sempre aperti.

Conversazione tra Riccarda Pagnozzato, Lilia Dattilo e Federica Di Castro su questo lavoro
Federica: Parliamo un momento di questo vostro lavoro, di come l’avete pensato. Mi sembra sia nato da una tua ricerca pittorica; Riccarda, tu hai voluto abbandonare l’ambito della pittura per arricchirti di nuovi mezzi. Vorrei chiederti come si è costituito il gruppo, che cosa è stato per voi il gruppo, per le altre e per te, che sei un’artista abituata a lavorate individualmente.
Riccarda: Già da diverso tempo stavo lavorando a questa idea e sentivo la necessità di unirmi ad altre donne e lavorare con loro. Avevo l’esigenza di non lavorare più sola e sentivo che le esperienze si sarebbero potute arricchire insieme. Senonché la difficoltà di trovare adesioni è stata enorme. Probabilmente, anzi sicuramente, le difficoltà nascevano dal dover lavorare a un progetto nato da una mia idea. La prima ad affiancarsi a me è stata Lilia, in modo abbastanza occasionale, poi man mano abbiamo cercato di ingrandire il gruppo per arricchire il lavoro e abbiamo trovato altre donne, Ma la cosa più difficile è stato il fatto che questo progetto fosse nato da una mia idea, questo le altre lo accettavano con difficoltà.
Lilia: Conoscevo Riccarda da parecchio tempo. Ci siamo rincontrate e avendole chiesto a che cosa stava lavorando mi rispose che stava vestendo le sue Madonne. La cosa mi ha incuriosito e sono partita con lei per le Puglie, per fotografare le Madonne.
Le difficoltà di lavorare in gruppo si sono avute soprattutto quando si trattava di far scattare l’azione. A parole ci si scambiava idee, pareri, si dibatteva, ma quando poi bisognava partire, fare delle ricerche, avere delle idee in senso concreto per poter scrivere, superare certi momenti difficili… allora nascevano le difficoltà.
Federica: Doveva diventare un’esperienza di lavoro interdisciplinare. Riccarda non aveva avuto esperienze di lavoro di gruppo, e tu?
Lilia: Io neanche, ma quando Riccarda mi ha proposto di partire con lei, per fare le interviste e registrare, mi ha affascinato l’idea di lavorare con lei, e il contatto diretto che potevamo avere con le donne, le loro reazioni, i loro comportamenti. Mi sono calata abbastanza presto nel lavoro.
Federica: E Paola?
Lilia: Pensavamo di sviluppare questo lavoro in vari settori: ci doveva essere il momento teatrale, il momento nella ricerca storica, ci doveva essere il momento della gestualità perché all’inizio pensavamo a un fatto teatrale… ed invece abbiamo dovuto ridurre di molto il programma iniziale, per cui molte possibilità sono venute a mancare. Paola si è inserita a livello di ricerca, di partecipazione. Poi si sono unite le ragazze, per la parte mimica, per le voci, le fotografie…
Federica: Questa esperienza di lavoro di gruppo è stata importante anche per un confronto tra di voi, al di là di quello che stavate ricercando oppure no?
Riccarda: Molti dei problemi nascevano dal fatto che la donna non è assolutamente libera di poter fare una cosa che le piace. Molti degli intralci erano dovuti a fatti familiari: ora si ammalava il figlio, ora c’era il marito, poi l’altra figlia, la spesa ecc.. La donna non ha possibilità di scelta, è sempre condizionata dalla vita familiare.
Federica: Tu sai che io sono convinta che la donna è condizionata dall’esterno, ma che poi questo condizionamento è più grave quando si riflette all’interno della donna stessa. Ma quello che volevo chiedervi era: quale tipo di comunicazione interiore c’è stata tra di voi in questo lavoro, che cosa è venuto fuori da un vostro confronto più profondo, al di là delle vostre storie di vita, come individui?
Lilia: Secondo me queste difficoltà esterne si riflettono anche all’interno della donna, le danno dei blocchi interiori, per cui noi spesso ci siamo trovate ad avere delle tensioni proprio a causa di questi blocchi interiori. E per sbloccarci abbiamo dovuto faticare, fare presa di coscienza, dicendoci la verità, scontrandoci anche..
Federica: Quindi è stato un lavoro positivo sia per quello che avete realizzato a livello di ricerca, sia perché ti gruppo vi ha dato questa possibilità di conoscenza, di incontro e di analisi?
Riccarda: Per me è stato molto utile, anche se devo ammettere che forse non ricomincerei, almeno in questo fomento. È stata una faticaccia, però devo dire che ho avuto delle possibilità che da sola non avrei mai avuto. Il gruppo dà sicurezza.
Federica: Con un uomo l’avete mai fatta questa esperienza, di lavoro in gruppo, in coppia?
Riccarda: Ho lavorato insieme con uomini anche in coppia, ma la mia personalità non è mai venuta fuori. A livello di pittura è impossibile. A Venezia abbiamo l’esperienza del sindacato artisti, dove le donne sono emarginate, e .anche nel gruppo degli incisori veneti le donne non incidono minimamente. Ti fanno partecipare alle mostre, però sono loro che decidono, sono loro che fanno, sono loro che stabiliscono se tu vali, se puoi entrare, se non puoi entrare in un gruppo…
Lilia: La mia situazione è diversa perché io insegno e quando ho lavorato al di fuori della scuola è stato per fare ricerca, in ambienti istituzionalizzati, dove non esiste neanche «il sentimento» di lavorare insieme…
Federica: Vorrei dirvi alcune mie impressioni a proposito di questo lavoro. La tematica che emerge da questo lavoro e che mi interessa di più è quella della sessualità: della sessualità vista secondo un’ottica femminile. Vorrei che mi diceste qualcosa a questo proposito, non tanto sul sociale, che avete espresso nel vostro lavoro con il parlato, ma attraverso l’immagine vengono fuori una serie di temi secondo me non del tutto chiariti sulla sessualità, una serie di spunti estremamente interessanti. Per me quello che è interessante di questo lavoro è l’aspetto di confronto tra una chiave sociale, antropologica, di lettura che corre da una parte e questo parallelo più personale, più intimo, più interiore che è certamente il mondo di Riccarda, ma credo sia in parte anche il vostro: questa conflittualità con il mondo cattolico, questo fascino del mondo pagano, questa forte dose di creatività e un forte senso invece di creatività frenata… e poi la definizione erotica del personaggio femminile.
Riccarda: È molto difficile. Per conto mio la vita della donna è sempre stata costellata da queste violenze. Io ne ho subite alcune di quello che ho descritto. Ma ho cercato di fare mie le esperienze delle altre donne. E la violenza, anche quando non è carnale è certamente psicologica. L’insoddisfazione nella sessualità credo l’abbiamo provata tutte, come forse abbiamo provato alcuni momenti belli, Io una volta pensavo che certe cose succedessero soltanto a me. È ciò che hanno pensato tutte le donne finché non si sono confrontate… Per cui questa nostra sessualità è fondamentale, incide sulla nostra giornata, sul nostro umore, sulla nostra produzione artistica, sul nostro rapporto con gli altri.
Lilia: Per me la sessualità è un tema estremamente ricco e dovrebbe essere più approfondito di quanto non abbiamo fatto in questo lavoro. È soltanto uno degli aspetti che abbiamo sfiorato nelle tematiche, però è uno degli aspetti che ci hanno più stimolato e affascinato. C’erano momenti in cui rimanevo colpita, quando Riccarda diceva che il toccare le stoffe era un momento profondamente erotico. Ed era certo un erotismo più sottile, più profondo, meno banale, meno scontato, quello (ohe proveniva dal contatto con la stoffa. Le donne erano affascinate dalla ricchezza delle vesti. Toccare le vesti era un aspetto della loro sessualità nascosta.
Riccarda: Le emozioni che io ho provato in questo lavoro sono in gran parte scaturite proprio dalle vesti. Mi hanno dato delle sensazioni che io non avevo mai provato precedentemente. Il toccare la stoffa e vestire i miei quadri. La stoffa aveva un fluido, aveva qualche cosa di diverso da quello che io avevo provato fino allora. Per questo mi sono entusiasmata e può darsi che questa sia stata una forma liberatoria di sessualità, forse di omosessualità…
Federica: Viene fuori l’apertura ad un mondo più sfaccettato e più ampio. Questo lavoro è quindi servito anche a chiarire molto a voi stesse le vostre possibilità?
Lilia: …che si possono sviluppare in seguito, perché — come tu hai visto — molti dei punti, forse troppi, sono stati solo sfiorati.
Federica: Infatti, il lavoro è molto intenso, Vogliamo parlare ora della creatività? Oggi è un tema molto dibattuto: esiste la creatività femminile, non esiste, che cos’è la creatività, in che modo è collegata all’eros, è fuori dall’ambito dell’erotismo, ne è all’interno, lo comprende? È circoscritta a un settore del pensiero oppure si allarga a tutto l’arco della vita? Quali rapporti tra creatività e professionalità?
Riccarda: Per quanto mi riguarda, mi sono sempre giudicata una persona abbastanza creativa, ma con una cultura maschile, soprattutto in relazione alla mia creatività sul piano della pittura. Ho preso coscienza in questi ultimi anni che i miei modelli’ erano esclusivamente maschili, per cui sentivo di non essere più io, che la mia pittura non era frutto della mia natura, della mia espressività più intima. Di qui è nata la mia crisi profonda, e di qui è nato questo lavoro. Per cui il rieducarmi, il tornare indietro alle origini, è stato il mio proponimento, solo dovevo trovare un linguaggio a me come donna pittrice, come donna artista, come persona creativa.
Lo spunto di questo lavoro mi è venuto in Puglia quando ho visto quelle Madonne vestite di stoffa ed ho capito ohe la stoffa poteva essere proprio quel linguaggio che era più vicino alla sensibilità di una donna. Pensavo che sarebbe stato un linguaggio che le altre donne avrebbero capito, …attraverso le vesti, attraverso il rapporto che le donne avevano con queste immagini sacre. Ed ho capito che questo per me poteva essere il mezzo per arrivare a loro. Avevo l’esigenza di staccarmi dalle gallerie, dai mercati dalla critica d’arte, perché ero sempre stata assoggettata a queste cose, ne ero sempre stata schiava. Questo mezzo espressivo mi sembrava fosse un mezzo nuovo e sentivo che l’unico pubblico al quale volevo rivolgermi era quello delle donne; volevo fare un discorso per le donne, da persona donna, mettendo in risalto la mia espressività, la mia creatività. E sono nati dei quadri brutti, orribili sul piano artistico, perché appunto sono quadri con l’intervento di questi vestiti, sono per l’appunto quadri vestiti. Non sono quadri di pittura, ma c’è il preziosismo della materia delle stoffe, c’è una ricerca della stoffa, del merletto, del colore della stoffa, perché quello dava la sensazione dei diversi simboli: il vestito della sposa ha un suo significato, la sottoveste ha un suo significato…
Lilia: Credo che la creatività possa scaturire solo da una piena libertà interiore di sé stesse, quando la donna finalmente è sbloccata, E le altre donne ti possono aiutare moltissimo, in un rapporto diretto, al di fuori delle ipocrisie, delle formalità delle convenzioni… Ecco perché ritengo che la sessualità sia in definitiva un elemento primario della creatività.
Audiovisivo Colore 40′
Idea e Immagini: Riccarda Pagnozzato Ricerche e testi: Lilia Dattilo, Paola Cavallin
Musiche a cura di Meri Franco-Lao Collaborazione di Margherita e Anna L’audiovisivo, composto da diapositive, musiche e testi è diviso in due parti. 1a parte: vestizione della sposa, violenza nel matrimonio, maternità, ipotesi di liberazione; 2a parte: vestizione della Madonna, condizionamenti operanti dalla Chiesa sulle donne, (passività nel dolore, aborto).