editoriale

aprile 1974

Ci hanno chiamate, in queste frenetiche settimane pre-referendum, « comari » e « massaie »: vedi discorso di Fanfani a Bologna, del 30 marzo ’74; hanno detto che « il guaio della donna è che, col divorzio, perde il cognome del marito »: vedi uno dei tanti monologhi dell’apocalisse, recitati da Gabrio Lombardi; per buona misura, infine, è venuta la commissione di censura cinematografica a vietare il film di una donna perché « doppiamente dannoso, in quanto è diretto da una donna e comporta sequenze oscene e volgari »: il film, « Portiere di notte », diretto da Liliana Cavani, è stato poi sbloccato, a causa dell’ondata di ridicolo che stava sommergendo i censori, ma il fatto è significativo. Tutto si lega: semmai potevano esservi dubbi sul carattere che avrebbe preso la battaglia antidivorzista — carattere culturalmente regressivo e, per noi donne specialmente, di rinforzo all’oppressione oscurantista da cui vogliamo liberarci — ora è chiaro ad ognuna di noi perché il 12 maggio dobbiamo votare NO. Sarà, tanto per incominciare, un gesto di autodifesa, per la nostra dignità di persone; non basterà ad assicurarcela, lo sappiamo, ma servirà almeno a battere chi ancora ama rappresentarci — perché gli conviene — come soggetti sub-folkloristici (la massaia fanfaniana, quanto ci ricorda le massaie rurali dei ventennio littorio…), come innominate — se ci tolgono il cognome del marito, chi saremo? chi siamo? — come, in pratica, individui dimezzati.

Invece siamo donne, cioè persone: e non mezzemele costrette a tenersi assurdamente in equilibrio sull’altra mela, intera, questa, del predominio maschilista pubblico e privato. Per questo voteremo NO.

Avviso alle lettrici [ed ai lettori]

Questo numero di Effe reca la data aprile-maggio: la ragione è che è un numero cosiddetto di recupero: avevamo accumulato ritardi, tipografici, redazionali, distributivi, e non riuscivamo ad essere presenti in edicola, al principio di ogni mese, con puntualità; un giornale come questo, fatto, come abbiamo già chiarito più di una volta, da donne che hanno (o tentano di avere, data la disoccupazione crescente) un altro lavoro per vivere (Effe non paga), e che hanno anche quasi tutte figli e una casa da mandare avanti, un giornale come questo, dunque, è faticoso farlo uscire puntuale: anche perché nessun articolo può essere pubblicato senza l’approvazione dell’intero collettivo redazionale, e le esigenze di lavoro collettivo si traducono in termini di rallentamento dei tempi di fattura del giornale. Inoltre, Effe ha la redazione a Roma, ma la tipografia a Bari: altro motivo di rallentamento dei tempi. Infine la distribuzione ha dovuto subire gli scioperi dei trasportatori locali. Da questa somma di ritardi, i ritardi di Effe nelle edicole; con questo ‘ salto ‘ in pratica^ di un numero, vogliamo metterci finalmente in pari, e siamo decise a riuscirci (contando anche sulla completa collaborazione dell’editore Dedalo).