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sesso contro sesso o classe contro classe?
Uno degli ostacoli maggiori che ci troviamo davanti è la mancanza di informazione concrete sul retroterra storico delle donne e della famiglia. Ciò serve a tenere le donne nell’ignoranza e asservite ai miti che sono stati propagati su di loro.
Il libro di Elelyn Reed «Sesso contro sesso, classe contro classe?», risponde a questa esigenza reale, cercando di porre delle discriminanti teoriche. L’autrice, militante nel movimento operaio americano, di tendenza trotskista, si occupa della «questione femminile»da almeno venti anni; i suoi contributi erano prima pubblicati sul bollettino del partito Fourth International, ma non si conosce l’arco di diffusione e sviluppo che hanno avuto tra i militanti: oggi, grazie al movimento mondiale per la liberazione della donna, vengono diffusi e discussi anche in Italia. Il metodo usato per analizzare nei diversi periodi storici «la condizione femminile», è quello marxista. Lo stato di inferiorità che noi viviamo oggi, non è naturale (infatti donna non si nasce, si diventa), così come non è naturale la famiglia e le istituzioni della società borghese: il nostro stato di inferiorità è sociale, cioè prodotto dalla storia dei rapporti umani. Chi sostiene che la nostra inferiorità si fonda sulle nostre caratteristiche biologiche, in questo errore cadono anche alcune «femministe», fa proprie la interpretazione della scienza dominante. Di qui l’enorme importanza, secondo Evelyn Reed, del materialismo storico, cioè del metodo di Marx, per comprendere il nostro stato di inferiorità. Affermando infatti e la donna è sempre stata inferiore e l’uomo è sempre superiore, si rende eterna la famiglia patriarcale moderna e si nasconde il suo modo di opprimere oggi. Se si ha consapevolezza del ruolo centrale che hanno avuto le donne nell’età primitiva, non solo si evita di fare un torto all’analisi scientifica, quanto piuttosto si comprende che la società è in continua trasformazione. Da questo ne deriva la consapevolezza della possibilità reale di cambiare la nostra condizione.
Evelyn Reed si sofferma a fare un’analisi particolareggiata delle società primitive matrilineari, dove le donne erano al posto di comando e non c’era nessuna sottomissione di un settore della società all’altro. L,a maternità era considerata un grande dono della natura e investiva le donne di potere e di prestigio.
«Sono state Le Madri che per prime hanno preso la strada del lavoro e con il lavoro è iniziato il cammino dell’umanità».
Fu la donna che trovò il modo di conservare gli alimenti e fare le provviste, che scoprì come utilizzare le piante come medicamento, fece i primi canestri e vasi, costruì le prime dimore. Il limite del libro si mostra dove Evelyn Reed afferma che «… una volta abolita la società capitalistica e instaurati rapporti di tipo socialistico, le donne saranno emancipate come sesso da quelle stesse forze che libereranno tutti i lavoratori e le minoranze razziali dall’oppressione e dall’alienazione». Il movimento di liberazione della donna ha mostrato che solo prendendo coscienza della nostra oppressione e lottando in prima persona potremo emanciparci. Se non esiste infatti profonda e radicata in tutte noi la coscienza della nostra condizione non potrà esservi liberazione della donna nemmeno nella società socialista. È quindi la presa di coscienza che stiamo vivendo nei piccoli gruppi il metodo fondamentalmente nuovo che ci permetterà di partecipare al processo di emancipazione dell’intera società mentre ci liberiamo dalla nostra oppressione. Parte integrante del libro è il saggio introduttivo di Rosalba Spagnoletti che ne problematizza l’impostazione, sottolineando la necessità di un rapporto costante tra la ricerca teorica e l’organizzazione politica delle donne. In che misura sono esaurienti per una nuova teoria femminista i classici del marxismo, è l’interrogativo che ci viene anche riproposto, nel momento in cui viene avanzata la tesi matriarcali-sta, precedente al patriarcato. La discussione è quindi aperta.