attacco femminista al lavoro maschilista
è necessaria un’analisi femminista della questione economica.
raramente su Effe ci siamo occupate di problemi economici. Dopo un tentativo, nel novembre 1974, di dare un’interpretazione della crisi economica e soprattutto una risposta a chi rivolgeva appelli alle donne italiane, già colpite sul posto di lavoro, di rimettere in sesto la bilancia dei pagamenti col fare la pasta in casa, gli altri interventi del giornale avevano riguardato a volte una fabbrica occupata, a volte una determinata categoria di lavoratrici, senza peraltro fermarsi a dare un’interpretazione originale. Ciò non era che il riflesso del disinteresse per questi temi del movimento femminista, che aveva in un certo senso demandato ai movimenti femminili dei partiti di sinistra e all’UDI il compito di favorire o appoggiare leggi più o meno emancipatorie.
Negli ultimi tempi però qualcosa è andata cambiando: il femminismo è entrato nelle fabbriche, nelle banche, nelle grandi società multinazionali e questa presenza non rimarrà disattenta. Dall’altro lato, alcuni recenti studi economici hanno rilevato come in definitiva l’economia italiana si regga su quei settori che, sfruttando il lavoro nero delle donne, sono per questo in grado di mantenere una certa competitività sui mercati internazionali. Tra l’altro il governo Andreotti ci ha regalato un ministro del lavoro donna, la quale, bontà sua, si è sentita in dovere di presentare una proposta di legge sul lavoro femminile, in cui si riafferma che ogni discriminazione sul lavoro è vietata (come se in Italia bastasse vietare qualcosa per legge perché ciò si traduca nei fatti) e si riafferma che a parità di lavoro uomini e donne dovranno avere la stessa retribuzione. Nella stessa proposta si estende la tutela per le lavoratrici madri.alle madri che adottano un bambino ed estende al padre il permesso di assentarsi dal lavoro nei primi tre anni di vita del bambino. Viene inoltre prevista la reversibilità della pensione delle lavoratrici. Nello stesso periodo il Movimento di Liberazione della donna usciva con un progetto di legge di iniziativa popolare più o meno sulla scia di quello governativo, anche se più specifico e meglio strutturato, il cui slogan è; riservare il 50% dei posti di lavoro alle donne. Avevamo organizzato un dibattito in redazione per discutere di questi due progetti legge. La discussione si è protratta per più di due ore e il risultato è stato che invece di discutere di questi due progetti legge ci siamo trovate invischiate in un dibattito che abbracciava tutti i temi più generali dell’economia: dal lavoro domestico alla riconversione industriale, dalla divisione internazionale del lavoro ai rapporti donna-sindacato, dai problemi delle materie prime all’esigenza di una elaborazione teorica di lungo periodo. Ma soprattutto ciò che ne è uscito sono state alcune riflessioni sul modo di porsi della donna nei riguardi del lavoro. Non è stato quindi possibile trascrivere, il dibattito, sia perché abbiamo sentito tutte l’esigenza di approfondire anche in sedi diverse questi temi prima di uscire all’esterno, sia perché è apparso chiaro che la lotta femminista ha messo in moto tutta una serie di elaborazioni scientifiche e culturali, da parte di economisti e di sociologi, sul modo e la presenza della donna nella società industriale avanzata, e nella società italiana in particolare.
Il movimento femminista, insomma, non agisce più in un deserto di insensibilità, ostilità ‘e derisione, come accadeva ancora pochi anni fa, E alla nostra rivista tocca quindi non più un compito di stimolo generico, il ruolo provocatorio e stimolante di chi lancia idee non conformiste o propone temi non ancora dibattuti: oggi il compito di Effe è quello di collegare la riflessione e il dibattito che si svolge a livello accademico e culturale — non dimentichiamolo, le donne sono pochissime e male rappresentate — con l’elaborazione che avviene, <a livello di base, nelle radici del movimento femminista. In questo numero, pertanto, pubblichiamo un primo dossier lavoro che contiene un documento di critica alla legge Anselmi del Comitato Triveneto per il Salario al Lavoro domestico, e una risposta di Eugenia Roccella ad ‘alcune domande che le abbiamo rivolto sul progetto di legge dell’MLD. Il resto del dossier, è stato gestito in modo autonomo dai vari collettivi femministi operanti nelle diverse situazioni di lavoro (tranne che nel caso della ACEA dove ancora non esiste nessun elemento di ‘aggregazione). Se si tratta di collettivi romani è perché, lavorando noi a Roma, ci è stato più facile prendere contatto. Ma si tratta solo di un inizio: per i prossimi numeri sono previsti altri interventi di collettivi e singole esperte. Vorremmo che Effe potesse servire da strumento di collegamento e da occasione di sintesi tra questi interventi, promuovendo l’inizio di un impegno di tipo nuovo del movimento femminista, in un settore — quello del dibattito economico — da cui le donne sono state da sempre del tutto escluse.