il rapporto più bello che ho avuto

«dobbiamo essere consapevoli della mercificazione e dell’alienazione dei rapporti»

febbraio 1977

penso che prima di fare un’analisi del rapporto di coppia, a qualsiasi livello venga condotta, qualsiasi aspetto di esso prenda in esame, si debbano premettere alcune cose per non rischiare di essere fraintesi e per inquadrare correttamente il problema.
Credo che ogni discorso che tocchi il problema dei rapporti eterosessuali debba intendersi inserito nel discorso più ampio dell’obiettivo strategico dell’abbattimento della famiglia, che costituisce uno dei punti più importanti nella lotta di liberazione della donna. Abbiamo valutato ed analizzato ancora troppo poco e troppo superficialmente questo discorso, sia nelle sue implicazioni di ordine politico generale, sia per quanto riguarda gli obiettivi intermedi che esso presuppone. È per questo che credo che quello che dobbiamo e possiamo fare come femministe, sia andare verso l’analisi e la costruzione di forme di rapporti «transitori», che non siano vuote enunciazioni di «alternatività», ma che siano realmente portatrici di valori e contenuti con valenza positiva nei confronti di questo tipo di linea. E compito tutt’altro che facile. Troppo spesso abbiamo sopravvalutato la portata innovatrice di forma di rapporti che altro non erano che la manifestazione di una fuga dalla realtà e che
spesso riproponevano pari pari il modo alienato e mercificato di stare insieme della società capitalistica. Troppo spesso abbiamo mistificato ogni tipo di rapporto che, non inserendosi «formalmente» nella «norma», era visto come qualcosa che senz’altro si poneva in alternativa, senza poi valutare e verificare realmente quanto, non tanto di «alternativo», ma almeno di diverso, di positivo vi fosse in essi.
Dobbiamo, io credo, essere pienamente consapevoli che la mercificazione dei rapporti, la alienazione che per forza si ripropone in essi, possa essere totalmente eliminata solo con la rivoluzione socialista e solo attraverso di essa possiamo costruire rapporti tra persone e non tra merci, rapporti belli e creativi.
È stupido rincorrere forme alternative, perché esse non possono aver vita in questa società: possiamo solo cercare e costruire VERSO queste forme: e la strada che si imbocca in questa costruzione è essenziale al raggiungimento di una vera diversità, perché, lo sappiamo, essa non è affatto automatica dopo la presa del potere, vedi URSS.
È assurdo quindi pensare di poter superare il rapporto di coppia con voli volontaristici, che passano a pie pari il processo storico che dobbiamo percorrere, e praticare forme astratte di rapporti che non costruiscono niente, né a livello personale, né nel movimento.
La coppia è la forma di rapporto che più di tutte regge: questo dibattito su EFFE ne è una dimostrazione.
Essa è LA FORMA DEL RAPPORTO SESSUALE: è da questa, quindi, che secondo me bisogna partire, da qui che bisogna andare avanti. È dalle contraddizioni che in essa esistono, e sono grosse, che bisogna partire per cominciare a rovesciare la situazione.
Molti di noi hanno qualche volta pensato che il superamento della coppia passi attraverso la negazione di un rapportarsi con una qualche continuità ad una persona in particolare, attraverso la negazione di un lungo e spesso faticoso discorso. Io non lo credo.
Il problema, in questa fase, sta a monte. Credo che se da questo chiuso rapportarsi a due si debba uscire, lo si possa solo con la conquista, che non è semplice, di un’autonomia, personale che vada oltre la coppia e che ad essa ritorni.
(Può darsi che ora io stia sopravvalutando la portata di questo aspetto del
problema: perché è un discorso che in questo momento mi tocca particolarmente; ma non credo che sia solo que sto. Credo che la mia esperienza si generalizzabile).
È il ritornare ad un tipo di rapporto che per sua natura ci vuole soli e sperduti, con la forza che può dare la costruzione autonoma della propria vita: una forza indispensabile per entrare nei meccanismi tipici della coppia e spezzarli, strappargli le radici.
Sappiamo cos’è che fa in modo che questa forma di rapporto sia così difficile da superare: è la solitudine cui questa società ci confina che ci fa rintanate in un piccolo nucleo, il più piccolo possibile perché sia sicuro. Ma, al tempo stesso, e qui sta la più grossa contraddizione, mentre nasce da questo tipo di esigenza, ad essa non può assolutamente rispondere, perché non è isola in mezzo a questa società; perché è esposto a tutte le spinte e le contraddizioni di questa società.
È da qui che deriva la necessità di non «sublimarsi» in esso, di non considerarlo un terreno di scambio per le merci affetto, amore, sesso, sicurezza, ecc.
Questo diventa molto più facile e più possibile quando ognuna ha conquistato uno spazio suo nel inondo, quando non considera l’unico spazio vitale solo quello del rapporto.
E qui entrano in campo mille problemi, ognuno con una sua specificità.
In questa conquista, o riconquista, della propria individualità, del proprio spazio all’interno e all’esterno della coppia, ancora una volta uomo e donna hanno ruoli diversi, posizioni di partenza diverse, e, quindi, devono attraversare fasi diverse. Eccoci al punto!
Per la donna il processo è più lungo, più difficile e duro: è quella che meno ha autonomia e indipendenza anche fuori dal rapporto; quella che, ancora, più difficilmente ha potuto costruirsi un «sé» che possa rapportarsi senza paura di «cedere» ad una personalità già più gratificata, quindi rafforzata, dal suo ruolo sociale. Ma è la donna che, proprio perché subisce le contraddizioni di un rapporto di coppia, può, più dell’uomo, avere le armi più adatte a questa conquista. I passi non sono facili, né da individuare, né, ancora meno, da attuare.
Abbiamo tutte provato, credo, la gioia grande della ritrovata autonomia e libertà dopo che un rapporto che ci stava troppo stretto è finito: la gioia di costruirci nella più completa libertà dall’«altro», misurata ora per ora nei suoi aspetti più belli. Poi, quando un nuovo rapporto inizia, magari molto più bello, più creativo del precedente, piano si comincia a RICORDARE pezzetti di indipendenza che se ne sono andati, a poco a poco, senza che ce ne siamo accorte. E non si capisce bene cos’è che va via, perché, magari, a livello «istintivo» ci sentiamo belle e intatte. Ma razionalmente sappiamo che, se ancora non è rinato il bisogno impellente, vitale, di libertà, le piccole parti di noi che se ne vanno, costeranno poi molte cose, al rapporto, ma soprattutto a noi stesse. Questa è, in fondo, l’esperienza che sto vivendo in questo periodo. Il rapporto che ho è il più bello che abbia avuto finora, e, penso, oggettivamente molto positivo. Ma mi sto accorgendo che avanza in me la pericolosa tendenza alla finalizzazione del rapporto. Molte cose non mi danno più tanto sapore se non sono inserite in questo discorso a due; spesso subordino al rapporto esigenze che so quanto siano vitali per me e per la mia crescita.
È il pericolo insito in ogni coppia; «aperta» o «chiusa» che sia. Certo, meno «chiusa» è, meno vincolante, minore è la possibilità che questo problema scoppi e maggiore quella di risolverlo. Ma il problema non è questo. Io sento che per me, donna, all’interno di questo rapporto, la conquista reale della mia autonomia è cosa molto difficile, sofferta ora per ora, passo per passo.
So che devo conquistarmi un’autonomia che lui, in parte, già possiede. Autonomia di pensiero, di rapporti, di azione. Per questo sono più spesso io che spingo verso forme meno vincolanti, come ad esempio la non convivenza o altre cose, per certi versi formali. «Soluzioni» la cui necessità mi costa moltissimo dover ammettere, perché è molto più comodo e «bello» abitare insieme, ad esempio.
Ma è la coscienza del mio ruolo di donna, che ha preso coscienza dei suoi problemi e, in parte, del modo di «risolverli», che mi spinge verso determinate esigenze.
Perché in fondo io credo che la conquista della nostra autonomia, come donne, con la coscienza grande e la lotta che essa richiede, ha un tale valore dirompente che fa fare un grosso passo  in avanti verso la costruzione di rapporti diversi, realmente transitori verso il socialismo.