il sessismo dentro la scienza

«psicologicamente l’orgasmo rappresenta l’abilità della donna a rispondere bene all’uomo» Da un intervento al Convegno Internazionale sulle «Nuove terapie sessuali» Milano 18-20 novembre 1976

febbraio 1977

il compito che mi sono assunta è quello di analizzare i testi in uso nelle facoltà di medicina italiane e nelle scuole di specializzazione in ostetricia e ginecologia per verificare il tipo di informazione trasmesso agli studenti, e quindi alla classe medica, sui vari aspetti della sessualità femminile e della riproduzione. Confesso che per quanto sospettassi che della qualità del rapporto della maggioranza degli ostetrici con le donne fossero anche responsabili i testi sui quali avveniva la loro preparazione, ero del tutto impreparata alla quantità e al tipo di materiale contestabile che vi avrei trovato. I testi della ricerca (nella quale mi sono state di aiuto la dott. Grillo e la dott. Me-reu) sono circa 20, editi dal 1967 al 1976; la bibliografia citata data dal 1913 al 1961. Data la mole del materiale e il tempo ristretto concesso a una relazione, sono stata costretta a prendere in considerazione soltanto gli aspetti più macroscopici dei luoghi comuni, pregiudizi, moralismo, antifemminismo, informazione superata o deformata contenuta in questi testi che, per loro natura e destinazione, dovrebbero essere formulati in maniera rigorosamente scientifica. Naturalmente la mia analisi è «dalla parte della donna».
Gli aspetti della sessualità femminile e della riproduzione esposti, vanno dalle caratteristiche psicologiche femminili al rapporto sessuale, all’orgasmo, frigidità, dispareunie, mestruazione,, contraccezione, gravidanza, parto, aborto, menopausa. Nei testi esaminati, i fenomeni della sessualità femminile e della riproduzione e la loro patologia, vengono esaminati quasi esclusivamente su un piano organicistico: quando viene tentata un’analisi di tipo psicologico, si ricorre più al pregiudizio e al luogo comune che alla psicologia e comunque è assente un’analisi,parallela delle cause sociali che possono aver determinato tali fenomeni o l’insorgenza di disturbi psichici, ascrivendo alla donna (come se vivesse isolata dal contesto sociale e non ne subisse le pressioni) la «colpa» di un mancato adattamento alle richieste, agli schemi, alle aspettative che gravano sulla sua specifica condizione femminile.
Piuttosto che teorizzare sui contenuti di tali testi, penso sia più opportuno citare quello che enunciano. Sulle caratteristiche psicologiche femminili, il Trattato Italiano di Ginecologia di Dellepiane, Maurizio e Tesauro, pag. 286, dice: «le caratteristiche psicologiche costituiscono fattori essenziali per la scelta del lavoro professionale:
così, mentre la donna è insostituibile in lavori che richiedono affettività, docilità, intuizione, gusto, tenacia, essa diventa assai poco adatta in altre professioni che invece necessitano di spirito di iniziativa e di competizione… In tutte le attività la donna, per il suo carattere, è sempre più vulnerabile dell’uomo perché reagisce in maniera globale alle stimolazioni… Nel suo comportamento essa compromette l’insieme della sua personalità perché,è meno capace di mantenere una distanza tra la sua persona e gli avvenimenti che la toccano, meno capace anche di conservare una certa indipendenza tra i .diversi aspetti della sua condotta». Co- t me sempre, il modello di riferimento è considerato l’uomo, il suo modo di agire, di considerare il lavoro, di porsi di fronte agli altri. Spirito di iniziativa e competitività sono senza eccezioni considerate qualità e non, come spesso sono, deformazioni del modo di essere di un individuo. E continua: «Per la maggior parte delle donne il lavoro è subordinato all’organizzazione del focolare domestico e all’integrazione economica del bilancio familiare e non rappresenta, come per l’uomo, un mezzo per affermare la personalità e conquistare alcune posizioni sociali. Venendo a mancare questa spinta propulsiva •— che è invece presente con uguale possibilità in alcune nubili, divorziate, vedove — la donna si accontenta di traguardi più modesti nell’ambito della famiglia… In questi casi, appena viene raggiunto l’obiettivo prefisso di interesse domestico, essa abbandona la professione oppure si adatta ad altro mestiere meno retribuito al quale essa può attendere restando in casa (disbrigo di pratiche amministrative, dattilografia, varie attività artigianali di confezione)». Il dubbio che si tratti di lavoro nero, enorme problema di sfruttamento della mano d’opera ‘ femminile, non viene naturalmente preso in considerazione. «Per le madri lavoratrici esiste il grave problema dell’educazione dei figli, i quali presenterebbero un comportamento abnorme con difficoltà di adattamento e perfino manifestazioni nevrotiche in percentuale molto maggiore in confronto dei figli di donne non lavoratrici. Sappiamo tutti che queste ricerche sono state ampiamente smentite da altre nelle quali, più correttamente, si evidenziavano altre contemporanee carenze cui si potevano attribuire gli squilibri lamentati nella prole, per esempio un livello insopportabile di povertà e assenza di sostegni sociali di altro tipo, I figli di donne professioniste, i quali evidente-
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mente non soffrono fame e deprivazioni ambientali, è risaputo che hanno uno sviluppo emotivo e intellettuale decisamente migliore dei figli di casalinghe. Per quello che riguarda la posizione della donna nel mondo del lavoro, il fatto che nubili, vedove, divorziate, siano attive quanto gli uomini, non fa sorgere il dubbio che sia proprio la condizione di moglie, allevatrice, casalinga per forza a impedire alla donna di ■«affermare la propria personalità e conquistare posizioni sociali». Molte donne devono proprio a una loro felice vedovanza o separazione l’affermazione, anche se tardiva, della propria personalità.
Sempre il Trattato Italiano di Ginecologia di Dellepiane e altri, a proposito delle cause che portano la donna al rapporto sessuale prematrimoniale, elenca: «la semplice curiosità di vedere come si comporta l’altro sesso nelle sue manifestazioni erotiche, l’accettazione conformistica del fatto che tutte le altre ragazze lo fanno, la mancanza di energia fisica per resistere all’aggressività del maschio (mi sembra una ragione significativa, cioè l’aggressività del maschio viene ritenuta fattore intrinseco del rapporto) il timore di essere ritenuta di idee antiquate comportandosi diversamente, il senso di compassione per l’oggetto del proprio amore che soffre del desiderio di rapporto o comunque desiderio di ripagare le gentilezze e i doni ricevuti, il desiderio infine di comportarsi come le donne adulte». Il movente più comune, e cioè l’attrazione sessuale verso il partner, non viene neppure presa in considerazione, tanto si è persuasi che il desiderio di rapporto fisico sia esclusivamente maschile e che la donna si pieghi passivamente alle esigenze del maschio, Vorrei inoltre richiamare l’attenzione sulla motivazione-perla dell’acquiescenza al rapporto sessuale da parte della donna perché desidera ripagare le gentilezze e i doni ricevuti: è chiara la visione del rappòrto in chiave di prostituzione, tipica di una certa mentalità maschile, dalla quale evidentemente neppure i ginecologi sono esenti, che risponde alla meccanica: io ti pago in doni e gentilezze, in cambio tu mi dai il tuo corpo.
A pag. 233 dello stesso Trattato, si dice: «considerato lo stretto parallelismo esistente nei vari momenti dell’attività sessuale fra l’uomo e la donna, si potrebbe paragonare, ai fini riproduttivi, la eiaculazione nell’uomo con la ovulazione nella donna». Mi sembra che il paragone sia scorretto e che sia più giusto paragonare l’ovulazione, fenome-
no silenzioso e non cqntrollabile dall’esterno, alla maturazione degli spermatozoi, fenomeno altrettanto silenzioso e non controllabile dall’esterno, mentre l’eiaculazione presenta un maggior parallelismo con l’orgasmo femminile. Tale precisazione rappresenterebbe una inutile pignoleria se non vi fosse come sempre sottintesa l’accentazione dei fenomeni riproduttivi rispetto a quelli sessuali per la donna, e il contrario per l’uomo.
Tale scorretto parallelismo corrisponde a quello di prendere come indice di riferimento della maturità sessuale dei due sessi (Fornati – Convegno Sessualità Femminile e Maternità – Università Cattolica, Marzo 1975) la prima polluzione notturna nel maschio e la prima mestruazione nella femmina, mentre si dovrebbe se mai mettere a confronto la prima polluzione notturna del maschio con il primo orgasmo involontario notturno della femmina, ambedue indici di maturità sessuale. Anche questa potrebbe sembrare una precisazione inutilmente puntigliosa, se tale visione dei fenomeni sessuali dei due sessi non privilegiasse come sempre l’aspetto sessuale nel maschio e l’aspetto riproduttivo nella femmina, Sempre a pag. 233 dello stesso Trattato, si dice che «è probabile che nella donna il rapporto sessuale possa influenzare effettivamente l’ovulazione favorendone l’insorgenza». Mi domando come si spieghino numerose ovulazioni anticipate in donne che non hanno avuto rapporti sessuali in quel periodo, o magari mai, e se anche la masturbazione e il conseguente orgasmo che ne deriva siano altrettanto capaci di provocare il fenomeno dell’ovulazione anticipata. Continua il Trattato: «Ciò, tra l’altro, trovrebbe conferma in quei detti popolari secondo cui l’orgasmo della donna favorirebbe la possibilità di una sua fecondazione», A parte l’opportunità che un trattato che si presume rigorosamente scientifico si rifaccia, in mancanza di prove concrete, ai detti popolari, rivelatisi spesso frutto dell’ignoranza dei tempi, questo specifico detto popolare si riferisce invece al fatto che tuttora si ritiene, a livello popolare, che le contrazioni orgasmiche abbiano una funzione aspirante per gli spermatozoi che in questo modo sarebbero facilitati a raggiungere l’ovulo maturo. Se sussistesse qualche dubbio circa la visione maschilista della sessualità femminile di questi testi, dovrebbe essere definitivamente fugato dalla definizione dell’orgasmo che viene data dal trattato di ostetricia e ginecologia di Wilson,
Beecham e Carrington che, a pag. 803 del 2° voi. dice: «Psicologicamente l’orgasmo rappresenta l’abilità della donna a rispondere bene al maschio e ad accettare il proprio ruolo femminile nella vita». E alla pagina successiva chiarisce: «I fattori psicologici che sono la base essenziale per la risposta fisiologica all’orgasmo di una donna, dipendono dalla sua possibilità di accettare il suo ruolo femminile. Questo ruolo è determinato da una completa interrelazione di fattori sociali, culturali, familiari, di sviluppo, psicologici e personali. Nell’atto sessuale normale la donna dovrà permettere a se stessa di essere conquistata dal maschio. Questo costituisce un masochistico arrendersi al maschio». Vale a dire che la donna che si adatta passivamente allo schema di rapporto maschio-femmina tipico della nostra cultura è in grado di provare l’orgasmo, come se la maggioranza delle donne che non lo provano non appartengano alla categoria delle casalinghe, cioè a quelle adattate più delle altre a tali schemi. Il masochismo viene ritenuto una componente normale del rapporto e non la conseguenza della disparità di condizione esistente tra uomo e donna.
Il Trattato Italiano di Ostetricia e Ginecologia di Dellepiane, Maurizio e Te-sauro, pag. 460, dichiara: «l’orgasmo nella donna può intendersi completo solo in presenza di sensazioni voluttuose vagino-uterine e, accessoriamente, clito-ridee». E’ evidente che gli autori non hanno mai chiesto a una donna che cosa provi nell’orgasmo: avrebbero appreso che l’ordine delle sensazioni voluttuose va rovesciato e che l’utero non ne produce alcuna. Il Trattato prosegue: «La sensibilità clitoridea di rado manca completamente, è precoce in quanto può comparire fin dall’infanzia e può persistere per tutta la vita (si noti il può che suona come la constatazione di un inconveniente cui purtroppo non si può porre rimedio). Invece la sensibilità vagino-uterina è più ottusa, tardiva, e non si sviluppa se non dopo un lungo tirocinio». Nessun sospetto che qualsiasi cosa si sivluppi dopo un lungo tirocinio sia evidentemente la più lontana dalla disposizione naturale, e quindi un tentativo di accomodamento destinato comunque al fallimento considerate le caratteristiche degli organi di cui si parla. «La vagina rappresenta quindi nella donna adulta l’organo principale del piacere, costituendo la definitiva conquista del piacere integrale. Se, per cause già elencate a proposito dell’enologia lo sviluppo della evoluzione cronologica del piacere sessuale si arresta, si ha un’anafrodisia d’evoluzione o infantilismo psicosomatico. In altri termini, non si verifica il trasferimento della sensazione voluttosa dalla clitorie alla vagina e la paziente resta per tutta la vita una clitoridea, senza partecipazione della sensibilità vagino-uterina. Si ha così un erotismo di tipo infantile o semifrigidità. Si può avere una frigidità parziale, intendendo con questo termine il raggiungimento dell’orgasmo con mezzi diversi da quello proprio del coito fisiologico (eccitazione, clitoridee prolungate)». «Ci troviamo in questi casi di fronte a quelle forme nelle quali si deve invocare esclusivamente una patogenesi psicosomatica. Si tratta per lo più di soggetti nevrotici in cui i fattori psichici di inibizione, riguardanti soprattutto l’attitudine mentale della donna di fronte all’atto sessuale e al partner, trovano un terreno particolarmente adatto a scatenarsi». Come si vede, è nevrotica qualsiasi donna non manifesti una sessualità congeniale al maschio. Si ammette più oltre: «Nella frigidità vaginale la prognosi non in tutti i casi è favorevole. Le difficoltà terapeutiche in questa forma sono molteplici e non facilmente superabili, specie là dove è presente uno spostamento della clitoride rispetto alla sede normale». Quando si discute dell’uso del propionato di testosterone, si riconosce che nella frigidità unicamente vaginale questo dà scarsi risultati. «In alcuni casi particolari si constata all’esame clinico che la clitoride si trova in posizione molto elevata. Nella fattispecie è stato realizzato chirurgicamente con successo l’abbassamento della clitoride». Vorrei sapere che effetto farebbe ai compilatori di questo trattato se a qualcuno venisse in mente di sostenere che l’organo principale del piacere maschile sono i testicoli e che si potrebbe intervenire chirurgicamente per alzarli al livello del pene. L’esame della realtà, in questo caso della conformazione e funzionamento degli organi sessuali femminili, non fa sorgere il sospetto che nelle teorie sostenute ci siano errori, ma che la anatomia femminile sia di per se stessa un errore e che di fronte alla sua non funzionalità rispetto a quella del maschio, si possa anche prendere in considerazione l’ipotesi dell’intervento chirurgico per correggerla. L’uso del testosterone, si dice, produce ipertrofia della clitoride e quindi aumento del desiderio sessuale, e viene proposto per quelle donne che dimostrano scarso appetito sessuale (le cui cause peraltro non vengono analizzate) ma nell’uso di questo ormone maschile si consiglia giustamente una grande cautela. In questo contesto, però, non è chiaro se la cautela tende ad evitare una eccessiva virilizzazione della paziente (peli, abbassamento voce, ecc.) o una eccessiva ipertrofia della clitoride con conseguente accentuazione della sensibilità dell’organo, che viene condannata in tutta la trattazione e definita di tipo maschile. «Si ricordi a questo proposito — si conclude nel capitolo sulla frigidità — che la libido di tipo attivo è propria del maschio, mentre nella donna, una volta stimolata, la libido filtra attraverso la sfera affettiva e quindi si esprime, modificata attraverso una serie di presupposti educativi e rappresentativi». Mi sembra significativo sottolineare che la bibliografia citata come supporto a questo capitolo dati dal 1937 al 1950.
Il trattamento delle dispareunie e principalmente del vaginismo, viene considerato nel Trattato di clinica ostetrica e ginecologica di Maurizio e Pescetto – 2° voi. pag. 758. Dopo aver premesso che il vaginismo è una condizione patologica di origine psichica che rappresenta una difesa di fronte al contatto sessuale causata da traumi subiti in epoca infantile a livello della pelvi, che queste pazienti non sono nevrotiche ma semplicemente neurolabili o distoniche, consiglia «un trattamento psicoterapico o psicanalitico diretto alla coppia. Però, quando la psicoterapia non ha avuto successo, si può ricorrere, dopo aver posto la paziente in anestesia, alla distensione vaginale collocando uno speculum in vagina e lasciandovelo da 3 a 5 giorni». Mi sembra evidente che l’anestesia non duri da 3 a 5 giorni e mi domando quale risultato positivo si possa ottenere da una pratica certamente dolorosa, per donne il cui problema è quello del dolore da penetrazione. Il Trattato di Ostetricia e Ginecologia di Wilson, Beecham e Carrington, è ancora più sbrigativo e raccomanda una dilatazione con lo speculum, eseguita con delicatezza ma forzata, ripetuta a intervalli regolari dal medico o dalla paziente e precisa: «durante la dilatazione la paziente avverte notevole dolore e disagio, ma questo di solito è un valido elemento della terapia. Serve a dimostrare alla paziente che è perfettamente capace di sopportare il disagio prodotto dall’inserzione di uno speculum o di un dilatatore, e dunque è possibile per la sua vagina accogliere senza dolore il pene del marito che, di regola è molto più piccolo». Che il dolore da inserzione sia un elemento valido nella terapia appunto del dolore da inserzione, mi sembra da dimostrare.
Maurizio e Pescetto menzionano, in caso di fallimento della psicoterapia e dell’inserzione prolungata dello speculum, un metodo assai più drastico che si fa fatica a credere sia stato talvolta tradotto in pratica e cioè «eseguire incisioni dilatatrici sul contorno della vulva. Cattaneo consiglia di praticare un’incisione seguendo la linea della forchetta: in tal maniera vengono ad essere scoperti i muscoli bulbo cavernosi, trasverso ed elevatore dell’ano, Questi muscoli vengono sezionati tra due lacci, cosicché l’anello muscolare che sostiene il vaginismo viene ad essere reciso». E’ legittimo chiedersi in quale stato sarà ridotta la vulva a operazione conclusa, quali saranno le conseguenze successive nel rapporto sessuale o in eventuali parti. In ogni caso è chiaro che un’operazione di questo genere è utile al partner piuttosto che alla donna stessa, ed è comunque utile alla sola riproduzione e non anche al godimento della sessualità. La mestruazione viene presa in ampia considerazione dal trattato italiano di ginecologia di Dellepiane e altri. Il quadro mestruale descritto è impressionante: si cita il genio di Plinio (quando, nel suo stesso interesse, sarebbe meglio dimensionarlo) che nel quarto secolo codificò le tuttora attuali «dicerie» relative alle mestruazioni che hanno sempre influenzato il comportamento della donna, asserendo che «il tocco della donna mestruata trasforma in aceto il vino, fa appassire i fiori, morire le piante, sfiorire i giardini, cadere i frutti dai rami, arrugginire i metalli, abortire le giumente». Ci risulta che tutti questi disastri ecologici e domestici siano assai più facilmente raggiunti con la diossina o l’inquinamento da tecnologia avanzata, frutto del»enio maschile, piuttosto che dalle mestruazioni delle donne. Neppure la monotossina citata per spiegare il fenomeno -constatato da Schick di un caso in cui il tocco della donna mestruata «afflosciava i fiori» ci persuade; si dà il caso che ognuna di noi abbia le mestruazioni una dozzina di volte l’anno per un lungo numero di anni e sia perciò in grado di constatare, senza scomodare illustri scienziati, che fiori, frutti, vino e giumente rimangano perfettamente inalterati. «In alcuni soggetti tendenti alla nevrosi — si dice nel trattato — la tensione periodica mestruale mette in movimento sentimenti di colpa e di aggressività; le fantasie sadiche vengono scaricate con ingiuste punizioni inflitte ai bambini e agli scolari; le tendenze omosessuali sfociano in gesti di persecuzione e in litigi con l’amica più cara per la gioia di far dopo la pace e ricevere più affetto e maggiori contatti sentimentali; il complesso edipico non completamente superato comporta spesso violente fantasie sessuali sotto forma di stupro e persino rapporti con animali; i sentimenti di ribellione e di odio contro il proprio sesso suscitano fantasie autopersecutorie e idee ossessive improntate a desiderio di morte… la donna si trascura al fine di arrivare alla auspicata fine, oppure mette a repentaglio la salute degli altri: un desiderio prevalente è quello di buttarsi in acqua oppure di asfissiarsi con il gas». Questa visione apocalittica della donna mestruata è indegna di apparire su un trattato che ha la pretesa di essere scientifico. Ci si pronuncia anche sul tipo di assorbenti cui dare la preferenza, dicendo che «quelli endovaginali a tipo di tamponi sono più adatti a determinate categorie di persone (ballerine, acrobate, ecc.)». Sempre il trattato di Dellepiane, dice la sua sul controllo delle nascite «che si presenta come uno dei primi mezzi a disposizione dell’eugenetica per realizzare i suoi scopi. Le classi meno evolute sono le più prolifiche ed è pure noto che il loro quoziente di intelligenza (sul quale influiscono le condizioni ambientali ma che è legato anche a fattosi genetici) è inferiore a quello delle classi più evolute. Se si tiene conto che per le migliorate condizioni igieniche, la’ mortalità infantile è notevolmente diminuita, ne deriva che lo squilibrio nella fecondità porta a un progressivo abbassamento del quoziente medio di intelligenza. Da qui l’impegno dell’eugenetica a sanare lo squilibrio riducendo le nascite particolarmente nelle classi meno abbienti». Il razzismo di tali asserzioni è evidente e non ha bisogno di commenti.
Il trattato di ostetricia e ginecologia di Wilson dice: «è difficile decidere quando far partecipi i genitori (del fatto che una ragazza non sposata chieda anticoncezionali al suo ginecologo). Ciò può essere discutibile per una ragazza che ha raggiunto l’età dei 18-20 anni che abbia una buona e completa relazione con un ragazzo; e diventa particolarmente vero se decide eventualmente di sposarsi. D’altra parte i genitori della ragazza che chiede un consiglio per i contraccettivi devono essere avvisati». Lo stesso trattato definisce «contraccezione fisiologica» il coito interrotto. Maurizio e Pescetto, nel manuale di ostetricia e ginecologia, dicono a proposito della pillola: «molti aspetti che riguardano l’innocuità del metodo nonche la liceità morale e religiosa di esso, debbono essere ancora precisati». Per quanto riguarda la gravidanza, il testo di Hawkins – Terapia medica in ostetricia, pag. 186, afferma che «il movente principale dell’esistenza umana è essenzialmente l’allevamento, la protezione e l’assistenza sempre più completa della prole», Chi non alleva, protegge e assiste la prole fallisce quindi lo scopo della sua esistenza. Difficile trovare granitiche certezze e idee limitate così perfettamente fuse e che ignorano che la finalizzazione biologica non può essere considerata al di fuori del concetto di cultura. Il testo Ostetricia e Ginecologia di Gasparri prende in esame esclusivamente gli aspetti igienici e patologici della gravidanza, ma non fa alcun cenno agli aspetti psicologici. La donna è vista esclusivamente come una riproduttrice che deve essere messa in grado di fornire il prodotto migliore. Lo stesso atteggiamento si rileva nel manuale di Maurizio e Pescetto. La donna è considerata soltanto una fattrice, sull’importanza del suo benessere personale di individuo, neanche una parola. Botella Lusia nel suo testo afferma: «anche oggi non siamo del tutto convinti che il dolore del parto non sia in un certo senso desiderabile in quanto non si può escludere che esso influisca positivamente sull’istintività e sull’affettività della madre».
Così come non si parla affatto del fenomeno tanto diffuso tra le donne del rifiuto della gravidanza e delle cause che lo determinano. La società in cui le donne vivono, con i suoi pesanti condizionamenti e problemi esistenziali che le coinvolgono profondamente, è completamente assente.
In compenso questi testi, quando sembrano accorgersi che stanno parlando di fenomeni che riguardano esseri umani e che li toccano nel profondo, ricalcano romantici schemi privi di senso della realtà, come questo di Maurizio e Pescetto: «Nei giorni successivi al parto, il bambino rappresenta il fulcro del pensare, dell’ideare e dell’agire della donna e tale rimane non solamente per la durata del puerperio, ma generalmente per tutta la vita!» In compenso, quando si tratta di aborto, le posizioni si radicalizzano. Il trattato di ginecologia e ostetrica di Kàser, Friedberg e altri, definisce il procurato aborto «aborto criminoso». Maurizio e Pescetto titolano un paragrafo «aborto criminoso» e lo defini-niscono un assassinio. L’aborto terapeutico viene preso in considerazione solo nei casi di cancro al collo dell’utero a stadio operabile messi in evidenza nei primi quattro mesi di gravidanza, e in questo caso si ricorre all’isterectomia radicale. Nella cardiopatica, nefritica e tubercolotica i presidi terapeutici di cui si dispone, si dice, hanno risolto il problema. Certi casi di donne morte recentemente di parto sembrerebbero smentire questa affermazione, e resta comunque da considerare in quale stato psichico queste donne trascorreranno la gravidanza e quale sarà il loro atteggiamento verso il figlio nato in tanta angoscia e contro la loro volontà. Botella Llusia sostiene «la necessità imperiosa che gli educatori, i moralisti, i sacerdoti, i medici e soprattutto i pubblici poteri si uniscano tutti in una vera crociata contro l’aborto criminoso».
Hawkins nel suo testo «Terapia medica in ostetricia» dice: «Quando l’aborto è stato eseguito per evitare alla paziente i disturbi psicologici derivanti dalla prosecuzione della gravidanza, si è scoperto che era vero il contrario. È l’aborto come tale a essere fonte di disturbi psicologici».
E veniamo alla menopausa, ultimo aspetto della sessualità femminile preso in esame. Il Kàser dice che nella menopausa si presenta un aumento della libido che porta alla «seconda primavera». Tale aumento può trovare espressione anche in un aumento della coqueterie che in tale età facilmente può risultare ridicola. Come meccanismo di difesa la donna spesso si trascura, consapevolmente o inconsapevolmente, nel modo di vestire o di presentarsi.
Conosciamo poi la gelosia come altra forma di elaborazione negativa di tale forte impulso. Questa si osserva soprattutto nelle donne con carattere virile, nella bruna con apparato pilifero piuttosto abbondante, con voce piuttosto bassa, il cosiddetto «tipo Carmen». Aumentano gli sfoghi verbali. «Donne che prima tenevano molto ai buoni costumi iniziano improvvisamente a far considerazioni con doppio significato». Si può presentare una lieve ipertrofia della clitoride. «Per questo motivo l’orgasmo vaginale si può trasformare in orgasmo clitorideo e viene raggiunto in modo più facile e rapido». Tutto questo andirivieni di orgasmi, dal clitorideo al vaginale e viceversa, è semplicemente comico. «Talvolta compare una tendenza lesbica… però nella maggior parte dei casi notiamo un orientamento verso giovani di tipo femmineo… Il giovane stesso asseconda tale esigenza in quanto… è incapace di amare donne che non corrispondano all’ideale materno». La virilizzazione aumenta «per cui queste donne risultano più determinate, più estroverse, più egoiste e quindi si comportano in modo più deciso: da ciò può risultare il noto quadro della «cattiva suocera». «Proprio queste modificazioni rendono più facilmente esplicabili attività non domestiche: certe donne cominciano a lavorare nella politica, nelle scienze, nell’arte solo dopo i 40 anni. Non si sa se a tale proposito sia da mettere in primo piano la modificazione del carattere o l’esigenza di compensare una posizione coniugale o familiare insoddisfacente». Da questa analisi, forzatamente affrettata e incompleta, mi sembra emerga chiaramente di quanti pregiudizi e luoghi comuni che niente hanno a che fare con la scienza siano infarciti questi testi sui quali tuttora avviene la preparazione dei ginecologi. Tali pregiudizi si inseriscono nella ideologia maschilista che sta alla base dell’esercizio della stessa complessiva scienza medica. Del resto, la biologia rappresenta il principale avallo delle teorie sulla superiorità maschile e la medicina se ne è servita per definire, anche in termini sociali, le funzioni e le capacità femminili.