«ode» a paestum

febbraio 1977

qualcuno avrebbe detto
romantica
l’idea Paestum
noi ci siamo andate
attraversate
di migliaia di propositi
di storia
di fronte a noi all’arrivo
un mare in tempesta
un cielo bassissimo
inclinato impregnato nella terra
d’inverno
scura bagnata e solo leggera
dal ricordo giallo estivo
dagli strilli turistici
yankee nipponi teutonici
adesso
non strilli ma aria abbassamenti colpi di vento di mare alzato tempi sereni
nella forma della campagna
non strilli ma aria abbassamenti colpi di aria
di voci di teste
«femministe»
non c’è niente di univoco, almeno non in questo
non vedo rottura nell’unità
e quelli che rendono kitsch l’ideologia del colore
sono quelli ai quali piace compiacersi nel compiacimento
del loro sporco mestiere di giornalista
al quale appiccicano idee fantasie come sopporto del vuoto che smuovano
su tutto questo passa
effettivamente
e questo mi consola
un minimo di noi di diverse
ma su tutto questo non passa
la disorganizzazione femminista con la consapevolezza del senso
della sua maledetta ideologia
si sa che alle donne non piace quello che di loro natura non è
e dunque
non che cercassero la disgregazione e dunque quella dei loro propri esseri
ma c’è il dubbio
se piacere passa prima di dovere
essendoci sempre divise essendolo sempre state
non per noi o fra di noi
vedo una facilità che non è mai stata nostra
e vedo il pericolo di stare là dove non stiamo
vedo in questa divisione
un tentativo esterno,
un rischio
di togliere a noi stesse quello che sappiamo fare di meglio
e vedo in questo tentativo uno «togliersi» l’esterno
e mi sento perdere
in qualcosa di troppo sconosciuto
essendo l’esterno anch’io
essendo la contraddizione anch’io
allora rifiuto l’estremismo del tentativo della disgregazione
per la disgregazione
allora rifiuto il lusso «del mondo mio» dei colori del mito della fuga
mi reggo
nel complessivo della problematica che mi attraversa
mi reggo di fronte
alla responsabile organizzazione collettiva
di un’economia del tempo
a Paestum si trattava effettivamente
di non sparire di vergogna
di violenze di fratture che spaccavano
sui tentativi di costruzione
di discorsi di propositi
sui tentativi di rotture
come tensioni contrapposte
di troppe incertezze
di differenze
di diversità fra soggettivo e sociale
di diversità delle differenze
come è vero per me
il sociale non esclude me, soggettiva
a Paestum tutto questo
e altro
la sessualità svegliatasi a partire
del centro della mia vita come oppressione
la sessualità non come scoperta ma come istante che mi distingue fra
l’orgasmo e la tensione che lo produce
e che
ugualmente mi riempia nei tempi che producono l’uno e l’altro
di questo e di quest’altro
quando uno si mette parla
ma noi poi
stufe
di donne
ci siamo ritrovate fra i templi di Hera e Nettuno e Cerere
il discorso
perché ormai un filo rosso c’è
si allacciava perché chi sa
alle vite ai templi che impregnati nelle pietre
con storie di donne
e colori
come una calda patina dorata che pare
quasi
si accenda o si spegna a secondo dell’intensità della luce solare
vasi nuziali vasi per lo più di età lucana e di fabbricazione
locale
vasi, busti, gemme, monete
si stabilisce il tempio
dedicato a Hera Argiva
dea della maternità e della fecondità
la stessa
che si venerava nel Santuario scoperto alla foce del Sole
di questo e di quest’altro
quando uno si mette, non sempre parla
fra di noi c’è lotta battaglia diversità
fra di noi ci siamo con tutte quelle che siamo e delle quali non sappiamo
come si può
concepire «l’esterno» come «L’Esterno»
siamo appunto noi lottando l’esterno
noi stesse
qualche volta mi avvicino
a una delle tante che si scioglie in me