donne in fabbrica
siamo un gruppo di donne che vivono a Sora, piccola città della provincia di Frosinone; insegniamo in varie scuole della zona, ma siamo o siamo state impegnate anche in attività sindacali. Il nostro impegno, limitato inizialmente al settore scuola, si è collegato poi alle realtà più politicamente significative della zona: fabbrica, interventi di quartiere, etc. Questa attività si è articolata in una serie d” interventi: dai picchetti alle assemblee di fabbrica; dalle manifestazioni ai congressi; dall’elaborazione di documenti sulla didattica ad un doposcuola gratuito ed alternativo per i figli dei lavoratori. Il fatto di essere inserite in una istituzione politica tradizionale come il sindacato, con le sue regole e le sue scadenze organizzative, i suoi modelli di comportamento, da una parte ci ha arricchito culturalmente e umanamente nel senso che siamo cresciute politicamente, abbiamo provato entusiasmo per una libera attività che non fosse legata al tradizionale ruolo della donna: parlare ad un’assemblea operaia, imparare a discutere ed elaborare idee cercando di vincere la paura, rompere gli schemi della vita domestica hanno costituito proprio momenti di autentica liberazione come donne e persone. Dall’altra, questa vita di intensa militanza ci portava a trascurare talvolta l’aspetto umano del nostro stare insieme e soprattutto i problemi delle compagne che non riuscivano ad adeguarsi o che venivano tagliate fuori a causa dei bambini.
È stata la rabbia di vedere queste compagne cresciute insieme a noi nella lotta e nella attività politica non più al nostro fianco, ma a casa; vedere sprecato tanto entusiasmo, tante potenziali energie ed il concreto lavoro fino ad allora svolto, che ci ha spinto a riunirci ed a prendere consapevolezza che l’essere donne ci ributtava ancora una volta in uno stato di subalternità. Bisogna aggiungere che i compagni con cui avevamo sempre lavorato e che ci erano apparsi teoricamente disponibili ad un discorso di parità tra i sessi, praticamente non si sono preoccupati della scomparsa delle compagne, né hanno avvertito l’esigenza di risolvere il problema.
Il riunirci tra noi ci ha aperto subito una dimensione diversa dello stare insieme, più libera e umana, meno stressante e competitiva. Abbiamo recuperato quelle compagne emarginate, anche attraverso un tipo di organizzazione aperta alle esigenze di tutte (riunioni nelle case, con orari compatibili con i bambini etc). Questi elementi positivi pero si sono scontrati quasi subito con una comune sensazione di disagio e di incertezza sul come andare avanti, sugli obiettivi da porsi e sui modi per realizzarli. Abituate, tutte, come eravamo a far politica nelle strutture organizzate, con gli operai, gli studenti, a contatto con la realtà sociale, non ce la siamo sentita di chiuderci in una pratica di autocoscienza che ci sembrava un modo borghese e sterile di isolarci, e che in realtà non stimolava nessuna di noi. A questo punto abbiamo riesaminato criticamente, dal punto di vista femminile, tutta la nostra attività passata e proprio da questa abbiamo tratto alcuni elementi che ci potevano permettere di lavorare da donne e con le donne, ma in senso di classe, con un intervento più vasto sul territorio. Questi elementi sono stati fondamentalmente due (oltre la storia del nostro gruppo, naturalmente) :
La nostra partecipazione (nell’anno passato) ai corsi operai delle 150 ore. Siamo andate, come sindacato CGIL, a fare alle operaie, alle casalinghe, alle disoccupate dei discorsi sulla donna (con materiale vario, libri, giornali, questionari etc). Da .questa esperienza abbiamo capito come da una parte fosse possibile e bello stabilire un rapporto di comprensione e di solidarietà con le proletarie, ma dall’altra quanto fosse difficile e lunga la strada della liberazione da parte di donne doppiamente subalterne e sfruttate. Specie nella nostra zona, dove la recente industrializzazione ha poco scalfito una antica tradizione contadina, clericale, spesso oscurantista e molto repressiva, il processo è più lungo e difficile.
I nostri rapporti con una delle più grosse fabbriche della zona, quasi tutta a manodopera femminile la «Bassetti». Questa è un’azienda con circa 400 operaie, che produce soprattutto camicie. Quattro anni fa era stata fatta tra le lavoratrici una inchiesta sull’ambiente di lavoro e sulla salute, alla quale aveva partecipato qualcuna di noi. I risultati emersi mettevano in luce una situazione molto negativa per le donne, forti percentuali di esaurimenti nervosi, scarsa partecipazione alla vita sociale, una dura organizzazione del lavoro basata su alti cottimi, una vita familiare disagiata. Ma allora non eravamo riuscite a coinvolgere le donne in una lotta per un miglioramento effettivo sulla qualità della loro vita, e l’inchiesta era caduta nel vuoto lasciandoci però la sensazione che nella fabbrica ci fossero delle possibilità di intervento e un potenziale di malessere cui dare uno sbocco.
Mettendo insieme tutte queste esperienze, ci è sembrata più chiara la via da seguire; la nostra personale liberazione poteva avvenire attraverso il coinvolgimento di tante diverse condizioni femminili, e con un preciso indirizzo di classe e di lotta, perché non fossimo costrette a scegliere (cosa che nessuna di noi era in grado di fare) tra il recupero del nostro essere donne e l’impegno per una battaglia politica irrinunciabile.
Da questa impostazione è nato il corso sindacale per le operaie tenuto a Sora a Novembre.
organizzazione del corso
Precedentemente all’idea di organizzare un corso con le donne era stata fatta una richiesta, da parte del sindacato, per ottenere dal Ministero della Pubblica Istruzione (Sezione educazione popolare) un finanziamento per un corso sindacale. Accettata la richiesta, abbiamo deciso di utilizzare questa possibilità che veniva data al sindacato per far partire un’iniziativa della durata di una settimana, sul discorso della donna. Siamo riuscite, senza molta difficoltà a far accettare questa iniziativa dai compagni della CGIL scuola e della Camera del Lavoro, usando il peso e lo spazio politico che ci eravamo conquistate negli anni precedenti. L’organizzazione del corso ha avuto diversi momenti:
1) Dibattito al nostro interno per chiarire come doveva essere articolato il discorso e preparare il materiale necessario;
2)Rapporti con le istituzioni esterne: Provveditorato, fabbriche età;
3)Contatti con realtà culturali e politiche che potessero darci un contributo.
1) In un primo momento ci trovavamo di fronte a questo problema: parlare alle donne (operaie) della condizione in fabbrica e nelle organizzazioni politiche, oppure affrontare con loro problemi più profondi e coinvolgenti come la sessualità, la famiglia, l’educazione età? Abbiamo deciso, alla fine, che i due aspetti del discorso non potevano essere separati. Al nostro interno ci siamo divise in gruppi di lavoro ed ognuna di noi ha lavorato sull’argomento che sentiva, a livello personale, in maniera più profonda. Da questo è nato un documento (ciclostilato) che è servito di base per il dibattito e articolato in quattro punti: a) Dalla parte delle bambine; b) la donna e la famiglia; e) La sessualità; d) Il lavoro domestico ed extradomestico.
2) È stato necessario anche collegarci con il provveditorato per seguire l’iter burocratico che ci avrebbe permesso di avere i finanziamenti per il corso. In collegamento con le strutture del sindacato siamo andate a parlare con le donne dei consigli di fabbrica per spiegare che cosa volevamo fare e coinvolgerle nell’iniziativa. Poiché ci sembrava corretto non richiedere alle donne del tempo fuori dell’orario di lavoro, abbiamo trattato con le aziende per ottenere permessi, che sarebbero stati retribuiti, per le due ultime ore di lavoro.
(3) C’era l’esigenza, sia da parte delle operaie, che da parte nostra, di prendere contatto con delle compagne che vivessero delle esperienze più articolate dal punto di vista femminista e perciò abbiamo invitato a partecipare al corso compagne di «Effe» e dell’FLM.
Il corso
Abbiamo cominciato il corso con una certa tensione, proprio perché sapevamo che le operaie si aspettavano un discorso di stretta natura sindacale (contratto di lavoro, qualifica, etc). Dopo un primo momento di sorpresa, le reazioni sono state invece al di sopra delle nostre aspettative; sono venuti fuori tanti problemi, dai rapporti sessuali al ruolo nella famiglia, alla condizione nella fabbrica. Ci ha sorpreso la sincerità e il coraggio con cui alcune persone si sono aperte e la facilità con cui si è venuta a creare una atmosfera di intesa e comprensione tra donne così diverse per formazione e condizione sociale. Insieme ai problemi più intimi è emerso come l’organizzazione del lavoro crei competitività, aggressività, riesca a mettere le donne le une contro le altre (per esempio rivalità dovute al cottimo) e come l’organizzazione sindacale, regolata nei modi e nei tempi secondo un modello maschile repressivo, non riesca a creare un’alternativa di solidarietà, anzi, sfiducia, pettegolezzi, incomprensione guastano il rapporto tra operaie e delegate. Dal corso è venuta fuori l’esigenza di continuare a stare insieme e di vederci periodicamente, cercando di risolvere in maniera autonoma il problema dei figli, mariti, tempi, etc. Il corso ha messo in moto una serie di meccanismi: sono partite iniziative tra le studentesse che, in modo abbastanza autonomo, hanno organizzato mostre nelle scuole; fra le operaie, che si stanno riunendo per affrontare i problemi della crisi e del sindacato da un punto di vista femminile; tutte insieme poi stiamo avviando una lotta per la costituzione di un Consultorio a Sora.
Questa esperienza ha pure rappresentato una crescita per noi: ci ha aperto, da una parte, nuove prospettive di lavoro, dall’altra grossi problemi soprattutto sullo scontro che stiamo vivendo tra militanza nel sindacato e un’esigenza che sentiamo crescere dentro di noi di partecipare alla politica, prima di tutto, come Donne.