libere di amare? chi?
Tabù, divieto, segregazione, clitoridectomia: la società maschile ha conosciuto e conosce forme sofisticate e complesse per cancellare brutalmente il corpo erotico lesbico. Su questi temi presentiamo la prima parte di un saggio, inedito in Italia, di Adrienne Rich.
Gli uomini hanno, biologicamente, un solo orientamento innato — di tipo sessuale che li spinge verso le donne — mentre le donne hanno due orientamenti innati, uno sessuale verso gli uomini e uno riproduttivo verso i figli (1).
«…Ero una donna molto vulnerabile, critica, che aveva fatto della sua femminilità una sorta di unità di misura con la quale giudicare e scartare gli uomini. Sì, ero qualcosa del genere. Anna, una donna che invitava gli uomini a batterla, senza mai rendersene conto. (Ma ora ne sono cosciente, ed esserne cosciente significa gettarmi tutto il passato alle spalle, e diventare — ma che cosa?). Sono stata presa subito da un’emozione comune alle donne del nostro tempo, che può farle diventare amare, o lesbiche o solitarie. Sì, quella Anna, in quel periodo era…» (2).
Il vincolo della eterosessualità obbligata per la quale l’esperienza lesbica è considerata in base ad un ventaglio di interpretazioni che variano dalla devianza al fatto ripugnante, o semplicemente I inconsistente, potrebbe essere illustrato I da molti altri testi oltre al precedente. Le affermazioni della Rossi, secondo cui le donne hanno un orientamento sessuale innato verso gli uomini, o quelle della Lessing, che dice che la scelta del lesbismo è semplicemente una forma di rivalsa contro l’uomo, non sono nuove.
Dette affermazioni si trovano frequentemente in letteratura e nelle scienze sociali. Mi interessano invece qui, altri due aspetti: in primo luogo, come e perché la scelta di avere delle affettuose amicizie con donne, scegliersi delle donne come compagne di vita e di lavoro, come amanti, come amiche sia stata repressa, ostacolata, costretta a nascondersi o a camuffarsi; in secondo luogo, il virtuale o totale diniego del lesbismo in un gran numero di scritti, compresi quelli di stampo femminista. E’ possibile scorgerci un certo nesso. Ritengo che buona parte della teoria femminista e della critica si sia arenata proprio a questo punto.
Sono propensa a credere che non sia sufficiente per la dottrina femminista sapere che esistono testi specificatamente dedicati al lesbismo. Qualsiasi teoria o creazione politico/culturale che consideri il lesbismo come un fenomeno marginale o meno «naturale», come una semplice «preferenza sessuale» o come l’immagine riflessa sia dei rapporti eterosessuali che di quelli omosessuali maschili, è quindi estremamente labile, per quanti altri contributi possa ricevere. La teoria femminista non può più permettersi semplicemente di dar voce alla tolleranza del lesbismo come «stile di vita alternativo», o con allusioni simboliche alle donne lesbiche. E’ giunto il momento di una critica femminista all’orientamento eterosessuale obbligato che riguarda le donne. In queste mie pagine esplorative, cercherò di dimostrare il perché.
II
Se le donne sono le prime dispensatrici di cure fisiche e psichiche al bambino, maschio o femmina, sembrerebbe logico, almeno secondo una prospettiva femminista, porsi le seguenti domande: se la ricerca di amore e di tenerezza in entrambi i sessi non conduca, originariamente, verso le donne; perché mai le donne devierebbero tale ricerca; perché la sopravvivenza della specie, i mezzi di fecondazione e i rapporti emotivi/erotici sono stati così rigidamente identificati tra loro, e perché detti vincoli fondati sulla violenza sono considerati necessari per rafforzare l’emotività della donna, la sua lealtà erotica e la remissività nei confronti dell’uomo. Dubito che siano molte le intellettuali femministe o le teoriche che si siano occupate di riconoscere che sono le forze della società che strappano le energie emotive ed erotiche alle donne e ai valori con cui esse si identificano. Queste forze, come cercherò di dimostrare, vanno dal vero e proprio asservimento fisico, al mascheramento e alle falsificazioni delle possibili opzioni.
Personalmente, non ritengo che il ruolo materno della donna sia un «motivo sufficiente» del lesbismo. Ma di questa questione ultimamente si è molto dibattuto, ipotizzando che un maggior coinvolgimento da parte del padre, ridurrebbe l’antagonismo tra i sessi e pareggerebbe lo squilibrio sessuale del potere degli uomini sulle donne. Dette discussioni vengono condotte senza riferimento all’eterosessualità obbligata come fenomeno e non come ideologia. Non voglio fare dello psicologismo, ma identificare le origini del potere maschile. Ritengo che numerosi uomini potrebbero, in realtà, prendersi cura dei figli senza che questo alteri il peso del potere maschile, in una società che si identifica nell’uomo.
Nel suo saggio «The Origin of the Family» (All’Origine della Famiglia) Kathleen Gough individua otto caratteristiche del potere maschile nelle società arcaiche e contemporanee, che mi serviranno come punti di riferimento.
«L’abilità degli uomini di negare la sessualità delle donne o di indirizzarla verso di essi; di comandare e sfruttare la loro forza lavoro, di controllare la loro produzione, di controllare o portare via loro i figli; di confinarle fisicamente e di impedire loro di muoversi; di usarle come oggetti nelle loro transazioni, di ostacolare la loro creatività; di privarle di grandi spazi nell’ambito delle conoscenze e delle conquiste culturali (3) (La Gough non considera queste caratteristiche del potere come specificatamente orientate all’eterosessualità, ma solo come produttrici di ineguaglianze sessuali). Le parentesi sono elaborazioni curate dalla sottoscritta.
Le caratteristiche del potere maschile comprendono:
1. – Di negare alle donne la sessualità
Per mezzo della clitoridectomia e di infibulazioni; cinture di castità, castighi, compresa la condanna a morte per adulterio commesso da donne; diniego psicoanalitico della clitoride; restrizioni sulla masturbazione; negazione della sessualità materna e del periodo successivo alla menopausa; isterotomia superflua; immagini pseudolesbiche sui mass-media e in letteratura; archiviazione e distruzione dei documenti relativi al lesbismo.
2. – Di indirizzarla (la sessualità maschile) su di loro (le donne)
Con stupri (compreso quello maritale) e percosse alla moglie, incesto padre-figlia, fratello-sorella, persuasione della donna affinché consideri che gli impulsi sessuali dell’uomo sono un suo diritto; idealizzazione dell’amore eterosessuale nell’arte, in letteratura, nei mass-media, nella pubblicità ecc.; matrimoni precoci; matrimoni combinati; prostituzione; harem; dottrine psicoanalitiche sulla frigidità e l’orgasmo vaginale, illustrazioni pornografiche di donne che rispondono graziosamente alla violenza sessuale e all’umiliazione (l’inconscio messaggio secondo il quale una eterosessualità sadica è più «normale» di una sessualità fra donne).
3. – Di comandare o sfruttare la forza lavoro dette donne per controllarne la produzione
Con istituzioni quali il matrimonio e la maternità, entrambe produzioni gratuite; la segregazione orizzontale delle donne negli impieghi retribuiti; la trappola della donna mobile; il controllo dell’uomo sull’aborto, la contraccezione, le nascite; l’infanticidio femminile che priva le madri delle loro figlie e contribuisce a generalizzare la svalutazione delle donne.
4. – Di controllare o privare le donne dei figli
Facendo valere i diritti paterni, e con il «rapimento legalizzato»; con la sterilizzazione forzata; l’infanticidio sistematizzato; il sequestro dei figli di madri lesbiche da parte dei tribunali; negligenze colpose di ostetrici; uso della madre come «torturatrice simbolica» nelle mutilazioni genitali o nel costringere i piedi (o la mente) della figlia a prepararsi al matrimonio.
5. – Di confinarle fisicamente e di impedire loro di muoversi
Con lo stupro come terrorismo; allontanando le donne dalla strada, con il purdah, la fasciatura dei piedi; atrofizzando le capacità atletiche delle donne; con l’uso del velo; la haute couture; i codici «femminili» di abbigliamento; vessazioni sessuali per le strade; segregazione orizzontale delle donne sui posti di lavoro; esaltazioni delle cure materne «a tempo pieno»; dipendenza economica imposta a cui devono sottostare molte mogli.
6. – Di usarle come oggetti nelle transazioni degli uomini
Uso delle donne come «doni»; sfruttamento: vendita della sposa; matrimoni combinati; uso della donna quale intrattenitrice per facilitare gli affari degli uomini, i.e. mogli-hostess; cameriere vestite in modo da solleticare gli uomini; ragazze squillo; «conigliette», geishe, prostitute kisaeng, segretarie.
7. – Di ostacolare la loro creatività
Caccia alle streghe come parte di una campagna contro le levatrici e le guaritrici, come pogrom contro le donne indipendenti e che non si sono «inserite»; definizione delle occupazioni degli uomini come più importanti di quelle delle donne in qualsiasi cultura, in modo tale che i valori culturali diventino l’incarnazione della soggettività dell’uomo; limitazione della realizzazione della donna al matrimonio e alla maternità; sfruttamento sessuale delle donne da parte di artisti e insegnanti; frustrazione sociale ed economica delle aspirazioni alla creatività della donna; annullamento delle tradizioni femminili
8. – Di privarle di grandi spazi nell’ambito delle conoscenze e delle conquiste culturali
Escludendo le donne dall’istruzione (il 60% degli analfabeti nel mondo sono donne); con il «Grande Silenzio» che avvolge le donne e in particolare l’esperienza lesbica nella storia e nella cultura; ruoli sessuali stereotipati che allontanano la donna dalla scienza, dalla tecnologia, e da altre attività «maschili», vincoli sociali e professionali creati dagli uomini che escludono le donne; discriminazione delle donne sui posti di lavoro.
Questi sono alcuni dei metodi con cui l’uomo manifesta e mantiene il suo potere. Quello che sconceria esaminando quanto sopra, è che assistiamo non solo ad un mantenimento dell’ineguaglianza e della proprietà, ma ad un eterogeneo insieme di forze, che spaziano dalla brutalità fisica al controllo delle coscienze, che indicano che un enorme potenziale di controspinte devono essere represse.
In alcune delle forme in cui si manifesta il potere maschile è più riconoscibile che in altre la volontà di imporre, l’eterosessualità alle donne. Tuttavia, ognuna delle componenti che ho citato aggiunge qualcosa a -quelle forze £on le quali le donne sono state convinte che il matrimonio, e l’orientamento sessuale verso l’uomo sono inevitabili, anche se elementi che rendono la loro vita insoddisfacente e opprimente. La cintura di castità, i matrimoni fra bambini, l’annullamento dell’esperienza lesbica (se non come esotica e perversa) in arte, letteratura e nel cinema; l’idealizzazione dell’amore eterosessuale e del matrimonio, sono tutte forme di costrizione, le prime due, esempi di coercizione fisica, le altre di controllo delle coscienze. Mentre la clitoridectomia veniva condannata dalle femministe come una forma di tortura a cui vengono sottoposte le donne, Kathleen Barry, per prima, ha messo in evidenza che non si tratta solo di un sistema per fare della giovane una «donna da marito», servendosi per questo della chirurgia, peraltro brutale, ma si vuole che la donna, vicina al matrimonio poligamo, non stabilisca dei rapporti sessuali con altre donne; che — secondo una prospettiva maschile, fallocratica e feticista — i legami erotici femminili, anche in una situazione di segregazione sessuale, vengano completamente recisi.
(Traduzione di Stefania Scotti, da «Signs», Summer 1980)
(1) Alice Rossi, «Children and Work in the Lives of Women» University of Arizona, Tucson, febbraio 1976.
(2) Doris Lessing, «The Golden Notebook» (New York: Bantam Books 1962, 1977) pag. 480; in italiano, II taccuino d’oro, Feltrinelli.
(3) Kathleen Goug «The Origin of the Family» in Toward an Anthropology of Wbman, ed Rayna (Rapp) Reiter (New York: Monthly Review Press, 1975) pag. 69-79.