per le donne morte non basta il lutto

pagherete caro pagherete tutto

giugno 1977

un anno fa da queste pagine vi invitavamo a votare e a votare a sinistra. Insieme abbiamo festeggiato piene di speranza il venti giugno. Purtroppo dopo un intero anno in cui, grazie alle arroganti manovre della DC e alle esitazioni del PCI, quasi nulla è mutato (anche se nessuna si illudeva che le sinistre in un anno potessero fare i miracoli), la nostra speranza comincia a vacillare e aumenta la nostra rabbia. Rabbia per tutte le cose mancate, le riforme non fatte, da quella universitaria a quella sanitaria, rabbia per il lavoro che non abbiamo, rabbia per i consultori non aperti, rabbia e dolore soprattutto per quest’ultimo affronto: l’affossamento della legge sull’aborto.
Al Senato non hanno vinto i democristiani, hanno perso i partiti di sinistra e i veri vincitori non vorremmo che fossero i sostenitori e gli orchestratori della violenza a cui quest’ultimo episodio fornisce un ulteriore alibi. Per chi come noi crede fermamente nella non-violenza, nel metodo del confronto con le istituzioni, è particolarmente penoso vedere che anni di lotte pacifiche, mobilitazioni di massa, non sono servite a darci neppure una legge mediocre e incompleta, dando spago a chi sostiene che i mutamenti si ottengono solo con la forza bruta e a chi su questo specula. Non ci stupirebbe se nei prossimi mesi aumentassero episodi di violenza armata, anche da parte di donne, episodi da cui noi ci dissociamo pubblicamente ma di cui sono parzialmente responsabili (in quanto contribuiscono a creare un clima favorevole all’esplosione della violenza) anche coloro che in Senato hanno affossato le aspettative legittime di chi, crede nel processo costituzionale.
Senza negare il peso della provocazione, è indubbio che la violenza aumenta quando si perde la speranza. Proprio per questo non possiamo permetterci di cadere nel disfattismo: continueremo a lottare ma è più che mai urgente inventare nuove e più efficaci forme di lotta. Per quanto riguarda l’aborto le due prospettive che esistono (nuova legge o referendum) fanno slittare la «soluzione» del problema almeno di un anno: e in questo anno le donne continueranno ad abortire, a morire. Lottare per il referendum o per un’altra legge quindi, non basta. Né bastano le manifestazioni, le proteste. E’ urgente riflettere su quali altri tipi di mobilitazione dobbiamo lavorare.
In questi ultimi mesi ci siamo mosse negli ospedali, nei consultori, nei quartieri, per garantire che la legge, una volta passata, venisse applicata: dobbiamo continuare su questa strada, per tenere sotto pressione le istituzioni (cliniche, ospedali, ecc.) in cui l’aborto verrà praticato quando finalmente una legge passerà.
Vogliamo, come EFFE, denunciare dalle nostre pagine con nomi, cognomi e indirizzi e prezzi i medici che si arricchiscono sulle donne con gli aborti clandestini e quegli uomini politici che proteggono il giro dei cucchiai d’oro; vogliamo denunciare quelli che rifiutano l’aborto terapeutico. Bisogna continuare a premere perché si mobiliti il personale delle strutture sanitarie, che già le compagne-medico hanno cominciato a coinvolgere nella lotta. Offriamo la nostra struttura per organizzare un servizio di contro-informazione e di denuncia di ogni forma di speculazione sull’aborto. Inoltre è indispensabile che il movimento continui il confronto teorico e politico sull’aborto e su tutti i temi ad esso collegati, in modo che le nostre azioni siano il risultato di un processo di approfondimento e non la reazione difensiva di chi è preso alla sprovvista.
Il manifesto per l’assassinio di Giorgiana Masicon la poesia composta raccogliendo i biglietti che le compagne hanno lasciato insieme ai fiori sul posto in cui l’hanno uccisa.

GIORGIANA MASI E’ STATA ASSASSINATA DAL REGIME DI COSSIGA.
RIVENDICHIAMO IL DIRITTO DI SCENDERE IN PIAZZA
TUTTE INSIEME, SEMPRE PIÙ’ NUMEROSE,
UNITE NELLA NOSTRA LOTTA,
A RIPRENDERCI LA LIBERTA’ E LA VITA.

A Giorgiana
…se la rivoluzione d’ottobre
fosse stata di maggio se tu vivessi ancora
se io non fossi impotente di fronte al tuo assassinio se la mia penna fosse un’arma vincente se la mia paura esplodesse nelle piazze
coraggio nato dalla rabbia strozzata in gola se l’averti conosciuta diventasse la nostra forza se i fiori che abbiamo regalato
alla tua coraggiosa vita nella nostra morte
almeno diventassero ghirlande
della lotta di noi tutte, donne
se non sarebbero le parole a cercare di affermare la vita ma la vita stessa, senza aggiungere altro.

Le compagne femministe