donne mobilitate a firenze
aborto: molte compagne dopo anni di militanza hanno portato il contributo delle loro verifiche: i tempi sono cambiati ma il nostro impegno deve essere riconfermato più che mai.
quattro anni di reclusione per la donna che abortisce, due per la violentata, affidamento anche per telefono al Tribunale dei minorenni del figlio nato indesiderato: queste alcune delle idee contenute nella proposta di legge del «Movimento per la vita», cui aderiscono vecchi compari della crociata antifemminista quali Comunione e Liberazione, il Movimento «Europa ’70», il clero fiorentino, notabili della città. Ed è per rendere pubblico lo sconcio di simili proposte per le quali sono state raccolte, talvolta carpendole davanti alle chiese senza spiegarne il perché, le firme dei cittadini, che un gruppo di donne del Movimento Femminista Fiorentino si è trovato sabato 28 gennaio in Piazza della Repubblica, «armato» di volantini e alcuni manifesti dipinti su tela.
Alcune donne che passavano per il centro affollato del sabato sera si sono fermate, hanno domandato, discusso, gli uomini si mantenevano in disparte, alcuni lanciavano sguardi di sfida o di disprezzo, è passato anche il gruppo dei manifestanti contro le centrali nucleari che ha proseguito per il suo cammino. I fotografi dei giornali divisi fra i due gruppi saltellavano per la piazza pur sapendo che in fondo nessuno dei loro lavori sarebbe stato w colto dalle pagine locali, sono andati via presto.
Visto che il gruppetto di femministe ingrossava alcune hanno proposto di dar vita a un corteo per le vie del centro; impossibile tacere anche perché all’insaputa di tutti sono state raccolte più di un milione di firme «per la vita».
Dopo alcuni giri per le vie del centro il gruppo ordinarissimo di compagne si è affacciato in Piazza del Duomo e qui, senza preavviso, è stato duramente caricato dalla polizia. Dirigenti e funzionari della Squadra Mobile (la più «democratica» della Questura Fiorentina) hanno voluto per sé il piacere di insultare le presenti «puttane, se non ve ne andate vi picchiamo tutte»; «andate a letto»; «vi facciamo noi il culo» (tutte frasi. riportate nelle denunce e dalle testimonianze che sono seguite) ed hanno iniziato a colpire con pugni e colpi di karaté, a tirare per i capelli, caricare sul cellulare, spaccando in testa alle presenti i legni dei manifesti. In pochi secondi questi signori, di cui ne sono stati identificati e denunciati due, hanno seminato il terrore fra i passanti indignati per il bestiale atteggiamento originato palesemente da un odio inveterato contro le donne poiché non vi era stata nessuna provocazione. Un gruppo di carabinieri armati di fucili era intanto schierato sul sagrato della Cattedrale, pronto ad intervenire, ma il Vicequestore Grassi, il Maresciallo lo Bue e colleghi hanno preferito fare da soli. A loro carico sono state immediatamente inoltrate dieci denunce da parte di alcune delle percosse, avallate da dodici testimonianze; molte compagne, riunitesi il lunedi successivo in Palazzo Vegni per il coordinamento settimanale del Movimento, hanno firmato una richiesta formale al Procuratore della Repubblica perché venga aperto un processo a carico dei responsabili.
Gli avvocati Gianna Sangiovanni e Graziella Mori che hanno redatto con le compagne le denunce spiegano che in nessun modo, nemmeno applicando i più cavillosi articoli della nostra legge, è possibile rilevare a carico del gruppo di femministe in questione alcun reato e che la Polizia invece non solo ha abusato del proprio potere, ma ha percosso e ingiuriato ingiustamente delle cittadine (e dei cittadini). Il sabato successivo, 4 febbraio, c’è stata una manifestazione di risposta di oltre 2000 donne democratiche fiorentine e toscane: intorno a queste due giornate e al loro significato il Movimento ha ripreso la propria attività dopo un anno di «stanca» e adesso ogni collettivo riparla di nuovi obiettivi, come trattare i «vecchi» come porsi di fronte alle istituzioni e così via.
Su questi temi l’11 e 12 febbraio si è svolto a Pistoia, presso il saloncino del Teatro Manzoni, il coordinamento delle femministe toscane indetto dalle compagne di questa città e della Valdinevole per giungere ad un chiarimento e possibilmente a una base di lavoro comune. Molte compagne dopo cinque anni di militanza, lavoro nei consultori, nei quartieri, nelle Università hanno portato il contributo delle loro verifiche; «i tempi .sono cambiati, ma il nostro impegno deve essere riconfermato oggi più che mai». A Palazzo Vegni, un «monumento» occupato del quartiere S. Niccolò, il coordinamento si riunisce tutti i lunedì sera e da qualche giorno c’è via vai di materiale per rendere accogliente la sala messa a disposizione dagli occupanti: sedie, sgabelli, manifesti, la stufa per poter discutere ancora, sempre di più; non possiamo fermarci. Ecco gli stralci di alcune delle denunce, se c’è spazio inseritele per favore: ‘ Elisabetta, 26 anni, ha incontrato il gruppo di femministe al quale si è unita: «Appena fatto ingresso in Piazza del Duomo mi sono trovata in mezzo a una gran confusione: ho visto delle persone in abiti civili sospingere violentemente delle ragazze e spaccare loro in testa i cartelli che recavano (…) Cercai di fare capire alle persone intervenute che non vi era motivo alcuno per insultarci e aggredirci così violentemente, dal momento che eravamo così pacifiche e inermi e ci saremmo immediatamente allontanate (…) Ad un tratto mi sono venute incontro la persona in borghese con il cappotto di cammello e l’altra abbigliata con soprabito dì pelle nera nella quale ho ravvisato il Vicequestore Dott. Grassi: questi mi ha afferrata dandomi un calcio nell’addome. A questo punto, senza potermi rendere conto di cosa stesse accadendo, ho visto avvicinarsi degli agenti di pubblica sicurezza in uniforme i quali hanno cominciato a sbatacchiarmi in varie ai-lezioni dopo di che uno di questi”l ha afferrata per i capelli trascinandomi verso un’autovettura di color beige. Io, sbigottita, non ho opposto la benché minima resistenza, tralasciando anche la ricerca di confronto verbale avviata in precedenza».
Valeria, 22 anni, passava per caso dal centro, ha seguito il gruppo per interesse personale e per intervistare alcune compagne, è giornalista: «(…) A un tratto alcuni funzionari di polizia in borghese affrontavano le prime femministe del gruppo gridando insulti e strappando loro di mano i cartelli. Uno di questi funzionari e precisamente il Maresciallo Lo Bue della Squadra Mobile della Questura di Firenze, brandendone uno intelaiato in legno iniziava a cacciarmi indietro, avendomi individuata come unica donna in un gruppetto di osservatori, a colpi di telaio in testa fino a spaccarlo. Dopo di ciò, sbigottita per tale comportamento e accolta da alcuni osservatori preoccupati per la mia salute, salivo sui gradini del Duomo, alle spalle dei carabinieri schierati. Vedevo di qui i già citati funzionari di polizia in borghese picchiare di fronte a me alcune donne con calci, colpi di mano e tirarne una per i capelli fino al cellulare parcheggiato presso la Porta del Paradiso del Battistero».
Maria Paola, 44 anni, una delle feriate, ha distribuito i volantini critici nei confronti del Movimento per la Vita in Piazza della Repubblica: «(…) durante il percorso eravamo accompagnate da macchine della Polizia. (…) “d’un tratto e senza alcun preavviso alcuni individui in borghese, uno dei quali con un cappotto di pelle nera, iniziavano ad urlare verso di noi “Puttane, andate a letto, vi facciamo noi il culo” ecc. Contemporaneamente iniziavano a picchiare: prima spaccavano i cartelli sulla testa delle donne, poi tiravano calci, pugni e colpi a mano aperta. Rimanevamo sbigottite da questo comportamento che non aveva spiegazioni. Fino ad allora infatti tutto si era svolto nella più perfetta calma tanto è vero che la polizia pur avendoci seguito e preceduto per tutto il tratto da Piazza della Repubblica in poi, non ci aveva mosso alcun appunto: non ci aveva identificato o invitato a scioglierci, nulla (…) Venivo quindi con gli altri portata in Questura. Una delle presenti chiedeva ripetutamente perché ci avessero portate lì e con quali accuse: non ci veniva spiegato ma ci venivano prese le impronte digitali, venivamo fotografate ecc. Ricordo tra l’altro che in quell’occasione mi facevano lavare perché sanguinavo copiosamente da un labbro. Successivamente, dopo oltre un’ora venivo rilasciata senza però sapere per quale ragione mi avevano fermata». Vanda, 23 anni, «(…) Mi trovavo pressoché nell’ultima fila e giunta a Piazza del Duomo ho sentito delle voci maschili molto alterate (mi è giunta la parola ” puttane ” e dei rumori forti e secchi come di oggetti scagliati a terra (…) Appena mi ero girata per cambiare direzione una persona in borghese con indosso un maglione azzurro mi ha inferto due violenti colpi con la mano a pugno chiuso sul lato destro del torace, colpendomi alle costole e al fianco (…) Per quanto mi riguarda ritengo di essere perfettamente in grado di riconoscere le persone che mi hanno percosso. Preciso ancora che il gruppo al quale mi ero unita, per il modo pacifico e corretto con il quale procedeva e per il modesto numero delle ragazze che lo componevano non poteva in alcun modo giustificare un intervento così sconsiderato e violento quale quello cui ho assistito e del quale sono stata vittima». Antonella, 19 anni: «(…) Accanto al Dottor Grassi ricordo di aver visto una persona di bassa statura con indosso un impermeabile chiaro (…) Vi fu un momento di panico e molte ragazze presero a scappare: io al centro del gruppo mi trovai allo scoperto. Nell’attimo di voltarmi indietro con l’intenzione di allontanarmi ho avuto appena il tempo di vedere un agente il quale accovacciatosi ha poi proteso fulmineamente una gamba verso di me colpendomi con il piede al seno destro. Il gesto è stato talmente repentino che non ho avuto il modo di evitare il colpo. (…) Trascorsi alcuni giorni senza che il dolore tendesse a scomparire e avendo notato il diffondersi di un’ecchimosi nella parte colpita, il giorno 1-2-78 ho ritenuto opportuno sottopormi a visita medica presso il Pronto Soccorso dell’Ospedale di Careggi dove un Maresciallo di P.S. ivi addetto ha verbalizzato le mie dichiarazioni circa l’origine delle lesioni subite».