corsi 150 ore
un momento di crescita collettiva
«molte donne che vengono da tante parti d’Italia, con la solita voglia di stare insieme, di discutere. Questa volta è una situazione diversa, questo non è un convegno del movimento femminista, ma un convegno delle donne del sindacato sui corsi delle 150 ore donne».
molte donne, che vengono da tante parti d’Italia, con la solita voglia di discutere, di stare insieme. Questa volta è una situazione diversa, non è un convegno del movimento femminista, ma un convegno delle donne del sindacato, sui corsi 150 ore-donne. Si parla del rapporto con il sindacato, dell’organizzazione del lavoro, ci sono momenti «censori», ma in ogni caso, per me è una situazione molto importante, come novità perché rappresentano un momento reale di rapporto-scontro che le donne hanno, se vogliono esistere, con le istituzioni. Ci sono alcuni dati che ritengo particolarmente importanti: la Validità ad esempio di riunirsi separatamente tra donne, rispetto alla propria specificità, il tema delle 150 ore come ricerca di nuove sedi politiche e di sapere tra donne anche molto diverse tra loro apre un nuovo capitolo nella storia del movimento delle donne. Si è vista l’esigenza abbastanza generalizzata di affrontare nei corsi la tematica della salute della donna, di parlare di sessualità, di riconoscerla come momento essenziale dell’oppressione femminile, si è vista la voglia di superare il tema della condizione femminile nei termini in cui era stato posto l’altro anno. Tutto questo è il segno di una crescita della voglia di conoscere il proprio corpo, il proprio personale. I tabù comunque continuano ad esistere e questo discorso anche se è ormai condiviso da molte nel sindacato, è vissuto ancora in maniera contraddittoria da altre. I problemi di questo tipo sembravano urtare contro il bisogno, reale, di cultura, di informazione, con la paura di parlare di sé, vissuto a volte come «una perdita di tempo». Scienza o autocoscienza? Forse il problema, posto così, è «mortifero», come giustamente diceva una compagna. Si intrecciavano comunque tanti altri problemi, il rapporto tra le insegnanti e le donne che seguono i corsi; il bisogno di memorizzare l’esperienza dei corsi e la difficoltà di farlo in modo adeguato ed efficace, il bisogno di riaffermare come produttiva l’esperienza di parlare con le altre donne; il bisogno di non fare diventare le 150 ore «un servizio per le altre», ma un momento di crescita collettiva. Insomma, una grande vitalità, che mi ha fatto capire ancora una volta come il discorso che le donne hanno aperto tempo fa, continua, si modifica, cresce, si arricchisce passando attraverso tutta la società.