un film femminista

«pianeta venere»

Pubblichiamo in esclusiva ampi tratti della sceneggiatura del film «Pianeta Venere», di Elda Tattoli un film di analisi della condizione femminile che incomincia soltanto ora il suo circuito nei cinematografi italiani, pur essendo stato presentato al Festival di Venezia del 1972, e trasmesso già da varie televisioni straniere. Le ragioni del blocco di un film alla distribuzione possono essere tante: per il film di una donna sulla condizione della donna una delle tante ragioni può essere quella, già proclamata da Pindaro: «È bene che la donna taccia». Su questo film che, raccontando la storia di una donna dal 1943 ad oggi, a Roma, riassume quasi didatticamente tutti i temi della emarginazione femminile — a casa, a scuola, nei posti di lavoro, nell’amore, anche — e che finisce con l’incentrarsi sul nodo cruciale del rapporto tra femminismo e lotta di classe, crediamo utile aprire un dibattito tra chi legge Effe.

febbraio 1974

LA STORIA
Amelia, bambina, vive con una madre piccolo-borghese e poverissima — ma non per questo meno devota ai miti della falsa dignità e del prestigio — gira in bicicletta a cercare da mangiare per la Roma del ’43, incontra, un giorno, un partigiano. Il film segue le due storie parallelamente: la storia di Matteo, volontario in guerra, di estrazione alto-borghese, di famiglia fascista, che, a un certo punto, capisce di avere sbagliato tutto e vuole ricominciare, e — assai più minuziosamente e appassionatamente — la storia della bambina Amelia, la sua fame, il collegio delle suore ecc. Fatti adulti i due si rincontrano: Matteo è diventato un intellettuale di vertice del Partito Comunista Italiano, Amelia lavora e studia all’Università. Il loro rapporto, per quanto carico di emotività e nonostante ci si possa aspettare, da Matteo, una certa consapevolezza politica, finisce egualmente per riprodurre i due livelli, di sopraffazione da parte dell’uomo, di subordinazione da parte della donna, che sono tipici della società patriarcale capitalistica, in cui anche gli uomini di sinistra, nella loro privata esistenza, finiscono con l’assimilarsi. Ed Amelia, resa adulta dall’esperienza difficile di farsi donna «ad occhi aperti», maturata da letture che il suo uomo conosce fin nel dettaglio filologico, ma, per un meccanismo classico di autodifesa del proprio privilegio, ignora nella vita quotidiana, finisce con il lasciare Matteo. Le ultime sequenze del film sono quelle che, assai probabilmente, accenderanno il dibattito sulla relazione tra femminismo e lotta di classe: vi si vede Amelia bambina correre verso un gruppo di uomini, antichi maestosi e benevoli, che le vengono incontro da una collina irraggiata di sole: ciascuno porta un gran libro con inciso il suo nome: Bebel, Marx, Lenin, Engels, Mao Tse-tung e perfino Stalin. È l’apoteosi, ancora una volta, del pensiero maschile dispensatore unico di una verità che le donne, proprio a causa del loro «infantilismo» ideologico (imposto dalla storia), devono limitarsi ad accettare con dedizione acritica? Elda Tattoli si difende: «Ma la bambina Amelia, fatta adulta, patita sulla propria pelle l’esperienza della condizione femminile, assorbiti, se vogliamo definirli pure così, i ‘ sacri testi ‘ del socialismo, si avvia, da sola, alla ricerca della propria autonomia».   Matteo:- Chi sei?… Amelia: Amelia… Matteo: E adesso?.,. Amelia: Adesso sono in vacanza, a scuola, in collegio… Matteo: Abiti lontano?.,. Amelia: Un po’… dopo S. Pietro… e se tardo mi sgriderà… fra un mese tornerò mia madre mi aspetta Matteo: È cattiva?… Amelia: No, no… Un giorno mi ha preso per i capelli «mi sbatteva la testa contro il muro, ma non è colpa sua-con .tanti guai, tante preoccupazioni… questa malattia di mio padre che non finiva mai… la sua morte… a lei piaceva essere ricca… era ricca e poi più niente, solo il denaro che mio padre aveva destinato per la mia «educazione»… e così a scuola vivo da signora e a casa no… e ne imparo di cose… so come si vive da ricchi e da poveri… Matteo: Cosa hai lì nel cesto?… Amelia: Ma… niente… Matteo: Ti posso aiutare?… Avete da mangiare a casa?… Amelia: Sì, abbastanza… I fiori in tavola non mancano mai, o solo le foglie. Questa è una sedia, e questo il letto della cucina… questa è la libreria, nella minestra non c’è sale… quella è la macchina da cucire, quella brutta pezza sopra diventerà un bellissimo vestito, ne abbiamo cuciti molti, ricavati dai vecchi, io, la mamma: perché tra una settimana vado da zia Gina che ha un villino in campagna, molti soldi e sa educarmi per bene… [Zia Gina): …Il coltello sulla destra e la forchetta sulla sinistra, e mai asciugarsi il sudore con il tovagliuolo… Amelia, ascolta, e ricordati… che una femmina è una femmina e un maschio è un maschio, che tu sei gentile e loro volgari, che è proprio un fatto naturale… come puoi fare a botte con loro, tu, una fanciulla… fare a botte invece di farti proteggere… Matteo: Forse è meglio che ti accompagni… lo vedi cosa ti succede ad andare in giro da sola con questa bicicletta?… Amelia: Per una volta… e allora quando vado a Bracciano a far provviste, ottanta km andata e ritorno… va bene che su quella strada tirano bombe a tutto spiano, e Ae gli aerei degli alleati si abbassano tanto e ci mitragliano a noi ciclisti… ma se non fosse per tutti questi pericoli io mi divertirei un mondo ad andare in bicicletta è proprio solo l’unica cosa che ho, anzi l’unica cosa che mi sembra un gioco perché tutto il resto mi fa star male… ormai ho paura di tutto: delle urla di mia madre, delle facce dei tedeschi, dì quei teschi sugli abiti neri dei fascisti, delle scarpe che non mi crescono con il piede, deU’uva che matura e mi ricorda che l’ottobre è vicino e che dovrò andare a vivere con quelle monache secche e nere, tutte in fila, che mi portano a messa ogni mattina quando ho un sanno da morire e subito dopo la messa a cantare nel porticato con la direttrice che ci saluta dall’alto della scaletta che fa da podio… {direttrice): Mi raccomando, ragazze, studiate per il maggior profitto, solo così diventerete delle buone mogli, delle buone madri, delle buone cittadine… saluto al re… (Ragazze): Viva il re!… (Direttrice): Saluto al duce… (Ragazze): A noi!… [Direttrice): Sia lodato Gesù… (Ragazze): Sempre sia lodato… (…) Studiamo perché una ragazza di buona famiglia deve studiare… Ma anche quelle di noi che andranno all’Università sanno che tutto questo sì fa per avere una buona cultura e basta, per non sfigurare nei salotti quando saremo accanto a un marito importante. Tutte sappiamo che avremo un marito importante e dì conseguenza continueremo ad esserlo anche noi come in casa dì nostro padre… Anch’io avrò un marito importante e lo amerò tanto, non gli farò mai fare brutta figura, terrò unita la nostra famiglia e il nostro patrimonio… lo però dovrò faticare molto per conquistare tutte queste cose, in compenso sono bella e questo faciliterà il compito. (…) Quest’uomo chi sarà mai, da come è vestito non si capisce. Ora mi faccio coraggio e glielo chiedo… Non credo si arrabbierà… È un uomo posato, abbastanza vecchio, avrà almeno trent’anni. Amelia: Matteo: Amelia: Matteo: Lei chi è? Come si chiama?… Mi chiamo Matteo Bianco… (sorride) Che cognome buffo… Non è un cognome… Ho fatto la guerra ora faccio del mio meglio per recuperare il tempo perduto, sono ancora giovane, ho ventitré anni… Amelia: Ah… mi dispiace… l’occhio: è una cosa grave!… Ma almeno così non tornerà in guerra e può starsene a casa sua… Matteo: (alza la voce) E tu pensi che con tutto quello che succede dovrei chiudermi in casa a giocare a scacchi con mia madre, a leggere libri e fumare?!… Amelia: Io devo proprio andare, sa? Grazie, arrivederla… (…)   LA DOPPIA SCHIAVITÙ Amelia ha preparato la colazione e la serve a tavola. Matteo si lascia tranquillamente servire. Mangia con appetito. Legge l’Unità approfittando delle soste che Ameliafa in cucina. Questo andare e venire di Amelia dalla cucina al soggiorno è la costante figurativa di tutta la sequenza. Amelia: Ho finito di leggere «Il materialismo storico e il materialismo dialettico» di Stalin… mi è molto piaciuto… Matteo: Vedi, Amelia, non è un libro che si legge per provare piacere, è un libro che si legge per imparare a trasformare il mondo, ecco… vado io a prendere la carne?… Amelia: No, stai comodo (si alza) vedi sono già in piedi… Amelia torna con la pietanza dalla cucina. Amelia: Ma perché poi la rivoluzione sarebbe una legge oggettiva?… Matteo ha un gesto di impazienza. Amelia: Se ti annoia parlarne fanne pure a meno. Matteo: Perché è una legge oggettiva che chi è sfruttato, che chi è schiavo abbia l’esigenza di ribellarsi… Tu, per esempio, che lavori per uno stipendio di fame, ogni giorno capisci nella pratica dello sfruttamento che subisci che devi ribellarti, non dirmi che non lo senti… Amelia: Certo… e non solo nel lavoro mi sento sfruttata… Matteo: E chi è che ti sfrutta? I tuoi superiori… i tuoi padroni… tu devi imparare, Amelia… a collegare il particolare con il principio generale… ma è tipico delle donne non riuscire a farlo… insomma devi capire che l’ingiustizia che subisci tu devi farla rientrare nella generale ingiustizia… Amelia: Certo. Certo… ma non deve sfuggirmi che io quanto donna subisco altre sopraffazioni, altre ingiustizie… Matteo: Engels dice che le donne hanno un ruolo determinante nel processo rivoluzionario e che soltanto il socialismo può affrancarle dalla doppia schiavitù, dal doppio sfruttamento;.. Squilla il telefono. . Matteo: … Rispondi tu, io non ci sono, anche se è il partito… Amelia va al telefono. Amelia: Pronto?… No, il dottore non c’è… Non sono la moglie… SI, gli lascerò un appunto… Provi stasera… Buongiorno… Amelia è contrariata, per non aver potuto confermare di essere «la moglie», e in qualche modo vuol coinvolgere nel suo disappunto chi rappresenta la causa che provoca in lei- la frustrazione di non potere definirsi in nessun modo. Amelia: La prossima volta dirò di essere la cameriera, almeno sarò qualcuno in questa casa. Matteo per non scivolare in argomenti scabrosi, riprende il discorso interrotto, ma questo non fa che esasperare di più Amelia, ormai decisa a provocarlo. Matteo: Il partito comunista non è un partito che è stato inventato da quattro intellettuali a tavolino, ma è nato nel momento in cui il proletariato ha sentito l’esigenza, la necessità del partito: lo strumento che le masse sfruttate si sono scelte per fare la rivoluzione: non è sovrapposto alle masse, è dentro le masse… Amelia: … ma perché le masse sfruttate avrebbero dovuto scegliere proprio te, visto che sei dirigente, che non sei mai stato sfruttato, che anzi vieni da una famiglia ricca che ti ha sempre tolto l’incomodo di dover lavorare per uno «stipendio di fame»?… Matteo: Che ragionamento… perché ho scelto di fare i loro interessi e non quelli della mia classe d’origine… Amelia: Ah sì?,., e come glielo avresti dimostrato? come lo sanno? Le conosci tu le masse?… Che cosa può saperne un uomo della povertà, della miseria se è ricco? Se la immagina? Io per esempio dei bisogni delle masse ne saprei molto più di te… Matteo: Mi vuoi provocare?… credi che non riconosca le mie contraddizioni?… Credi che io non le viva in maniera dolorosa?… Ma è del tutto sterile provocare come fai tu, se in fondo la cosa più importante che desideri è di sposarti come tutte le donne di questo mondo… Amelia: Non è la cosa più importante che desidero, ma visto che questa società che mi opprime, non mi lascia sopravvivere se non nel nome di un uomo che opprimendomi mi faccia da marito, sono costretta ad avere bisogno di un marito, intanto, dato che con la donna hai a che fare, incomincia a capire i suoi problemi, che un essere così oppresso doppiamente oppresso, al mondo non esiste!.., Matteo: C’è un caffè? (…) Amelia e Matteo a letto. Amelia si scioglie dall’abbraccio con Matteo. Cerca tra le pieghe delle coperte la sua camicia da notte. La indossa. Scende dal letto. Fa il giro dell’appartamento. Spegne alcune luci rimaste accese. Chiude le finestre. Dà un altro giro alla serratura della porta d’ingresso. Mette un po’ d’ordine. Ritorna a letto, prende dal comodino un libro (Engels) e legge. Amelia: Matteo, senti qua cosa dice… «Il matrimonio viene determinato dalla condizione di classe degli interessati, e, in quanto tale, è sempre un matrimonio di convenienza. «Questo matrimonio di convenienza si trasforma abbastanza spesso nella più crassa prostituzione, talvolta da tutte e due le parti, molto più comunemente da parte della donna, ]a quale si distingue dalla comune cortigiana solo perché essa non affitta il proprio corpo come una salariata che lavori a cottimo, ma lo vende in schiavitù una volta per tutte. Come in grammatica due negazioni costituiscono una affermazione, così nella morale matrimoniale due prostituzioni fanno una virtù…» Matteo: Dormi, stupida… Matteo si gira sul fianco dando le spalle ad Amelia che lo guarda meccanicamente senza abbandonare i pensieri che la lettura le ha provocato. Riporta lo sguardo fisso dinanzi sé sulla parete bianca su cui incominciano a formarsi delle immagini. Appare un meraviglioso giardino. Sul fondo a sinistra due file di alberi. Un prato verde e uguale interrotto da cespugli di fiori di tutti i colori. Un sole mattutino in un cielo sereno. Amelia è aggrappata alla stessa rete dietro alla quale era apparsa bambina, è come allora. Guarda con desiderio il magico paesaggio da cui è separata. Lontanissime tra gli alberi si delineano delle figure umane che avanzano insieme. Ancora non si riconoscono i volti. Cresce l’agitazione di Amelia, il suo desiderio di superare la rete, corre avanti e indietro cercando un’apertura. La trova ed è subito dall’altra parte. Amelia corre incontro al gruppo, lo raggiunge. Si riconoscono nei personaggi: Lafargue, Bebel, Marx, Engels, Stalin, Lenin, Mao. Engels e Bebel la prendono per mano. Tutti insieme compiono dei giochi. Amelia è felice. Scoppia il suo riso infantile. Contemporaneamente ognuno dei personaggi a turno citerà un suo passo sulla condizione della donna. (…) Matteo; Amelia, non ti lasci più sfuggire una occasione per provocarmi, per rimproverarmi… Una volta io ero perfetto… Amelia: Una volta non ti dicevo di non esserlo, mi limitavo a pensarlo… sapevo di- non poter- mettere mai in discussione tutto quello che facevi, mi proibivo di starti al pari… per il fatto che si era compagni, che c’era di mezzo il cuore ho vissuto la mia vita sempre in dipenda della tua, ho seguito le regole del gioco, le regole che ogni donna è doverosamente costretta a seguire… adesso niente è cambiato, ma io accetto tutti i rischi: mi sono Viziata, non sono più la segretaria, l’autista, la cameriera alIora tu hai assunto delle persone che ti servono… almeno apporti tra noi sono diventati più chiari. Oggi tu dici e o tutto, ma voglio qualcosa d’altro… riuscire a pensare a decidere con la mia testa, per esempio e che tu mi ami come ti amo io… e non essere amata perché dipendo da te… Decidere anche di perdere i miei occhi e darteli, ma non perché a quel punto tu senta improvvisamente il bisogno di sposarmi… Matteo: Un occhio… uno solo… sempre mi farai pensare di avermelo dato… Ma perché lo hai fatto? te l’ho forse chiesto? No. Sono sparito dalla tua vita per non importi la mia disgrazia… ma tu… ostinata… hai voluto ad ogni costo che io accettassi di ritornare a vivere… a vedere… e perché lo hai fatto? perché avevi paura di perdermi,., non volevi restare sola… questa è un’altra maniera di essere egoisti di pensare a te e non a me.., Non ho debiti Amelia, non ho debiti con nessuno! e quando pretendo che tu ti iscriva al partito, che lasci quella tua stupida scuola e riprenda a lavorare per me, non faccio altro che ricordarti i precisi doveri che sposandomi ti sei assunta, anzi è la condizione che ti pongo perché si continui a vivere insieme… Amelia: Ti è chiaro adesso perché me la voglio tenere la mia stupida scuola?… Matteo la guarda senza capire. Amelia: …perché è venuto il momento in cui questo tipo di ricatto non voglio più subirlo… e tu non hai capito… con tutte le tue belle idee, che credi avanzate, non hai mai capito nulla… Amelia esce dallo studio. Matteo non se ne accorge e continua a parlare a sproposito. Matteo: E allora se in tanti anni che viviamo in questo modo… che ti sto vicino, non ho mai capito nulla vuol dire che non c’è niente da capire… che non capirò mai!.! Amelia si sofferma un attimo vicino al televisore e lo spegne. La musica viene interrotta. Amelia esce di casa. Fuori riappare ad Amelia il magico giardino. Amelia dissolve nella sua immagine di bambina. È come allora. Saluta e si avvia a percorrere da sola una lunga strada aperta e luminosa che da quel luogo prende inizio. FINE