editoriale: dicembre 1973
Ed ora ci stiamo confrontando con la realtà dei dati, del mercato giornalistico: che vuol dire distribuzione, lancio, vendite.
Un giornale si vende quando è lanciato con opulenza di mezzi: manifesti macroscopici per le strade e sulle autostrade, film pubblicitari proiettati nei cinematografi, colonne di pubblicità pagata sui quotidiani ed i settimanali, annunci alla Radio, nelle fasce d’ascolto più «frequentate».
Un giornale si vende, tuttavia, anche quando di esso c’è bisogno, quando riempie uno spazio proprio fino allora non riempito. Noi crediamo che questo sia l’unico, ma fondamentale, requisito di Effe. Ce ne siamo accorte in queste prime settimane quando il telefono di redazione e i nostri telefoni privati squillavano di continuo per avvertirci che Effe era esaurito in un’edicola, che non era ancora arrivato in un’altra, che non c’erano abbastanza locandine ecc. La telefonata più straordinaria è stata quella, avuta in redazione, di Margherita De Vecchis, da trent’anni edicolante di Piazza Irnerio, un quartiere periferico di Roma: — So’ mesi che aspetto Effe, so’ femminista, ho tutto pronto per fare la mostra del vostro giornale, e ancora non ciò avuto una copia. E allora? — Non è un grazie sentimentale che diciamo a chi si è preoccupato, e continua a preoccuparsi, insieme a noi, della diffusione di Effe (dal Movimento Femminista Romano al Kollontai di Bolzano a Margherita De Vecchis): se l’hanno fatto, se lo fanno, vuol dire che di questo giornale ce n’è bisogno, ed è l’unica ragione per cui Effe si stampa, e — secondo almeno i primi dati — si vende anche.