casalinga

la nevrosi rampante

dicembre 1973

Raramente vien posto in questione il ruolo stesso della donna casalinga e la funzione che la divisione dei ruoli per sesso svolge per la società

La nevrosi della casalinga è il termine coniato dagli psichiatri americani per definire l’insieme di sintomi che caratterizzano un particolare tipo di «disturbo psichico» che insorge prevalentemente in donne casalinghe tra i 35 e i 55 anni. I sintomi sono multipli e variano da disturbi psicosomatici: mal di testa, insonnia, senso di continua stanchezza, capogiri, disturbi dell’apparato digerente, a stati emotivi caratterizzati da scoppi «immotivati» di ira, sbalzi d’umore, prolungati periodi di depressione, apatia. Molte donne si ritrovano incapaci di badare alle faccende di casa, altre diventano irritabilissime e «perdono le staffe coi mariti e i figli, e soprattutto dichiarano di «sentirsi vuote, prive di vita, senza speranze». L’inizio dei disturbi più severi coincide di solito, per le più giovani, con l’entrata nella scuola elementare dell’ultimo figlio, per le donne di mezza età con l’uscita di casa dei figli per ragioni di lavoro o di studio. Non si hanno statistiche precise sull’entità del fenomeno, ma che si tratti d’un fenomeno di massa lo si può dedurre dalle statistiche sull’abuso di alcool e di tranquillanti e dal numero grandissimo di donne che cercano aiuto psichiatrico. Negli Stati Uniti nel 1968 più di 615 mila donne hanno affollato i centri d’igiene mentale. Sempre nello stesso anno le donne costituivano il 61% degli adulti negli ospedali privati; il 60% nei reparti psichiatrici degli ospedali normali; e il 50% negli ospedali statali. Considerando tutto il periodo dal ’60 al 70, le donne in terapia privata sorpassavano gli uomini con una proporzione di 3 a 2. Inoltre le donne costituivano i 2/3 di tutti i clienti dei centri d’igiene mentale (1).

Molte di queste donne rientrano nei ranghi delle «casalinghe nevrotiche». Quando cercano .aiuto, ad assisterle trovano psicologi e psichiatri, uomini nella stragrande maggioranza, che come prova una recente ricerca, hanno delle idee preconcette sul ruolo della donna e difficilmente possono aiutarla nel suo processo di liberazione. Chiamati a definire una persona «matura», un uomo «maturo» e una donna «matura», un gruppo rappresentativo di psicologi e psichiatri americani ha elencato pressappoco le stesse caratteristiche come essenziali per un uomo maturo e per una persona matura (sesso non specificato). Quando si è trattato di definire la donna matura, i criteri sono cambiati: matura è stata descritta la donna che è «più sottomessa, meno indipendente, meno obbiettiva, meno avventurosa, meno competitiva dell’uomo e più eccitabile, sensibile emotiva», ecc.2. Il tipo di trattamento che le casalinghe ricevono è di solito a base di tranquillanti e di terapia individuale mirante a porre in luce conflitti intrapsichici e interpersonali. Nei migliori casi trovano uno psicologo che tenta di coinvolgere anche il marito e i figli In una specie di terapia di gruppo che prende in esame il contesto familiare in cui la donna vive e cerca di arrivare a una migliore interazione tra i vari membri della famiglia. Raramente però viene posto in questione il ruolo stesso della donna casalinga, o la funzione che la divisione dei ruoli per sesso svolge per la società. Il conflitto viene cioè privatizzato, si esamina il problema di questa particolare donna, in questa particolare famiglia, e non si cerca d’indagare quali comuni fattori d’organizzazione sociale contribuiscono al “sorgere di questo particolare tipo di «nevrosi» che sta diventando sempre più frequente nelle donne casalinghe in tutti i paesi occidentali industrializzati, inclusa l’Italia. Al di là dei termini psichiatrici, la nevrosi della casalinga esprime un’esperienza di profondo duraturo «malessere ->, che caratterizza in questo periodo storico, la vita di molte donne, di diverse età, intelligenza, classe sociale, accomunate da una simile collocazione nella società, quella di svolgere un lavoro non retribuito all’interno del loro luogo di abitazione (di stare in casa credendo di essere mantenute dal marito). Ho sottolineato «questo periodo storico» perché vorrei sfatare la pretesa «naturalità» astorica del ruolo della donna casalinga (è sempre stato così, sempre sarà ecc.) e far rilevare che se la maggior parte delle donne hanno durante tutta la storia conosciuta allevato bambini e mandato avanti la casa, sono variate nelle diverse epoche le condizioni ambientali, economiche e sociali in cui hanno dovuto svolgere questi compiti. La nevrosi della casalinga è divenuta un fenomeno di massa negli ultimi decenni e nei paesi industrializzati occidentali perché in seguito a profondi cambiamenti socioeconomici e culturali sono aumentate sia il numero delle donne che hanno potuto divenire casalinghe a tempo pieno, sia le contraddizioni oggettive che rendono questo ruolo materialmente faticoso e psicologicamente frustrante. L’aumento dei salari dei capi-famiglia proletari e del ceto medio e la diminuzione dell’offerta di lavoro per la manodopera femminile negli ultimi vent’anni, hanno contribuito a non rendere Indispensabile un concorso economico da parte della madre di famiglia e a rendere più difficile il suo inserimento nel mondo del lavoro. La popolarizzazione data alle teorie psicologiche circa l’importanza della presenza materna per lo sviluppo dei bambini ha offerto una giustificazione ideologica per la completa domesticizzazione della donna. Da un certo punto di vista, questo è stato uno sviluppo liberatorio per vaste masse di donne che fino a pochi decenni fa erano costrette al doppio lavoro di casalinga e di contadina o operaia. Tuttavia il privilegio di restare in casa, mentre è divenuto accessibile a strati sempre maggiori di donne, si è rivelato meno desiderabile del previsto. Per ragioni di spazio, vorrei limitarmi a discutere tra i numerosi cambiamenti socioeconomici e culturali che hanno direttamente influenzato la vita della casalinga, tre tra i più significativi; 1) il mutamento nelle condizioni ambientali geografiche e sociali, per cui la casalinga svolge oggi i suoi gravosi compiti in relativo isolamento; 2) la evoluzione dei costumi sessuali e la idealizzazione consumistica della donna giovane e bella che mette in crisi la casalinga nel suo ruolo di moglie; 3) la scolarizzazione di massa, la diffusione dei mass-media che hanno mutato il rapporto figli-genitori e che incidono sul ruolo di madre della casalinga.

In seguito ai fenomeni migratori dalla, campagna alla città, e alla speculazione edilizia che ha dominato la crescita disordinata dei grossi centri, sono profondamente mutate le condizioni ambientali in cui vive la casalinga urbana.

Un tempo, nel paese, o nel vecchio quartiere, anche la donna di casa era inserita in una comunità sociale che le era di aiuto e compagnia nello svolgimento delle sue funzioni. C’erano piazze senza traffico e prati per i bambini che giocavano sotto la sorveglianza comune di adulti che conoscevano, c’erano parenti e vicini disponibili per tutta una serie di servizi inforriali, c’era soprattutto un senso di vicinato, di comunità che legava un gruppo di abitanti che si frequentavano dalla nascita. Ora in seguito alla mobilità geografica e sociale, e anche alla mancanza di adeguate strutture comunitarie (asili, mense gratuite ecc.) la casalinga si trova isolata geograficamente e socialmente nei grandi casermoni di periferia o nelle villette dei sobborghi. Spesso i suoi parenti vivono in altre città, e l’impersonalità e la frettolosità dei contatti cittadini rendono difficile stringere vere amicizie. Inoltre l’ambiente fisico con la pericolosità delle strade intasate d’auto, la mancanza di aree-gioco rende più faticoso il compito di sorvegliare da sola i bambini. La donna di ceto medio può ricorrere ad asili privati, a lavanderie, rosticcerie ecc. per alleggerire il suo lavoro ma questo è un lusso non concesso alle donne di condizioni meno agiate.

Inoltre la casalinga è conscia che il suo lavoro di casalinga, per quanto necessario e utile, non essendo retribuito non ha «valore», non conferisce nessun prestigio.

Svolgendo un’attività faticosa e deprezzata, priva spesso di vere amicizie esterne, la casalinga diventa sempre più dipendente per la sua gratificazione dall’approvazione del marito e dei figli. Paradossalmente; altri cambiamenti sociali rendono più che mai precaria la possibilità di sentirsi madre e moglie soddisfatta. L’idealizzazione d’un certo corpo femminile giovane e longilineo, continuamente riproposto dalla pubblicità, propone alla casalinga di mezza età dei modelli di fascino femminile irraggiungibili e le impone un continuo umiliante confronto. Aumentano la paura d’invecchiare, di non poter più piacere al marito, paura grandemente aumentata dalla dipendenza economica della moglie, che sa di non avere molte alternative se perde il sostegno del marito. Al tempo stesso, la crescente liberalizzazione sessuale ha reso molti strati di casalinghe più consapevoli e più esigenti sessualmente. Spesso però i loro tentativi per raggiungere una maggiore soddisfazione sessuale si arenano di fronte a mariti stanchi, a loro volta insoddisfatti per ragioni di lavoro, carriera, ecc., che sono mal disposti a un vero dialogo coniugale, a una vera modifica dei rapporti di comodo (anche sessuale) che a lungo andare si sono creati tra i coniugi.

Fino a quando i figli sono piccoli, la casalinga frustrata nel suo ruolo di donna di casa e di moglie, può almeno sentirsi appagata come madre, cercando di creare per i propri figli un avvenire migliore. Se ci riesce, se i figli (come sta avvenendo per intere nuove generazioni) fanno le scuole che a lei non è stato dato di frequentare, se hanno a disposizione moto, radio, televisione, giradischi, la madre scopre che, molto spesso, quando i figli raggiungono l’adolescenza, hanno gusti e idee diverse, ritengono di saperne più di lei, la considerano una sorpassata. Anche quando rimane tra le generazioni la stima e l’affetto, diventa chiaro che i giovani preferiscono i loro gruppi, i loro interessi, e che la madre resta sempre più spesso sola con i suoi dubbi, i suoi rimpianti. Questi ed altri cambiamenti sociali contribuiscono a rendere problematico il ruolo della casalinga contemporanea. È comprensibile dunque che dopo molti anni di difficoltà, verso una certa età e in seguito a eventi particolarmente stressanti, giunga per molte donne un periodo di crisi. Mentre per le donne di ceto medio, la crisi prende quasi sempre Io spunto da aspetti psicologici: la paura d’invecchiare, di perdere il marito, di non essere in grado di tornare a lavorare, ecc.; per le donne meno agiate alle difficoltà psicologiche si accompagna spesso il reale affaticamento e la perdita di salute che sono la conseguenza di anni di superlavoro in condizioni ambientali disagiate e sotto l’ansia continua di far quadrare il bilancio.

Per prevenire l’insorgere della nevrosi della casalinga occorre agire a molteplici livelli: a lungo termine bisogna mirare a una diversa divisione sociale del lavoro, eliminando la distinzione tra lavoro domestico e lavoro produttivo e la distribuzione di questi due tipi di lavoro su basi di sesso (dovrebbe cessare di esistere la figura della casalinga che si occupa solo della casa e dei bambini, come pure la figura del capofamiglia come unica fonte di reddito). Inoltre bisogna porre fine allo sfruttamento consumistico del corpo femminile, come pure alla rigida definizione preordinata di standards di bellezza a cui tutta la popolazione femminile dovrebbe adeguarsi. Nel frattempo si può lottare per aumentare il numero delle strutture sociali gratuite che alleviano il carico materiale della gestione familiare per molte donne; favorire la costruzione di spazi comunitari nei nuovi centri residenziali per diminuire l’isolamento e cementare la solidarietà delle casalinghe. A livello individuale ogni casalinga può cercare di difendersi contro il pericolo d’una nevrosi, cominciando a distinguere tra lavoro domestico necessario e superfluo (fatto per abitudine, ragioni di prestigio, ecc.), cercando di ottenere la collaborazione del marito e dei figli nelle faccende di casa e soprattutto riservandosi ogni giorno (anche a costo di lottare coi propri familiari) un po’ di spazio e tempo per coltivare degli interessi

personali, delle amicizie, interessi e amicizie che si riveleranno un patrimonio prezioso nei momenti critici in cui le funzioni di madre e di moglie cesseranno di essere prioritarie.
Donata Francescato

Tu sei una femminista, forse non militante, ma abbastanza convinta dei tuoi diritti di essere umano. Hai studiato. Hai un lavoro. Un giorno incontri un uomo e vi innamorate. 0 decidete di vivere insieme, o vi sposate. In principio lui ti rispetta e stima molto per quello che sei, stabilite insieme alcune linee di principio, che cioè tu non gli farai da moglie o da serva, ma farete insieme da bravi compagni quello che c’è da fare. Ma poi piano piano le cos’è cominciano a cambiare. Se lavorate fuori casa tutti e due, luì, guarda caso, fa sempre più tardi di te nel rientrare e così tu ti trovi a preparare il pranzo da sola. Se a un certo punto ti arrabbi, glielo fai notare, lui dice che è una coincidenza e ti ricorda quell’unica volta in cui tu sei arrivata in ritardo di due ore e luì ti ha fatto trovare non solo uno squisito pranzetto pronto ma anche tutta la casa riordinata. Se dopo un altro po’ di continui ritardi tu incroci le braccia e lo aspetti senza fare niente,_ lui dice che hai scocciato con queste stupide storie, ci può anche essere una divisione dì compiti e ti fa una lunga lista delle cose che ha fatto, facendo sembrare il cambiare una lampadina una cosa altamente qualificata. Alla fine pensi che perdi meno tempo a preparare il pranzo che a continuare queste eterne discussioni. Lui comincia a suggerire con aria dì-stratta piatti sempre più complicati, magnificando le tue capacità culinarie con gli amici e in breve ti trovi A cucinare per tre, quattro persone come niente. Se poi lui pretende di essere un cuoco raffinato le cose vanno anche peggio, perché un giorno preparerà luì un pranzo da cordon bleu, ossia passerà un intero pomeriggio in cucina, chiedendoti di affettargli la cipolla, grattargli il formaggio, lavargli le verdure, scendere a comprargli quello che si è dimenticato, etc. Nel frattempo sporcherà tutti ì piatti, pentole e posate esistenti, schizzerà cibi in ogni angolo della cucina. Alla fine gusterete lo squisito risultato e da allora in poi per alcuni mesi luì ti farà notare che non è il caso di lamentarsi per aver fatto due spaghettini mentre lui sì che…

A un certo punto ti accorgi che ogni volta che partite per un viaggio sei sempre tu a preparare le valigie, perché stranamente luì ha sempre altro da fare in quel momento, ho fai notare, ricevi un altro «uff ah, come sei pignola!» e per una volta le valigie le fa luì, dopo di che trovi all’arrivo tutto spiegazzato, i tubetti di pomata schiacciati che hanno sporcato tutto e ha lasciato a casa tutte le tue scarpe per far posto ai suoi scarponi da montagna, che non sì sa bene a cosa dovrebbero servire visto che siete andati al mare o in altra città, ha volta seguente ottieni di fare le valigie insieme, ognuno la sua, ma poi luì viene interrotto da una telefonata importante e devi finirla da sola. Non chiedi nemmeno più di aiutarti. Ogni tanto capita di fare delle commissioni particolarmente noiose, come fare code in certi uffici, portare oggetti a riparare, ecc. Ti accorgi che sei sempre tu a farlo, perché lui o non ha tempo o se ne dimentica. Imponi che lui faccia la sua parte e lui accetta, ma il più delle volte riesce a rimandare fino a che resta un solo giorno di tempo e, guarda caso, quel giorno a lui capitano le cose più terribili. Così tocca a te correre all’ultimo momento.

Quando vi siete conosciuti lui diceva dì ammirare molto la tua originalità nel vestire ed era disposto a trovare bellissime anche le cose più strane addosso a te. Ma poi viene il giorno in cui, di fronte a un vestito nuovo ‘ai dice «ma che ti sei messa addosso? Non vorrai uscire così?». Questo vuole dire che ormai il cambiamento dei ruoli è avvenuto, lui ti vede come una madre e si sa che tutti i bambini vogliono che la madre sia normale, grigia, anonima come una vecchia pantofola.
Roro Toro