UN ANTIFEMMINISTA AL MESE

vatti a fidare di una “amica”

febbraio 1975

Animale cieco, sordo, tardigrado, impotente, che nulla capisce, tutto dimentica e persevera nell’errore. Questa descrizione che in passato è stata applicata a personaggi diversi c’è tornata in maniera prepotente in punta alla biro non appena abbiamo avuto sott’occhio il numero di dicembre di Amica che — con la copertina dedicata alla idea-inverno «il basco all’uncinetto» — offre a pagina 38 un articolo dal titolo perentorio: «Amica ha colpito nel segno: ci sono voluti anni perché venissero discussi i primi 12 articoli della legge sul diritto di famiglia. Dopo la nostra denuncia sono bastati 40 giorni perché la commissione Giustizia del Senato ne esaminasse altri 108».

Povero direttore di Amica; per la prima volta responsabile di un settimanale a larga diffusione non è riuscito a perdere l’abitudine del «soffietto» incensatorio per il ras locale. Solo che essendo ormai direttore ha pensato questa volta il soffietto poteva farlo a se stesso e al suo giornale. Ma chi credono di imbrogliare il Paolo Pietroni e il Romano Asuni? certo non le lettrici che Amica aveva «agganciato» con la spolverata di femminismo che aveva cercato di darsi negli ultimi tempi. Ciò che il Paolo Pietroni non sa, non immagina e. non può immaginare è che proprio quel pubblico al quale egli ha cercato di rendere accettabile il suo giornale, proprio quelle donne presso le quali cerca addirittura di apparire come il portabandiera del nuovo diritto di famiglia sono e sono state per anni le protagoniste delle lotte per il divorzio, per l’aborto e per la riforma delle leggi fasciste sulla famiglia e contro la donna.

Per la verità bisogna dare atto ad Amica che con questa ultima grossolanità non rischia poi di perdere molto. Non parliamo del pubblico femminista, parliamo anche di tutte quelle donne che guardano al femminismo ancora con un certo distacco, non avendo individuato la loro condizione di emarginazione e sfruttamento. Amica si è infatti contraddistinta anche negli ultimi mesi per articoli chiaramente feticistici sulla corsetteria-piuma («essere piacevoli in mutande e reggiseno è un po’ il sogno di tutte»), e per notizie come quella su Marie Cristine Graziella. Questa parigina diciannovenne «ha infatti deciso di dedicarsi a pieno tempo al mestiere di lustrascarpe» (si noti la dizione a «pieno tempo», dato che a part-time quello di lucidare le scarpe degli uomini di casa è una delle specializzazioni tecniche più tipicamente femminili). Secondo Amica il «bello» è che Marie Cristine esegue il suo lavoro a seno nudo presso un noto magazzino nel reparto calzature. Come se parlasse della cosa più ovvia è più naturalmente accettabile del mondo Amica fa notare che «da quando il grande magazzino ha deciso di assumere la ragazza si sono moltiplicate le vendite delle scarpe». Questa bella notiziola di clienti che se la godono ad umiliare anche fisicamente questa donna è condita da un sadico disegnino in cui un vecchio e”obeso cliente digrigna i denti nel godersi lo spettacolo della ragazza seminuda dai tratti bestiali. Che quel cliente sia il direttore di Amica? C’è motivo di ritenerlo dato che di lui si racconta che quando abbandonò la redazione di Annabella (altro notorio organo della liberazione della donna) esprimesse il suo rammarico di dover lasciare l’ufficio in cui c’erano i più bei «sederi» di Milano. Questo giornale, dunque, diretto e fatto tutto da uomini (alle donne non è concesso in questo caso neanche il lavoro tipicamente femminile della segretaria di redazione) cerca di farsi passare per femminista. Le idee non mancano : basta leggere puntualmente Effe. Effe descrive un antifemminista al mese? Bene, Amica descrive ogni mese un nemico delle donne. Effe descrive come antifemministi Montanelli e Fanfani? Bene, Amica descrive come nemici delle donne Montanelli e Fanfani. La fantasia non arriva neanche a descrivere Fanfani e Montanelli. E poi: Effe pubblica una favola nuova; da quel giorno Amica comincia a pubblicarne in serie e via discorrendo.

Insomma sembra di stare al giardino zoologico a guardare la gabbia delle scimmie. Con l’aria che tira i dipendenti di Amica debbono essere morti di paura: e se Effe sospende le pubblicazioni Pietroni che fa? li mette sul lastrico?

Ma il primo numero di Effe Pietroni non deve averlo letto, se no non avrebbe scritto nella sua brillante presentazione: «sono soprattutto felice che questo giornale si rivolga alle donne poiché nelle donne sinceramente ripongo la speranza di una società migliore, dove l’ingiustizia la sopraffazione dei deboli e tutte le malepiante espresse in tanti secoli di cultura prevalentemente maschile lascino spazio a modelli culturali diversi: alberi nuovi, finalmente, che affondino le radici in quella terra di amore che è la donna, madre, sorella, moglie, figlia». Qui il Pietroni Paolo ha sbagliato di grosso. Come diavolo fa a vestirsi da femminista con dichiarazioni del genere. Può darsi che il femminismo faccia vendere come un tempo facevano vendere gli articoli sugli hippies, i contestatori, la droga. Pietroni andrà bene per vendere se stesso alla Montedison ma non per vendere il femminismo alle donne italiane, perché il femminismo non si può né vendere né comprare. Non è una merce, è una conquista.