libri
Claude Batho, Il momento delle cose, Mazzotta/Fotografia, 1978 «Queste fotografie sono troppo recenti, troppo interiori perché possa prendere le distanze da loro. Sono colme di tempo che passa, sui bambini, la gente e le cose. Ho voluto rendere sensibili istanti molto semplici, trattenere i silenzi…» Le parole di Claude Batho che introducono queste sue trentasei fotografie ci danno già la dimensione di questo libro, dove oggetti familiari, suppellettili, volti di bambine e di anziane donne, si alternano a paesaggi nebbiosi e autunnali, insinuandosi in angoli di cucine dalle pentole luminose, in stanze antiche del ricordo infantile, in tendaggi che lasciano intravedere un volto di futura donna, producendo un discorso fotografico che vuole essere al femminile. E accade che si possa leggere in queste fotografie anche qualcosa della nostra infanzia, delle nostre nonne, del quotidiano di nostra madre, senza che in questo ricordare, rintracciare memorie, si sia infastidite dall’aspetto della reminiscenza. Belle le foto, tutte da leggere/e da imparare a guardare.
S.C.
Esce da Savelli il libro di Karen Petersen e J.J. Wilson Donne artiste, il ruolo della donna nella storia dell’arte dal medioevo ai nostri giorni. Prima traduzione del genere in Italia, Donne artiste presta un vasto panorama delle opere e della vita delle donne che hanno lavorato nel campo dell’arte, puntando l’accento sugli aspetti della vita quotidiana di artiste spesso misconosciute. Dalle prime opere medioevali, spesso di ricamo e di tessitura alla scultura del tardo medioevo stesso, alle artiste rinascimentali fino a «personaggi» considerati dal mondo maschile quantomeno strani come Rosa Bonheur, alle artiste moderne e contemporanee come Kate Kollwitz o Remedios Varo, il panorama delle donne che hanno lavorato nel campo dell’arte e tutt’oggi vi lavorano e vasto e aperto alle ricerche e all’interesse di ognuna di noi. «Il rispecchiamento dell’arte — affermano le autrici — è un tema ricorrente nelle storie della società e dell’arte, ma poiché in esse le opere delle donne vengono raramente prese in considerazione, come può confermare un rapido esame dei testi più rappresentativi, nella maggior parte dei casi si è trattato di uno specchio deformante. Questo libro progettato come un panorama storico generale delle artiste operanti nella tradizione occidentale, tenta di riempire alcune di queste lacune. Il nostro scopo è accumulare in un unico luogo tutte le informazioni che abbiamo sinora reperito sulle vite delle donne artiste, accorgendoci di quanto è andato perduto o è stato travisato. Le illustrazioni debbono parlare da sole, dal momento che non siamo in grado di farle oggetto diuna analisi formale, da storici dell’arte di mestiere. Né tentiamo a questo punto della nostra ricerca, di confrontare e collegare le nostre artiste con i più sconosciuti artisti maschi della loro stessa epoca, È un lavoro importante e che si dovrà fare, ma speriamo che le biografie, le riproduzioni e le bibliografie qui incluse ricompenseranno la scelta di una prospettiva femminista sulla nostra storia».
K. Petersen, J.J. Wilson, DONNE ARTISTE, il ruolo della donna nella storia dell’arte dal medioevo ai nostri giorni, Savelli, Roma, 1978, L. 7.500
Joan Melien, Donne e sessualità nel cinema d’oggi, La Salamandra, 1978.
Bergman è davvero un regista «femminista?» le sue donne, le donne dei suoi film sono davvero trattate con quella aderenza alla realtà femminile che quasi tutti hanno riscontrato? Joan Melien nel suo libro dice di no, decisamente, annoverando Bergman fra gli altri autori (Bertolucci, Aldrich, Bunuel, Rafelson, ecc.) che disegnano personaggi femminili fondamentalmente negativi. Il libro della Melien appartiene al filone della critica militante, che si propone di «smontare» i personaggi femminili del cinema d’autore contemporaneo e di analizzarli da un punto di vista diverso, nostro, femminista.
Questo è il suo limite e insieme la sua importanza. Limite perché una critica di contenuto fondata esclusivamente sui personaggi non coglie la complessità degli autori analizzati. Importanza perché dà una chiave di lettura immediata, «semplice» per guardare un film con occhi disincantati.
Alla critica della Melien del resto non sfuggono alcune registe, molte delle quali quasi sconosciute da noi, come Susan Sontag, sceneggiatrici di film famosi, come Penelope Gilliat di Domenica maledetta domenica, mostri sacri della storia del femminismo come Kate Millet e il suo film Three Lives. Puntualmente è emsso in luce, in un capitolo dedicato a loro, quanto di «maschile» è rimasto in ‘ queste donne nell’affrontare figure e tematiche femminili, o quanto registi maschi hanno deformato il personaggio inventato da una donna. Pur nell’ottica un po’ limitata questo testo è un importante contributo al dibattito su donne e cinema. Esce con cinque anni di ritardo (il libro è del ’73) già datato rispetto al discorso ormai avviato, ma rappresenta comunque uno dei pochi testi disponibili in italiano ed è- stimolante per i numerosi spunti di discussione che offre.
M.T.