senso di colpa e libertà di coscienza

gennaio 1979

Lo Stato e la Chiesa riparlano del/La donna, mentre credono di parlare alle donne, le quali comunque continueranno, coscienza o non-coscienza, religione o non-religione, ad essere altro/Altro; altro da questo riparlare attraverso la Legge, (stiamo dicendo dell’autodeterminazione che, avallata o meno da una Legge di Stato, una donna si è trovata a dover agire al di là della coscienza morale prodotta da un dogma – scomunica per aborto, norme del codice Rocco, ecc.) E intanto (tra loro) riparlano e risanciscono nel nome del/la donna, per e al posto della donna.

Certo, la scomunica avrà su di noi i suoi effetti anche dolorosi, ma noi non siamo solo là,dove, essi credono di trovarci. E pensiamo ai secoli di aborti clandestini. Una donna di fronte ad una gravidanza non-possibile ha sempre dovuto agire una capacità di decisione. Spesso costretta alla gravidanza, la donna si è trovata a decidere cosa fare. Gli aborti non esistono dal giugno 1978. Da sempre le donne hanno vissuto una trama di relazioni pratiche e pulsionali con l’aborto. L’aborto è, da sempre, una realtà delle donne. E nel vivere questa realtà che «tipo» di coscienza si è venuto a formare nelle donne? Non c’è solo una coscienza morale basata sul senso di colpa; le nostre lotte e il quotidiano hanno mostrato una nostra «libertà di coscienza» ed una capacità di agire, di prassi che supera ogni «io-morale».

Attraverso la donna, ancora una volta l’uomo parla dei suoi fantasmi, delle sue paure.

Ad osservali dai nostri «luoghi» di lavori e di lotta viene in mente che i due Sistemi, in questi giorni, parlino del loro conflitto: si tratta allora di una disputa per la ridistribuzione dei Poteri, in seguito ad una gestione di potere da parte delle donne.

La legge sull’aborto ha rappresentato un’interferenza dello Stato sull’ordine sociale, su un discorso morale tradizionalmente gestito dalla Chiesa. La Chiesa allora si chiede: cosa succede se a questa donna, che già si «arroga» il diritto all’autodeterminazione, si offre un supporto legale che sancisce la non delittuosità di un «delitto»? Questa legge dà un duro colpo alla già vacillante morale delle donne.

E, in risposta all’ulteriore incertezza di valori aperta da questa Legge di Stato, i papi del ’78 hanno praticato più che mai un principio educativo tipicamente «chiesastico»: alternare seduzione e terrore, affermando in questo modo uno statuto di colpevolezza laddove è venuto a mancare.

La Chiesa, mentre ricorda la scomunica per aborto, ristabilisce altri termini di normalità: che la donna continui (ritorni) a godere (e a riprodurre) solo attraverso l’uomo (e la Legge). Negando cosi, anche una delle conquiste più significative del femminismo: la valorizzazione del rapporto della donna con la donna; il rapporto con la madre; l’«apertura» ali Edipo femminile.

Con la proibizione dell’aborto la Chiesa riafferma che il suo potere è da sempre basato sull’amministrazione della morte.
Amministrare la morte. Lapide ai bambini uccisi prima di nascere. Proibire l’aborto minacciando le donne di scomunica: mentre viene taciuta la morte per aborto clandestino, si evoca dal passato un’altra morte, quella della strega, sul rogo.

Ancora, si tratta di approfittare della crisi di,valori riconosciuta questa volta dal potere laico. Assistiamo, allora, alla recrudescenza dei cosiddetti «valori morali», quelli «assoluti», «umani». Una pletora di già detto. «L’uomo Unico e Irripetibile», «Il bubbone infetto»..; Ogni zigote è unico e irripetibile… «Là difesa della vita nascente è un tema laico per eccellenza» (Eccellenza Carlo Casini, sostituto procuratore, di Firenze, noto per i fatti di Firenze, incostituzionalità della legge sull’aborto, mente giuridica del Movimento per la vita). Se il potere ecclesiastico si basa sul terrore e sull’amministrazione della morte, il Potere non sopporta una mancanza di prescrittibile. Così, C. Casini non solo richiede l’abrogazione dell’attuale legge, ma denuncia la necessità di un’altra Legge ispirata a principi opposti (ritorna forse il codice Rocco?)

Ma ciò che è in gioco è il bisogno «primario» del Potere di riaffermare la Legge, per ristabilire l’ordine nella riproduzione e nella divisione sociale dei sessi.

Il Potere sembra essere consapevole eh? la Legge è a volte necessaria alla donna, non solo perché assolve una funzione pratica, (contribuire e risolvere un problema vitale), ma perché risponde a precisi bisogni psicologici. Credo che succeda àncora, nonostante tutte le sicurezze conquistate, di sentirsi rassicurate, calme, meno angosciate; quando si sa di muòversi entro i limiti di una legalità, (ancora una volta un piacere regolato dall’Edipo).

Quindi ciò che il Potere non sopporta è lasciare uno spazio non normativizzato, nel quale le donne, attraverso un fare, un agire, possano praticare (e costruire) una loro identità.

un’assemblea a governo vecchio

L’8 gennaio si è tenuta alla Casa della Donna di Roma un’assemblea per discutere sulle iniziative da prendere in seguito alle posizioni della Chiesa e alla proposta di referendum dei radicali. C’erano il Collettivo Casalinghe, il collettivo di via Pompeo Magno, il collettivo San Lorenzo, l’UDI, l’M.L.D., Quotidiano Donna, redazione donna di Lotta continua. Molti interventi hanno riguardato il referendum. Pur riconoscendo i limiti di una situazione in cui le donne ancora sono costrette a muoversi su di una legge non loro, si è ritenuto opportuno, discutere sugli articoli per i quali i radicali hanno chiesto l’abrogazione, in particolare la situazione delle minorenni, la privatizzazione dell’aborto, che si avrebbe nel caso in cui decadesse la norma che prevede l’intervento effettuato dalle strutture sanitarie pubbliche. È noto che il nostro sistema sanitario si baia sul principio che la salute si paga; che conseguenze avrebbe l’aprire il campo al e strutture private? Per quanto riguarda l’obiezione di coscienza (che non viene toccata dai radicali); è stata rilevata la differenza tra quella dei militari e quella dei medici. Il servizio militare è obbligatorio mentre la professione di medico no. Altri interventi scavalcano il problema, proponendo la depoliticizzazione dell’aborto (politica intesa come pratica maschile) e riaprendo il discorso dell’autogestione del proprio corpo, per allontanare il Potere medico dal corpo. Questo discorso trovava invece polemiche le compagne che facevano parte dei nuclei clandestini. Il significato della loro lotta era stato quello di ottenere l’aborto libero e gratuito nelle strutture sanitarie e non quello di creare una controstruttura. Uno degli ultimi interventi da noi ascoltati ribadiva l’importanza, in un momento politico come questo, di elaborare forme di lotta autonome, non accettando l’ipotesi della stampa di un riflusso del Movimento Femminista.